UN CASO COMPLESSO
Lo studio è vuoto in questi giorni. Sembra che siano tutti impegnati. Sarà per prepararsi ai regali del Natale che si sta avvicinando, sarà che dopo la pausa estiva finalmente gli scaffali dei negozi si stanno riempiendo di titoli da zero vita sociale (basti pensare ad Halo 5, Fallout 4, BlackOps 3, etc.), fatto sta che mi trovo senza appuntamenti impellenti e con la segretaria che ozia nella stanza accanto con il 3DS e Monster Hunter 4 Ultimate (si starà allenando per il torneo in arrivo).
Vista questa disponibilità di tempo ho deciso di tirare fuori dal mio archivio il fascicolo di un caso complesso che ogni tanto mi tiene sveglio la notte. Sul fascicolo il nome è semplice e conciso, ma nasconde mille interrogativi: Amiibo. E visto che in questi giorni cade il primo anniversario della loro comparsa nei negozi, quale occasione migliore per sciogliere qualche nodo legato a questi accessori che sprizzano “nintendosità” da tutti i pori?
Cosa sono in realtà? Da dove viene tutto questo successo? Fin dove si spingerà Nintendo con loro? Queste e altre sono le domande che mi perforano i pensieri e alle quali ho cercato di dare risposta.
DA UN’IDEA DI ALTRI
Prima di tutto mettiamo in chiaro una cosa. Gli Amiibo non li ha inventati Nintendo, almeno come concept. Basti pensare alle serie Skylanders (il primo titolo è datato 2011) o Disney Infinity (2013) per capire che la prima lampadina si è accesa nella mente di altri e che sotto all’idea degli Amiibo ci sono i progetti di Activision e Disney Interactive. Per di più il lettore NFC, quello che permette la comunicazione e lo scambio dati, proviene dall’ambito della telefonia mobile ed il suo brevetto è datato 1983. Nintendo ha preso l’idea del giocattolo fisico che interagisce con il videogioco e l’ha riportata nel suo universo.
A Nintendo non mancavano certo i personaggi da rappresentare con queste statuette vista la forza, la popolarità e il carisma delle sue serie storiche e la quantità di eroi e affini da esse proposte negli anni. In poco tempo un’idea si è tramutata in realtà e il 28 Novembre 2014 la prima ondata di Amiibo ha fatto la sua comparsa sugli scaffali. E chi c’era a fare da apripista a questa nuova sfida di Nintendo? Ovviamente lo zoccolo duro del mondo della grande N, ovverio i vari Mario, Peach, Link e compagnia bella.
Le statuette avevano bisogno di un software che le accompagnasse e Super Smash Bros. faceva proprio al caso di Miyamoto e soci. Questo famoso picchiaduro, oltre ad essere una killer application e un sicuro successo ad ogni capitolo, è la sintesi massima di tutto quello che è il mondo Nintendo. Amiibo più Super Smash Bros uguale bomba commerciale. E in quel periodo non proprio roseo per Nintendo, questa abbinata ha rappresentato un fortissimo rilancio per l’azienda, forse inaspettato perfino per loro.
IL SUCCESSO E L’ABUSO
In meno di un anno il successo di Amiibo ha raggiunto quota 21,10 milioni di unità vendute nel mondo (dato aggiornato al 30 ottobre 2015). Un dato inaspettato perfino per Nintendo che spesse volte si è trovata impreparata e con le scorte di alcune statuine terminate, essendo costretta a ristampe nei mesi successivi.
Senza entrare ora nel dettaglio (lo faremo nell’ultima pagina di questo articolo) si è passati dalle 18 statuine della prima e seconda ondata alle attuali confermate 83 statuine (il numero è in crescita), di cui le ultime in ordine di tempo usciranno tra il 20 e il 27 Novembre, più due serie di Amiibo card dedicate ad Animal Crossing che comprendono 100 figurine ognuna. Questo numero consistente unito al potenziale roster di personaggi ancora senza una statuetta, sconvolge perfino il vostro Dr. Nintendo. Il fenomeno Amiibo potrebbe valicare i confini di questa generazione e invadere anche la prossima, con buona pace dei portafogli di quei tanti che apprezzano questa collezione Nintendo. Non è assurdo pensare ad un futuro con i vari Midna.
Ma forse il giocattolo, è proprio il caso di dirlo, è sfuggito un po’ di mano alla casa del neo presidente Kimishima poiché tra pezzi introvabili (caso eclatante Shulk), rarità come la Samus a “doppio cannone” e semplici sovrapprezzi dell’usato sigillato, tra le statuette e i loro acquirenti si sono insinuati molti avvoltoi e approfittatori che hanno cavalcato l’onda della popolarità e della ricercatezza di questi accessori, rivendendo molti pezzi a cifre assurde.
