Il compito affidatomi oggi è di quelli difficili da realizzare perché la tristezza è tanta e troppo spazio è dato ai sentimenti e alle emozioni. Oggi ho preparato un caffè bello forte perché da mandar giù ci sono ricordi e perché un altro pezzo di storia si spegne. La mia segretaria Peach mi guarda con sconforto e con gli occhi lucidi. Per una volta svesto, in parte, i panni di dottore e salgo sul palco difronte a voi come un comune giocatore stravolto dagli eventi.
Oggi, cari giocatori, siamo qui per ricordare Wii U e di come sia prematuramente finito negli archivi di Nintendo, senza troppa gloria e con tanti rimpianti. Oggi siamo qui per ricordare un compagno di avventure apprezzato da pochi e discriminato da molti che verrà ricordato come uno dei più sonori “potrei ma non riesco” di Nintendo.
Wii U è stato la casa di piccole perle che solo tra qualche anno, forse, verranno riscoperte, un po’ come accadde oggi per molti titoli GameCube o Dreamcast. Domani avremo tempo per celebrare Switch e la sua venuta al mondo. A dire il vero qualcosa in merito all’ormai ex-progetto NX lo abbiamo già detto e tanto ne parleremo nei prossimi mesi quando saranno rivelati nuovi dettagli. Tutto a partire da domani, oggi è solo per Wii U.
Un parto difficile
È doveroso ricordare che il percorso di Wii U partì già con il piede sbagliato il giorno stesso della sua presentazione. Era l’E3 di Los Angeles del 2011 quando, in una delle ultime conferenze in diretta di Nintendo, Reggie Fils-Aime presentò al mondo Wii U. E l’accoglienza fu tiepida, quasi fredda. Il nome troppo simile al suo predecessore, il focus solo sul controller tanto da far credere che fosse una periferica di Wii e qualche promessa third party presto disattesa instillarono confusione negli utenti che non compresero cosa avessero davanti e neanche se fosse Wii U fosse della nuova o vecchia generazione.
Oggi gli uomini di Nintendo hanno compreso di aver commesso uno dei più grandi errori di marketing della loro storia con presentazioni confuse, tra pubblicità pro party game, roboanti annunci di porting più seriosi di terze parti e un concentrato di sottintesi che lasciavano ampio spazio ai dubbi. Il tentativo di sfruttare il successo di Wii con una prosecuzione ideale del brand non è riuscita anche perchè i giocatori di Wii erano migrati verso altri lidi (smartphone, ndr) lasciando il posto agli scontenti appassionati di lungo corso.
Una adolescenza travagliata
E la situazione a casa Nintendo di quel periodo non aiutò la crescita del povero Wii U. Stravolgimenti, licenziamenti e il corposo riasset societario fecero sì che l’attenzione sul nuovo progetto venisse meno in favore di indispensabili impegni aziendali più importanti e inderogabili. Confusione che non fece bene al giovane Wii U che venne spesse volte denigrato dai compagni PlayStation 4 e Xbox One, più giovani e più prestanti di lui su molti aspetti primo tra tutti la potenza di calcolo.
L’idea, il concept che c’era dietro Wii U non è mai riuscito a competere con la convenzionale linea di progettazione e di marketing della concorrenza, più appetibile, più scintillante, più attenta ai gusti dell’utenza media. E nessuno in Nintendo sembrava avesse una soluzione per colmare questo divario di immagine con Sony e Microsoft. E qui, purtroppo ci ha messo del suo anche papà Iwata, il compianto ex-presidente ammalatosi e poi venuto a mancare quando Wii U era alla ricerca di una spalla solida su cui sorreggersi.
Nonostante la malattia, Satoru Iwata cercò infatti di creare un microcosmo attorno alla sua creatura nel tentativo di proteggerla dagli attacchi esterni. Questa corazza, questa campana di vetro prese la forma di Nintendo Direct. Un luogo in cui Wii U (e 3DS di riflesso) potevano essere ciò che volevano senza ingerenze e contatti con l’esterno. Una isola felice nella quale le console Nintendo potessero esprimere liberamente il loro potenziale senza però confrontarsi con quello che c’era fuori. Proprio questa cappa protettiva è stata uno delle cause della precaria salute di Wii U che ha prestato il fianco a critiche e illazioni, visto che non si è mai esposta direttamente alle insidie del mercato e alle sue regole.
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Sarebbe doveroso, cari amici, pensare in questa ora triste solo al bene che ha fatto Wii U, ma io sono un dottore e non posso non analizzare anche quanto ci sia stato di sbagliato in questo piccolo, ma fidato compagno di mille partite. E purtroppo la sua nascita è stata accompagnata da un’altra grave scelta che ha compromesso il lancio e i successivi mesi di questa console: la lineup. Nintendo ha usato una politica semplice per sponsorizzare il suo prodotto, riportare i multipiattaforma su una sua piattaforma, dopo il poco spazio avuto su Wii.
