Blue Reflection è il nuovo prodotto di Gust e Koei Tecmo che abbiamo recensito sulle nostre pagine. Il fulcro di questo videogioco risiede proprio nelle avventure di alcune ragazze liceali che ottengono poteri magici per sovrastare il male. Tale filone di trama è parte di un genere piuttosto ricco dell’animazione giapponese e prende il nome di “Mahō Shōjo” (letteralmente ragazze magiche).
Le radici di questa particolare branca degli anime nipponici vanno indietro fino ai primi anni 80-90. In Italia alcuni dei suoi esponenti sono piuttosto famosi, basti pensare a Sailor Moon, Magica Doremi e via dicendo. In linea di massima queste produzioni puntavano a creare un’ambiente puro e fantasioso per attirare il pubblico più giovane, soprattutto di stampo femminile, attraverso l’esaltazione delle qualità della donna come paladina della giustizia.
Intorno al 2005/2006 le cose iniziarono a cambiare. Le “Mahō Shōjo” non erano solo adibite alla pura sconfitta del male, ma andavano via via ad assumere temi più cupi e seri. Basti pensare alle tematiche di crescita personale e sacrificio delle Pretty Cure o al messaggio ambientalista delle Tokyo Mew Mew.
Il cambiamento radicale vero e proprio (seppur non fosse il primo,) evidente a tutti gli amanti del genere e non, avvenne con Puella Magi Madoka Magica. Chiunque abbia sentito parlare di questa serie ne conosce almeno le sfaccettature principali. Senza anticiparvi nulla, questo anime di giovanissime ragazze magiche, in apparenza tenero ed innocente, si tramuta ben presto in una festa dell’orrore e del massacro. I poteri magici hanno un costo elevatissimo per le sue utilizzatrici e le tematiche che vengono affrontate nel corso della serie (e non solo) spaziano da temi seri come la violenza minorile fino al puro deterioramento della psiche umana.
Proprio la crudeltà e il realismo psicologico presentato da questa serie hanno marchiato a fuoco l’animazione giapponese, cambiando per sempre la visione delle “Mahō Shōjo” tingendola di tragedie, morte e riflessioni profonde. Il successo di tale formula deriva proprio dal netto contrasto tra la purezza/giovinezza delle protagoniste con la cruda realtà del mondo reale e dell’animo umano.
Seguendo questa dualità sono nati tanti altri progetti che hanno ricalcato le tinte di Madoka. Yuuki yuna is a hero e Magical Girl Raising Project sono solo alcuni esempi di come un genere apparentemente infantile possa in realtà essere eccezionale per un pubblico adulto.
Blue Reflection di Gust presenta proprio questa dinamica sia nella componente estetica che in quella puramente narrativa. I poteri, ed il dovere di proteggere il mondo, non vengono accolti alla leggerezza. Piuttosto rappresentano una fonte di ansia, paura e timore per la propria vita e quelle altrui. Come possono delle semplici ragazze liceali combattere contro abomini indicibili in grado di spazzarle via in un batter d’occhio? Soprattutto se poi, come ci dice il gioco, si tratta di intere squadre di ragazzine che si ergono in difesa del proprio paese in ogni parte del mondo. Una sorta di “Crociata dei bambini” in salsa nipponica.
La fragilità diventa dunque il tema centrale dell’evoluzione del racconto di questo genere nelle sue nuove accezioni. Proprio attraverso l’acquisizione dei poteri paradossalmente vengono accresciute le debolezze delle protagoniste, portando l’osservatore ad interessarsi di loro attraverso l’effetto della “crocerossina” o del “cavaliere scintillante”. Mentre, allo stesso tempo, permette all’autore di creare personaggi dal background più spesso e realistico.
Infine lo strumento della crudeltà suscitata nel vedere queste creature così innocenti contro mostri veri e propri crea quella drammaticità necessaria per rendere il prodotto adatto ad un pubblico più adulto. Ciò è ovviamente sorprendente considerando che il genere si appella proprio ad un pubblico di minori. Eppure tale dicotomia, presente anche in Blue Reflection, è effettivamente ciò che attira e coinvolge di più lo spettatore, il quale vuole assolutamente sapere se le protagoniste vinceranno la loro lotta per la sopravvivenza.
Vedere queste strategie applicate al panorama video ludico ci permette di capire ancora meglio come funzionino i meccanismi che permettono la creazione di questo filone più serio delle “Mahō Shōjo”. Questa scelta narrativa non solo permette una profondità maggiore dell’impianto narrativo, ma riesce a creare un rapporto molto più emotivo tra cast e giocatore. Il pericolo nell’idillio ha quella punta di necessario sadismo che sotto sotto si appella alle corde più nascoste dell’animo umano, ai desideri e paure più reconditi.
Proprio perché il climax, alla fine, fa vincere il bene (nella sua concezione più neutra) è ancora più necessaria la presenza della disperazione più assoluta. Se le ragazze non affrontassero orrori esterni e interni, non si accenderebbe nello spettatore (o giocatore) il desiderio di aggrapparsi disperatamente alla speranza di vedere vincere le beniamine anche con probabilità inesistenti.
Del resto: più il buio è oscuro, più la luce che nasce al suo interno risulta splendente.