Qualcuno ha anche pensato di produrre un emulatore per Amiibo. Tutto questo è il prezzo da pagare per il successo. Per non parlare delle centinaia di modder che hanno modificato le statuette per farle somigliare a personaggi non ancora tramutati ufficialmente in Amiibo (per es. il Sonic divenuto Shadow o il Toad convertito in Captain Toad).
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OMAGGI ALLA STORIA
Finora ho parlato di cosa sono e si è raccontata la storia degli Amiibo, ma ora viene il bello, perché qui finiscono i dati ed iniziano le ipotesi e le analisi dell’anima più profonda di questi accessori. Per farlo ho preso una delle statuette incriminate in mio possesso (come potevo non averle) e l’ho messa davanti a me per capire cosa significava per l’utente possedere e usare un oggetto del genere.
Vedendole tutte in carrellata anche solo davanti ad un negozio non può che venire in mente l’essenza di Nintendo e in un certo senso anche quella del videogioco in generale. Gli Amiibo posso essere considerati un omaggio alla storia di Nintendo e dei videogames. Chiunque li veda non può fare a meno di ritrovare in almeno una di loro la scintilla che ha generato la sua passione perché oltre a vari Luigi, DK e Yoshi, ci sono anche personaggio come Sonic, Pikachu e Pac-man che chiunque almeno una volta ha incontrato e amato nella sua carriera da player. Tutto questo sotto il profilo emotivo e sentimentale sono gli Amiibo, ma c’è dell’altro.
Basti pensare al fattore stupore e compiacimento nel vedere che le proprie statuine, che ognuno di noi nel suo piccolo si vanta di possedere, oltre ad avere l’onere di prender polvere su qualche scaffale hanno un loro potere videoludico. Inutile che lo neghiate, il piccolo bambino dagli occhi luccicanti insito nell’animo di ognuno di noi esplode di gioia al pensiero che una plasticosa icona della sua infanzia si palesi nel mondo virtuale e faccia da comprimario alle nostre avventure o ci regali un suo specialissimo elemento da usare in game. Nessuno escluso, perché giocare vuol dire soddisfare la nostra porzione di io infantile che ci accompagna per tutta la vita.
Forse sono stato un po’ troppo romantico in questa prima parte, ma è servita a rendere bene l’idea di uno dei motivi del successo di Amiibo.
Ma tutto questa propensione all’amarcord avrebbe poco valore se la qualità del prodotto fosse scarsa. Per fortuna anche in questo senso Nintendo ha colto nel segno mettendo in vendita delle statuette dalle dimensioni non esagerate, ma nemmeno sottodimensionate, adatte a essere messe in qualunque angolo di uno scaffale o libreria. Ma gli Amiibo prima di tutto sono belli da vedere e curati nei dettagli, nella grafica e nello stile delle pose. Dei piccoli gioielli che messi a paragone con altre figures dimostrano di non avere nulla da invidiare con produzioni più affermate.
Peccato, questo dobbiamo dirlo, per delle scelte non del tutto comprensibili, come quella di “omaggiare” l’ultima serie degli Skylander con due cammei Nintendo, DK e Bowser compatibili anche con la tecnologia Amiibo, che a paragone con la serie ufficiale di Nintendo sembrano disegnati da un bambino di 5 anni (soprattutto se visti dal vivo).
A tutto questo si aggiunge un prezzo competitivo (15€ per ogni statuetta tranne alcune eccezioni più costose) che inserisce questi accessori/gadget nella casella dei regali economici ma di impatto che difficilmente lasceranno insoddisfatto chi li riceverà in dono, a patto di non risultare un doppione. Per Natale aggiungeteli alla lista dei vostri amici possessori di WiiU e 3DS chiedendo prima quali siano già in loro possesso.
DLC FISICI O PEZZI DI GIOCO?
Che non si pensi che gli Amiibo siano solo da vedere. Sono anche da usare e hanno qualche asso nella manica in serbo per gli utenti. Il più importante è la compatibilità trasversale delle statuette interattive di Nintendo che si sviluppa lungo quasi tutta la lineup delle console della casa di Kyoto, con modalità e peculiarità diverse.
Super Smash Bros, come già detto è il massimo esempio di utilizzo di Amiibo, con i personaggi che diventano compagni da allenare, per aumentare la loro e la nostra abilità, e poterli usare come alleati. Più in generale le statuette rappresentano dei DLC fisici multigame e questo perché ogni gioco ha alcuni, non tutti, gli Amiibo compatibili e che sbloccano nuovi accessori, nuove modalità o nuovi poteri. C’è una specie di compenetrazione di utilità e di dualismo tra Amiibo e i titoli Nintendo.