Ed è stato così in un certo senso con tanti titoli terze parti, ma quasi tutti porting di giochi già usciti sulla generazione precedente. Nintendo al lancio di Wii U ha dato per scontato che tutti quelli che avevano Wii non avessero posseduto altre console e che quindi non avessero potuto godere di alcuni titoli. Un assunto che si è rivelato sbagliato poiché molti giocatori di vecchia data che avevano avuto Wii quasi sicuramente l’avevano affiancata ad 360, PS4 o PC, e chi invece aveva incontrato per la prima volta i videogame e aveva sposato la filosofia “party game” di molte delle produzioni del telecomando Nintendo ha avuto forse un atteggiamento disinteressato alle produzione più “mature” proposte all’inizio.
Il risultato lo conosciamo tutti. Nei primi sei mesi di vita New Super Mario Bros. U unico frist party di peso, Monster Hunter Tri grande progetto ma già uscito su 3DS, il controverso Zombi U, una camionata di porting da varie serie (Assasin’s Creed, Mass Effect, Call of Duty) e poco altro. Poco, troppo poco anche per i non molto esigenti fan più accaniti di Nintendo ai quali (e io sono uno di questi) basta un gioco con il marchio qualitativo della grande N per essere soddisfatti.
Solo nel 2013 i vari Mario Kart 8, Super Smash Bros, Super Mario 3D World, la versione HD di Zelda Wind Waker e qualche altra produzione (come l’incompreso e divertentissimo The Wonderful 101) misero una pezza, ma era già tardi.
Wii U era una scatola vuota e perfino io, nonostante la mia passione indiscussa per la casata Nintendo, attesi l’arrivo di Mario Kart 8 e una irrinunciabile offerta per acquistarlo. Tuttavia, una volta avuto tra le mani il Game Pad di Wii U ho dovuto ammettere che il feeling e le soddisfazioni sono state tante e che ogni centesimo speso e secondo passato con Wii U sono stati più che appaganti.
Il gamepad: la sindrome da giocattolo nuovo
Il Game Pad di Wii U era indubbiamente innovativo e forse anche precursore dei tempi, vedasi lo sviluppo del gaming su tablet e smartphone, ma gli sviluppatori che hanno avuto la possibilità di lavorare a titoli che lo supportassero in qualche maniera hanno sempre trovato qualche ostacolo nel trovare le giuste idee di implementazione comandi del secondo schermo touch e forse anche qualche ostacolo di troppo a causa delle caratteristiche tecniche e di interfaccia uniche di Wii U.
Le compagnie esterne a Nintendo poche volte sono riuscite a trovare il giusto posto per il paddone e l’entusiasmo iniziale, dettato dalla sensazione “del nuovo giocattolo”, è via via scemato anche a causa degli scarsi risultati di vendita della console e probabilmente anche per la difficoltà di immagine utilizzi diversi per lo schermo touch.
Certo, Nintendo ha anche proposto un pad tradizione, Classic Pad Pro, ma sempre con quella idea di dover dare maggiore spazio allo schermo touch e molte sue produzioni hanno avuto proprio il limite di non poter essere giocate senza il Pad (es. Splatoon). Questo i tradizionalisti non l’hanno apprezzato, i casual erano già in migrazione vero il mondo mobile e gli indecisi… beh quelli sono rimasti tali.
Il buono che c’era e che c’è
Ma il coraggioso Wii U, incompreso e deperito, è riuscito comunque a regalarci tante ore di divertimento e perle di una lucentezza tale da offuscare molta della produzione media della concorrenza. Penso a Mario 3D World, al ritorno di Bayonetta, all’online di Monster Hunter 3 Ultimate, Mario Kart 8 e Super Smash Bros, alla bomba di colore e di agonismo di Splatoon, allo sfaccettato open world di Xenoblade Chronicles X e ai mille titoli retrò per Virtual Console e tanto altro ancora.
E anche il controller con la sua unicità era strano, ma abituarsi al suo utilizzo non è stata cosa difficile per chi ci ha speso più qualche minuto fugace di prova. Penso anche alla possibilità di giocare anche quando la TV era occupata o alla decisione di mantenere sempre i servizi online gratuiti, con buona pace dei nostri portafogli.
Strana, alternativa, controtendenza, introversa ed emaciata. Wii U non potrà mai essere considerata la console migliore di Nintendo, ma neanche un aborto indegno di essere chiamato tale. Come accade in amore chi l’ha scelta ha imparato ad apprezzarne i pregi e passare sopra alcuni difetti. Wii U è una piattaforma di gioco che ha avuto lacune e incomprensioni, ma che ha saputo offrire, a chi si è lasciato alle spalle il muro di incertezza e fango della massa, ancora una volta un assaggio delle Nintendo difference.
E ancora potrà offrirlo perché in realtà Wii U non è ancora morto ma, visto l’arrivo non ancora imminente di Switch e la certezza che i server di gioco non chiuderanno domani, può ancora donare i suoi ultimi mesi di vita ai suoi degni possessori e trovare ancora per un anno un po’ di spazio nelle mani e nei cuori di chi l’ha apprezzata e difesa. Grazie Wii U per tutto questo e buon viaggio. Salutaci con affetto GameCube e Virtual Boy.
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