In queste ultime settimane si è parlato tanto di eSport, anche per via della decisione del CIO di dichiararli ufficialmente attività agonistica sportiva -sottolineando che da qui a considerarli sport ce ne passa-. Molta gente è fortemente contrariata, altri difendono a spada tratta questa scelta e questo evolversi della cultura moderna, soprattutto gli attuali videogiocatori competitivi italiani.
Io ho preferito tacere e non dire nulla, non perché non abbia una mia opinione, ma perché penso ci voglia una discussione molto aperta e complessa per poter parlare approfonditamente dell’argomento in questione. Detto ciò, eviterò di parlare di questo, per ora, ma voglio comunque raccontarvi una storia personale, una storia vera, di quelle che ho raccontato a pochi amici intimi e di cui io ho sempre preferito tenermi per me. Tuttavia il mondo cambia, e forse la mia testimonianza, il mio percorso può essere d’ispirazione per qualche giovane, per qualche ragazzo in difficoltà.
Innanzitutto chi sono io? Nessuno di particolare, in Italia esistono decine e decine di ragazzi come me. All’età di 8 anni ho iniziato a videogiocare per competere, neanche sapevo a che cosa andavo incontro. Una volta si parlava pochissimo e si chattava MOLTO, quindi difficilmente i ragazzi credevano veramente che io avessi solo 8 anni, ma poi un bambino di 8 anni poteva davvere essere discreto a titoli come Warcraft III e Starcraft Brood War? Ebbene si, questo lo conferma anche il buon “Reynor”, un ragazzino che da un bel po’ di tempo sta facendo vedere i sorci verdi a tantissimi professionisti, un orgoglio tutto italiano.
I miei idoli, quelli che seguivo, erano principalmente due: Alessandro “Stermy” Avallone e Marco “Akira” Di Gennaro. Leggevo riviste e le loro interviste sul buon The Games Machine e su Giochi Per Il Mio Computer, ero completamente preso dalla loro passione e dal loro talento, in quei momenti mi dicevo spesso: “Quanto vorrei essere come loro…”. Non seguivo solo maschietti, persino Elena “Videl” Anania, grandissima giocatrice ai tempi.
Il 2007 fu una svolta. Mi innamorai perdutamente di Halo Combat Evolved su PC, non potevo fare a meno di rosicare per non poter giocare al seguito, così decisi di portarmi a casa al lancio, nel 2005, una Xbox 360. Nel 2007, dopo un hype smisurato, tornai a casa con la mia Legendary Edition di Halo 3, non potevo credere di star finalmente per giocare ad un Halo al day one! Il mio modo di intendere i videogiochi era stato, fino a quel punto, un incrocio tra competizione e divertimento. Da una parte passavo i pomeriggi a giocare a Dota e a Starcraft Brood War, dall’altra facevo numerose partite ad Halo 3 solo per divertirmi.
In quel periodo, la mia vita prese una strada difficile. Senza scendere troppo sul personale, passai dei momenti difficili, tra bullismo e depressione. A scuola non andavo bene, non avevo molti amici -e no, non per colpa dei videogiochi come molta gente potrebbe pensare-, dovuto ad un distacco sociale voluto, senza colpe, dai miei genitori, per preoccupazioni legate a un altro membro della mia famiglia. Per questi motivi non uscivo, non facevo sport, mio padre lavorava tutto il giorno e non poteva portarmi al parco o passare parecchio tempo con me.
Piangevo, ero triste, ma Halo cambiò la mia vita, la scoperta dell’eSport in ogni sua forma mi aiutò tantissimo. La rabbia la sfogai tutta nelle partite, magari senza ottenere grossi risultati, ma per quel tempo che ci passavo sopra ero tranquillo, rilassato, potevo non pensare a nulla. Ho avuto la possibilità di fare decine e decine di amicizie, ragazzi come me, coetanei che magari mi prendevano in giro per certi risultati o per certi comportamenti, ma non per come ero e non per come era la mia vita, ma semplicemente per errori miei. Tutto ciò mi faceva sentire “normale”.
Crescendo, ottenevo risultati, ottenevo soddisfazioni, le amicizie si rafforzavano e cominciavo a entrare nel settore anche come organizzatore di eventi. Avevo trovato un mio posto nel mondo. Mi ritornano in mente le amicizie costruite, i tornei vinti, i tornei persi, le coppe alzate e le coppe lasciate ad altri, ricordo le urla, gli abbracci e le strette di mano, le trasferte in giro per l’Italia, ma ricordo soprattutto i “come va?” e i “come stai?”, da gente apparentemente sconosciuta.
È passato tanto tempo, ora la mia vita è cambiata, sono ormai diventato un ex giocatore competitivo, ma quel mondo mi ha letteralmente salvato la vita, mi ha pescato da un imbuto di brutti momenti e brutte persone. Ed è bello sentir parlare di me, seppur in piccole dosi, alle fiere, agli eventi, alle persone che mi chiedono se sono “io”, Andre.
Se vi state chiedendo se sono diventato un giocatore incredibile di Halo, beh vi rispondo tranquillamente di no. Tutto questo è bastato a un normalissimo player come me, il classico che alternava cose positive ad altre negative, però c’era la passione in quello che facevo, agli eventi che organizzavo, alla volontà di veder sorridere le persone, all’educazione e al parlare bene sempre di tutti.
Ora a 23 anni, Il mio tempo è praticamente finito in questo settore, non perché non voglia metterci mano o sia vecchio, ma perché è giusto lasciare spazio ad altri ragazzi più motivati e più decisi, anche grazie ad un’evoluzione dello stesso in questi ultimi periodi. I ragazzi, quelli giovani giovani, possono finalmente aspirare, di diventare qualcuno e di godere di questo mondo riuscendo, non solo a ottenere soddisfazioni, ma anche remunerazioni economiche, da sempre mancate in questo paese. Grazie a ragazzi come Ivan “Rampage”, Michela “Banshee”, Luciano “M0SE” e tanti altri, c’è ancora tanta speranza di crescere e di sognare.
L’eSport non è una cosa negativa, videogiocare a livello competitivo richiede costanza, sacrificio, allenamenti specifici e tanta tanta passione e voglia di fare, ma può essere anche qualcosa che vi può salvare da un brutto momento, esattamente come lo sport normale. Vi permette di conoscere molte persone e di insegnarvi a stare in gruppo. Basta parlare a livello tecnico di questo mondo, i ragazzi, le persone vogliono sentire l’anima, il sentimento che unisce tutti gli estimatori dell’eSport, il perché lo amiamo tanto, e spero che con questa piccola testimonianza, lo possiate apprezzare un po’ di più.
Così ringrazio l’eSport, lo ringrazio per avermi reso il ragazzo che sono ora.
Andre