Quando esce un nuovo Amiibo è molto probabile che un aggiornamento inserisca per i giochi già usciti nuovi elementi da sbloccare con la statuetta uscita, ma anche l’uscita di nuovo titolo implica spesso la possibilità di riprendere sfruttare una delle figures già presenti nella personale collezione per nuovi contenuti esclusivi. Grazie a questa connessione tra queste due tipologie di prodotto Nintendo sembra aver trovato un modo per mantenere costante l’attenzione sui titoli e di conseguenza anche sulle statuine. In aiuto di questa capacità interattiva sicuramente viene incontro la lineup di Nintendo non proprio ampia e fortemente improntata verso titoli first e second party. Tutto in casa quindi, con il development facilmente focalizzabile allo sviluppo di questa feature.
Certo non tutti gli Amiibo sono compatibili con tutti i giochi e viceversa e in certi casi alcuni sono addirittura limitati ad un utilizzo per uno o due software, ma questo non toglie che comprare un accessorio non vincolato ad un singolo software aiuta tantissimo l’acquisto. Avere un Amiibo significa avere la possibilità di contenuti aggiuntivi molto interessanti.
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BUSINESS IS BUSINESS
Tutto bello, tutto molto entusiasmante, ma parliamoci chiaro, questi accessori, così come tutto il resto di questo mondo, sono prodotti per fare vendite, per fare guadagni. Come già detto in precedenza i numeri sono tutti a favore di Nintendo che con questi piccoli oggetti ha registrato un sostanzioso profitto (i calcoli lordi li lascio fare a voi). Ma non è tutto oro ciò che luccica. Oggi ci troviamo a parlare di questi prodotti come il più grande successo di Nintendo di questa generazione, fatto che mette in secondo piano quelli che sono i titoli di punta di Wii U e 3DS. Questa non può essere che una magra consolazione per Kimishima e soci che vedono un enorme successo della loro azienda, ma non dovuto ai prodotti sui quali hanno riversato più energie.
Tra le due piattaforme chi subisce di più la preponderanza di Amiibo è senz’altro WiiU per due motivi fondamentali: il primo è che il game pad della console casalinga ha avuto già dalla sua uscita la predisposizione a connettersi agli Amiibo, mentre per collegarli a 3DS bisogna avere la versione “New” o il lettore NFC che è uscito il 20 Novembre; il secondo riguarda la iniziale latenza di titoli di spessore nella lineup casalinga della grande N (ci troviamo sempre a parlare di questo problema, lo so) che solo molto dopo l’uscita delle statuine ha offerto una maggiore quantità di software.
Gli Amiibo funzionano, sono popolari, ricercati e puntare su di loro è giusto. Eppure il timore è che Nintendo ci stia marciando troppo sopra rischiando di perdere di vista i veri obiettivi importanti. Sto parlando di Zelda per Wii U per esempio, ma anche in generale di altri possibili progetti capaci di dare alla console casalinga un fine ciclo memorabile.
Anche perché la paura più grande è proprio quella di vedere tante e tante altre statuine anche nella prossima generazione. E se anche le altre softhouse prendessero spunto da Amiibo? I negozi di videogames che diventerebbero dei toy center stracolmi di giocattoli con i software relegati in un angolo. Oh My God!
AMIIBO YES, AMIIBO NO
Forse questa ultima era una congettura un po’ azzardata, ma il finale di tutta questa lunga digressione è che, con queste statuette, Nintendo ha dato ai suoi fan qualcosa da tenere in bacheca che siano qualcosa in più di una piatta custodia con una copertina colorata. Ad un anno dalla prima uscita, Gli Amiibo posso dirsi una grande manovra di marketing da parte di Nintendo, un incredibile indice di come basti la giusta combinazione di classic style e innovazione per fare breccia nel cuore (e nelle tasche) dei consumantori.
Le serie Amiibo sono accessori apprezzati da molti fan, collezionisti, retrogamers, bambini e adulti, insomma riescono a fare contenti molti (ma non tutti ovviamente). La speranza è che la qualità resti, ma che sia abbinata ad altrettanta qualità riposta nella realizzazione di videogames e console.
Un ultimo appunto scritto in calce a questo articolo prima che chiuda bottega e mandi la segretaria a casa. La tecnologia NFC, l’idea di fondo di Amiibo, quella relativa alle carte Amiibo (di cui è uscita la prima serie dedicata ad Animal Crossing), sono tutti elementi che potrebbero essere usati per un’altra categoria di giochi tanto in voga tra noi gamers: i giochi di carte collzionabili.
Credo sia un mistero come mai fino a ora in serie come Pokemon, Magic, Yu-gi-Oh non siano state implementate delle serie di carte interattive capaci di interagire con software a esse dedicati. Magari la spesa non vale l’impresa, forse più probabilmente la complessità delle interazioni tra l’ampia gamma di carte disponibili e i loro effetti virtuali può aver indotto a desistere da questa ipotesi.
In qualunque caso, peccato davvero.
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