Quando si affrontano determinati argomenti è importante fare subito chiarezza sulla posizione di chi scrive ed il motivo per cui si arrivano a determinate conclusioni.
Condivisibili o meno quest’ultime possono essere discusse e valutate insieme senza degenerare in futili prese di posizione.
Le esclusive hanno fatto la storia delle console, alcune console vengono quasi più ricordate per i giochi annessi che per l’hardware in sé. Il motivo è da ricercare proprio in come si è sviluppato questo particolare mercato che ha vissuto e sta vivendo incredibili cambiamenti.
Il modello storico delle esclusive
In molti criticano ed hanno criticato un periodo di magra per le esclusive Xbox che si è rivitalizzata in questo fine 2017 con Forza Motorsport 7, CupHead e Super Lucky’s Tale.
Due di questi giochi sono stati particolarmente apprezzati dalla critica e dal pubblico, ma perché Microsoft ha latitato un po’ troppo sul rilascio di esclusive?
Il primo motivo è legato alla storia della console di Microsoft. La prima Xbox è datata 2001, un periodo in cui le controparti, Sony e Nintendo, avevano la prima quasi dieci anni sulle spalle, mentre la seconda la prima iterazione risale addirittura al 1977.
Sul finire degli anni ottanta ed inizi novanta il modello video-ludico di vendita e distribuzione era totalmente diverso da quello che conosciamo oggi. Non esistevano formati digitali e la maggior parte dei giochi erano sviluppati per uno specifico hardware. Anzi molti giochi destinati ai cabinati erano sviluppati insieme all’hardware stesso. Incredibile ma vero il gioco veniva venduto sotto forma di Motherboard da inserire in quelle giganti scatole provviste di monitor, stick e bottoni. Le software house si occupavano quindi anche dell’aspetto ingegneristico non solo di sviluppo applicativo.
Le console sono di fatto un derivato casalingo di quello che si trovava nelle varie sale giochi e bar, con la differenza che gioco girava su “cartucce” invece che su hardware dedicato.
Ma chi sviluppava tutti i giochi? Electronic Arts? Ubisoft? Nessuna di queste, dietro alle prime interazioni video-ludiche, ad esclusione del mondo PC che spesso e volentieri avevano uno sviluppatore volenteroso a fare tutto il lavoro, c’erano maggiormente le stesse case che producevano le console: Sega, Sony e Nintendo. Per non dimenticarci della tanto amata e defunta Atari.
Proprio quest’ultima è stata vittima del suo stesso business: sviluppo giochi e produzione hardware, stessa sorte che colpì SEGA incapace di stare al passo con quanto Sony riuscì a mettere sul mercato con il lancio della prima PlayStation.
Chi sostiene che le esclusive sono il cuore delle console, quei giochi che danno un’identità al marchio, è vero quanto le console stesse hanno dato vita al determinato gioco o serie.
Super Mario, creato come spin-off della serie di giochi Donkey Kong, è nato con Nintendo perché la stessa Nintendo doveva proporre qualcosa con l’hardware a disposizione.
Sul finire degli anni ottanta ed inizi novanta il concetto di esclusiva non c’era, di fatto era quasi l’unico modello salvo appunto la lontana e diversa interazione con il PC che viveva sugli albori di compagnie come EA e Blizzard.
Il modello esclusivo ad oggi vive come tale solo su Nintendo, anzi per la big N è la sua forza ed allo stesso tempo la sua debolezza. Sony ha un buon numero di esclusive ma i maggiori introiti arrivano dai giochi multi piattaforma e dai servizi.
Le esclusività PlayStation sono riconducibili al momento storico in cui la prima PlayStation fu immessa sul mercato in cui l’antagonista, per pura forza bruta, era SEGA.
Il lancio della Dreamcast fu capace di regalare a schermo una qualità di videogiochi mai vista.
La risposta di Sony fu la PlayStation 2 che di fatto distrusse la concorrenza anche grazie a titoli come God of War, Final Fantasy, Shadow of the Colossus, Metal Gear Solid…
Titoli esclusivi per vincere sulla concorrenza perché era quello il “modus operandi”.
XBOX ed un nuovo modello di vendita
Microsoft di fatto è arrivata tardi, aveva sì il computer come piattaforma di gioco, ma anche a Redmond volevano una forma di intrattenimento più redditizia.
I guadagni su un hardware dedicato sono sicuramente maggiore che su una piattaforma su cui di fatto tutti possono sviluppare senza pagare nessuna licenza. Il lancio della prima Xbox fu questo, ed è lecito intuire il motivo per cui le esclusive per questa nuova soluzione non possono competere né con Sony né con Nintendo.
L’introduzione del live inoltre spinse Microsoft a puntare su giochi online più che su interazioni in singolo. Il periodo storico fu propizio perché in America, piuttosto che nel vecchio continente, le connessioni erano in pieno sviluppo.
Con l’arrivo della 360 si aprì una nuova era cosa che rallentò in parte la stessa Sony e soprattutto Nintendo totalmente impreparata a proporre una soluzione lontanamente simile.
A salvare la Big N fu la geniale trovata di un particolare controller di movimento, ma che allo stesso tempo allontanò ulteriormente i nuovi colossi di sviluppo di videogiochi totalmente indipendenti dall’hardware.
