In occasione del GameRome, evento videoludico organizzato dalla Fondazione Vigamus nella Vigamus Academy/Link Campus University di Roma, abbiamo avuto modo di poter assistere ad una conferenza tenuta da Dave Gomez, Senior Producer di Guerrilla Games. Occupandosi di aver sviluppato le macchine di Horizon Zero Dawn, il talk si è incentrato principalmente su come esse siano venute alla luce, insieme a tutti gli altri elementi del gioco. L’esclusiva PlayStation iniziò il suo lungo percorso dall’inizio del 2011, un tempo decisamente di lusso per le produzioni tripla A attuali. Il team adibito alla sua creazione partì da circa 15 persone per poi arrivare a più di 240, ognuno con i propri compiti.
Tutto ebbe inizio con una collezione di idee da parte dello studio, nella classica fase di brainstorming. L’idea più votata sarebbe stata poi scelta come prossimo gioco da sviluppare. Vennero create delle concept art iniziali per studiare le parti principali che avrebbero composto il titolo nato dalle idee dello studio. Quando ancora si era nella fase dei bozzetti, era imperativo esplorare tutte le possibilità per il nuovo gioco, per vedere fino a dove la creatività del team di sviluppo potesse permettersi di espandersi. Ma, ad un certo punto, bisognava prendere delle decisioni al fine di ridurre tali possibilità, principalmente per una questione di tempistica.
Una delle sfide più grandi era creare le iconiche Macchine del gioco. Come devono essere fatte? Come ci deve interagire il giocatore? Tutte questioni che andavano affrontate ancora prima di curarne le fattezze o la profondità narrativa.
Perciò, il team iniziò con concept molto basici, per capirne la struttura e le funzioni all’interno del gameplay. Naturalmente lavorarono in tandem con i grafici, unendo il processo del ludico con quello estetico, connubio necessario per poter creare oggetti coerenti con l’ambientazione decisa. Non tutte le creature che idearono furono accettate, proprio perché magari non si adattavano al gameplay che lo studio aveva in mente. Per questo motivo, usarono delle build molto primitive di prova per vedere come funzionavano le idee proposte. Se a livello di gameplay non soddisfacevano, andavano scartate.
Naturalmente, nello stesso periodo, Guerrilla Games progettava anche altri aspetti di Horizon Zero Dawn, come l’intero apparato della protagonista, Aloy. Nella sua creazione si è tenuto conto della sua natura da cacciatrice di macchine, fondendo l’ambientazione meccanica all’interno del suo design e della sua storia.
La trama fu abbozzata nel 2013, partendo da due regole d’oro per la sua centralità: Aloy è speciale rispetto a tutti gli altri personaggi ed il mondo in cui vive è dannatamente pericoloso. Dopo qualche tempo, all’inizio del 2014 iniziò la vera fase di produzione più classica.
Ogni task, o aspetto del nuovo titolo, aveva un team dietro che avrebbe curato determinati aspetti. Per esempio, dovevano decidere quanti e quali contenuti mettere nella regione di gioco, dalle quest ai nemici. Oltretutto la produzione delle macchine era molto difficile, basti pensare che il Thunderjaw ha più di 250 animazioni e ci sono voluti ben 2 anni per completarlo in ogni sfaccettatura. Le macchine, poi, sono divise in classi proprio perché c’è stato uno studio dietro a come renderle l’ago della bilancia nella progressione del giocatore, creando un combattimento fluido e coerente con il mondo di gioco.
Il percorso di Horizon Zero Dawn fino alla sua uscita è stato piuttosto ricco di attività, ma ciò su cui ha voluto soffermarsi Dave Gomez è l’incredibile capacità creative del team di sviluppo, che ha permesso di creare una delle esclusive di rilievo più importanti per PlayStation 4.