Alla domanda “i videogiochi possono essere considerati arte?” rispondo menzionando sempre lo stesso titolo: Bloodborne. L’esclusiva PS4 di From Software, pubblicata ormai 5 anni fa, è ancora oggi un perfetto esempio videoludico di profondità autoriale ed artistica, in grado di appassionare sia la nicchia amante del genere che i semplici videogiocatori disposti a lasciarsi trasportare dalle cupe e gotiche atmosfere del titolo.
Un’opera d’arte, per essere considerata tale, deve avere diversi livelli di lettura; Bloodborne li possiede, ed oggi cercheremo di analizzare due realtà indubbiamente tributate nel gioco: la filosofia kantiana e la letteratura lovecraftiana.
Tenete quindi a bada le amigdale (da non confondere con le Amygdale…) e prepariamoci ad affrontare, ancora una volta, l’incubo che tormenta eternamente Yharnam.
Orrori cosmici, errori umani
I titoli From Software sono rinomati per la loro narrativa silenziosa e Bloodborne non fa eccezione. Attraverso una lore che si lascia scoprire poco a poco, rivelando orrori cosmici generati da errori umani, il gioco indaga la deriva che può prendere la mente umana se ossesionata da un obiettivo fuori dalla sua portata. In questo caso, il motore che dà il via alla storia di Bloodborne è la ricerca dell’ascesa spirituale definitiva; un’elevazione della specie umana ad un livello superiore, raggiungendo e comprendendo l’essenza stessa dell’intero universo, rappresentata dai Grandi Esseri. Per ottenere questo risultato, bisogna aumentare il proprio intuito; per farlo, viene inizialmente utilizzato il Sangue Antico, una linea di sangue derivante dalla vecchia popolazione di Yharnam, gli Pthumeriani, in grado di guarire da ogni male.
È in questo contesto che nascono i vari gruppi che articolano la trama di Bloodborne: tralasciando il contesto della Caccia e dei Cacciatori, dei finali e dei labirinti, del Coro e della Scuola di Mensis, è obbligatorio menzionare almeno Willem e Laurence, i due personaggi che fanno da atrio e ventricolo per la trama del gioco. Dopo aver scoperto l’effetto collaterale del Sangue Antico, ossia la bestialità, Willem, fondatore della Chiesa della Cura, decide di continuare le proprie ricerche, cercando di raggiungere la Verità Straoridnaria tramite l’utilizzo della conoscenza e l’ottenimento di “più occhi“; nel frattempo Laurence, cofondatore della Chiesa della Cura, si separa da Willem e continua ad utilizzare il Sangue Antico incurante della condanna che colpirà Yharnam a causa di tale scelta.
Romanticismo: sublime e noumeno kantiano
Lo stile gotico ed il tipo di terrore utilizzato in Bloodborne, derivante dal senso di impotenza generato dal confronto con i Grandi Esseri, e quindi da un conflitto interiore causato dall’incapacità di affrontare l’infinito, è facilmente ricollegabile ad alcuni punti chiave del movimento romantico, tra cui il sublime e, in particolare, il sublime dinamico di Immanuel Kant, che prevede una presa di coscienza da parte dell’essere umano nei confronti della sua impotenza di fronte alla natura.
Avendo citato Kant, è impossibile non notare nell’opera From Software una palese influenza da parte del concetto, anche se solo ideologico, di noumeno kantiano.
Così come le creature più terrificanti, oniriche e misteriose di Bloodborne appaiono invisibili ad inizio gioco, per poi comparire nelle fasi più avanzate una volta ottenuti i punti intuizione necessari, anche il noumeno kantiano può essere considerato come una realtà invisibile ed inconoscibile, che rappresenta l’essenza dei fenomeni che osserviamo attorno a noi, rimanendo sullo sfondo ed all’interno di essi.
A questo punto è lecito chiedersi: l’essere umano è quindi destinato ad arrendersi, accettando l’impossibilità di elevarsi, a causa dei pericoli che tale scopo comporterebbe? Vale la pena mettere a rischio la propria anima e la propria sanità mentale pur di raggiungere una conoscenza superiore?
Bloodborne ci dimostra come l’aspirazione verso qualcosa di troppo grande conduca inevitabilmente ad una catastrofe: ce lo dimostrò Icaro, ce l’hanno dimostrato Willem e Laurence.
Howard Phillips Lovecraft
Riprendendo il concetto di mondo invisibile ed inconoscibile ed avendo indicato la realtà onirica e lo stile gotico/romantico di Bloodborne, oltre alla componente orrorifica, come elementi di fondamentale importanza per il titolo, è impossibile non citare un particolare scrittore palesemente tributato da Hidetaka Miyazaki: Howard Phillips Lovecraft.
Nei racconti di Lovecraft la degradazione mentale e fisica derivante dall’aspirazione alla conoscenza è un leitmotiv, così come la tendenza a sottolineare l’impossibilità del descrivere, comprendere o anche solo vedere le tremende creature che popolano le storie in questione. Tra queste creature vi sono anche i Grandi Antichi (il nome dovrebbe ricordarvi qualcosa…), i quali adottano un comportamento assolutamente neutrale e noncurante nei confronti della specie umana, che viene considerata da Lovecraft assolutamente temporanea ed effimera.
L’autore americano riconosce inoltre nell’avanzamento scientifico e tecnologico un enorme pericolo; sarebbe infatti una catastrofe se l’essere umano arrivasse anche solo ad intravedere questa realtà nascosta.
Un’esperienza simile avrebbe come epilogo un’inevitabile caduta nella follia totale, conclusione comune nelle opere dello scrittore di Providence.
Oltre a questi temi ideologici, Bloodborne omaggia Lovecraft anche in maniera più concreta; oltre agli innumerevoli riferimenti grafici e stilistici, l’intero concetto di sogno su cui si basa il titolo deve molto all’onirico Ciclo di Kadath dell’autore americano. Inoltre, il Villaggio dei Pescatori presente nel DLC è una palese rappresentazione di Innsmouth, una delle creazioni più riuscite ed influenti del Solitario di Providence.
Se necessitate di un’ulteriore prova della devozione di Miyazaki nei confronti di Lovecraft, vi basta dare un’occhiata alla runa “Milkweed” presente nel gioco. I segni che la compongono vi ricordano forse qualcosa? Magari le iniziali di un qualche scrittore…?
L’importanza di Bloodborne
Lasciatemi terminare questo breve approfondimento con una piccola dichiarazione d’amore nei confronti del capolavoro di From Software; come già accennato, Bloodborne rappresenta per me il perfetto connubio tra videogioco e cultura, divertimento e difficoltà, filosofia ed arte. Una colonna sonora corale che ascolto ancora quotidianamente ed un DLC dal rapporto qualità/prezzo senza precedenti completano il tutto. Inoltre, il gioco è tecnicamente un passo avanti rispetto ai Souls e mi ha regalato un’esperienza praticamente perfetta nel suo contesto.
La From Software riuscì, nel 2015, a conquistare unanimamente critica e pubblico.
Da amante di ogni singola fonte d’influenza del titolo, non fatico a considerare Bloodborne l’esperienza videoludica migliore della mia vita.
Se avete provato ad affrontare Yharnam, abbandonandola a causa della frustrazione, datevi un’altra possibilità.
Sperando che queste righe vi regaleranno una marcia narrativa in più, vi auguro buona caccia, e che il buon sangue vi mostri la via.