Fu sul finire degli anni novanta e nei primi anni 2000 che le software house cominciavano ad ingranare e come promotore alle spalle c’era Microsoft che aveva visto evolversi quel modello già in ambito PC.
Microsoft è quindi nata come società “moderna” nel mercato console avendo pochissimi studi interni e, quelli che collaboravano da tempo con il colosso americano, con l’evolversi del mercato hanno ritenuto più opportuno cominciare a sviluppare su più piattaforme.
Se per molti la compagni di Redmond ci ha messo del suo nel perdere alcuni team storici di sviluppo, Bungie tra i più conosciuti, è impossibile non vedere i benefici di poter sviluppare su più hardware.
Un futuro senza esclusive?
L’argomento è delicato soprattutto per chi non riesce a staccarsi dalle iterazioni che gli hanno segnato la giovinezza. Io sono tra questi, avendo passato le mie elementari tra Atari e Sega Master System.
Prima di parlare delle esclusive vorrei tornare sul discorso della distribuzione dei giochi. L’avvento di Steam e degli store online Microsoft e Sony hanno radicalmente cambiato non solo l’acquisto dei giochi, ma anche la gestione di essi.
Il concetto di patch, aggiornamenti prima della 360 e Ps3, e parliamo del 2005-2006, era un concetto esclusivo del mondo PC. Con le nuove console che si aprivano ad internet il boom degli aggiornamenti lentamente ha cominciato ad intasare le nostre reti diventando anche una forma di correzione del gioco “all’ultimo minuto” per rispettare i tempi di consegna. La ben nota patch del “day one”.
Ad oggi non solo rilasciano pesanti aggiornamenti, ma alcuni giochi non ricevono neanche la versione fisica tanto che capire i dati di vendita di un titolo basandosi sul mercato retail, fisico, risulta impossibile.
Le esclusive si sono trasformate da quasi unica interazione sulla specifica console a simbolo di quella console. Se da una parte le versioni fisiche dei giochi lentamente spariranno lasciando posto solo a versioni limitate per i collezionisti, quelli non muoiono mai, le esclusive hanno già ricevuto un loro ridimensionamento.
Molti giochi sono diventati multipiatta, altri hanno dovuto attendere anni per vedere l’uscita e quasi sempre in accoppiata console-PC.
Nel futuro vorrei vedere ancora esclusive, dato che personalmente non mi interessa giocare a F1 su switch ma mi tengo stretto il buon vecchio Mario. Allo stesso tempo vorrei che si evitassero situazioni alla possibile esclusività console Devil May Cry 5. Il gioco uscirà su PS4 e dopo qualche mese probabilmente su PC.
Questo modello, che farà esaltare stupidamente chi non capisce poco e nulla di sviluppo e distribuzione di un gioco, è deleterio sia per Sony, che dovrà sborsare soldi per garantirsi tale gioco, sia per gli sviluppatori, che dovranno rinunciare alle possibili vendite su altre due console.
Inoltre non dà all’utente la possibilità di scelta di dove usufruire un determinato servizio. Perché è questo che rappresentano oggi i videogiochi, una forma di intrattenimento in costante evoluzione.
Obbligare una persona a comprare il determinato device è antiquato; in tutti i mercati dove si cerca la standardizzazione per ridurre i costi ed evitare di sperperare le risorse di questo pianeta solo per avere un formato proprietario.
Immaginatevi un’applicazione sviluppata solo per iOS, avrebbe senso? Solo per garantire l’esclusività perdendo quanti milioni di possibili utenti su sistemi Android? No sense, veramente.
L’idea di vedermi un altro titolo venir deturpato come Street Fighter V mi inorridisce, ma qualcuno, per qualche strana ragione, gioisce nel vedere segregato un gioco. In un periodo inoltre in cui anche l’online tra diverse piattaforme dovrebbe essere condiviso.
Dati i costi di mantenimento di un modello vetusto come le esclusive sia Sony che Microsoft, per soddisfare i fan boy da una parte dell’altra, hanno calato la soluzione delle esclusive temporali. Anche qui i soldi spesi per garantirsi un determinato numero di mesi o anni sulla concorrenza sono soldi non spesi in sviluppo per nuove tecnologie.
Season Pass
Se le esclusive mantengono ancora un senso un DLC a tempo su una o sull’altra console non fa pendere l’ago della bilancia da nessuna delle due parti. È il nastrino colorato sul pacchetto regalo, bello da vedere ma il primo elemento ad essere tagliato o rimosso. Doppio no sense. Se guardiamo attentamente i maggiori giochi che hanno subito dei ritardi negli ultimi anni possiamo scoprire che un buon 80% sono titoli esclusivi. Questo dovrebbe far scattare la campanella d’allarme o il rischio di vedere chiudere altri studi di sviluppi, interni o meno, è elevato.
Il mercato è cambiato, i tanti Indie e giochi free to play stanno spopolando, siamo sicuri che tra 5 o 10 anni avremo ancora un Mario esclusivo per Nintendo? Riformulo la domanda: Nintendo riuscirà a mantenere i costi di sviluppo per un nuovo Mario?
See you next time buddies
Xboss Out