Parlare di adolescenza è sempre un tema difficile da spiegare o narrare con cognizione di causa. Spesso chi ne parla è proprio già oltre quella fase, buttandosi in ricordi che dovrebbero applicarsi a tutti i casi, anche se ormai la generazione dell’autore è più che passata. Come è ovvio, le opere recenti basate sulle vite dei giovani risultano dunque eccessivamente stereotipate o comunque lontane da quello che effettivamente è il mondo dell’adolescente medio. Anzi, in alcuni casi finiscono per influenzarlo in modo molto negativo o trattarlo con pressapochismo, come hanno fatto “Amore 14”, “Project X”, “13 Reasons Why” o le recenti produzioni nostrane comiche. Naturalmente dietro questi nomi non c’è un intento maligno, semplicemente hanno creato stereotipi caricaturali così eccessivi da far sembrare la sitcom Rai “I Liceali” quasi accurata e matura.
Dunque chi è che parla correttamente di adolescenza? Esistono tanti libri e pellicole che lo fanno nel modo giusto, indagando quelle situazioni problematiche che insorgono quando ci si rapporta agli altri mentre si scopre il proprio io. Alcuni di questi casi si applicano a titoli come “Qualcuno con cui correre” di David Grossman, il film “Juno” o “Freedom Writers”. Di “recente” però anche il mondo del videogioco ha provato a parlarne in maniera diretta attraverso il successo di Dontnod: Life is Strange, gioco perfino premiato al Drago d’Oro.
Questo titolo ha prettamente un’ambientazione ispirata alle classiche scuole americane con tanto di diversi stereotipi alla “Ned: Scuola di sopravvivenza”. Dalla bellezza spaziale che se la tira con tanto di fedeli seguaci, al palestrato ricco e stupido, fino a passare per la ragazza ribelle dal passato tormentato. Un cocktail che a prima vista può far storcere il naso, dato che lascia intuire le solite tiritere viste e riviste su grande e piccolo schermo. Tuttavia non bisogna giudicare questo videogioco dalla sua confezione, infatti la sceneggiatura ed i personaggi vengono trattati con estremo rispetto, profondità e con la dovuta serietà proprio al fine di rendere Life is Strange un prodotto in grado di comunicare qualcosa a chi vive in un mondo simile ogni volta che va a scuola o esce con i suoi coetanei.
Innegabilmente, le macchiette caratteriali sopra descritte sono ormai parte della vita di un sacco di giovani studenti, soprattutto nei licei. Quanti di voi hanno avuto a che fare con il classico bulletto o l’irraggiungibile ragazza della scuola uscita quasi da Uomini e Donne? Quanti di voi venivano catalogati come nerd sfigati? Purtroppo, per quanto basato su etichette erronee, questo è il mondo crudele dei nostri ragazzi. E proprio in tali sfumature è trasposta la scuola di Life is Strange, in contrasto con lo spirito libero e maturo di Maxine (la protagonista).
Quando quest’ultima riceve le capacità che le permettono di tornare indietro nel tempo, ella decide di utilizzarle per dare una mano a chi le sta intorno. Proprio in questo contesto ogni personaggio viene approfondito lacerando quella maschera stereotipata che gli era stata donata in apparenza. Ciò non illustra solamente la complessità della vita interiore di un adolescente, ma ci permette di osservare come ogni singolo gesto diventi un mattone che definisce la persona nell’arco della sua vita. Proprio in questi contesti si forma la l’identità personale e perciò, quando si è a contatto con una comunità di coetanei, si cerca di rendere tale identità più incline ad essere apprezzata da tutti. L’aggregazione è un’istinto che accompagna l’uomo in ogni attimo della sua vita per via della sua condizione da animale sociale: è un fato a cui nessuno di noi può sfuggire.
L’esempio più chiaro è con la tematica del suicidio, un fenomeno che purtroppo affligge tantissime persone soprattutto in questa fascia d’età particolarmente sensibile. In Life is Strange si vivono situazioni di “escalation” che sembrano molto lontane dalla nostra vita. Il gioco però ci dimostra proprio il contrario, ci invita a guardare bene a ciò che viene detto, a come errori da ragazzini possono portare allo spezzarsi di una vita innocente. In questo senso, il giocatore è catapultato in prima persona visto che saranno proprio le sue decisioni a decretare eventuali risvolti tragici.
Il videogame di Dontnod racconta l’adolescenza in un quadro di apparente leggerezza, catapultandosi in quelle utopie scolastiche visibili solamente su Tumblr. Ma, se si rimane ad osservare la pittura tinta dal team di sviluppo, cogliendo ciò che si cela dietro la superficie, si trova una storia che racconta eccellentemente il lato serio e complesso dell’adolescenza. Spesso tali problematiche vengono prese sottogamba, trattate come “robe da ragazzi” fino a quando non ci scappa il morto. Proprio per sensibilizzare il pubblico a questa realtà, spesso accantonata, c’è bisogno di opere come Life is Strange. Bullismo, depressione, problemi familiari, la scoperta dell’io, sono tutte tematiche trattate con serietà e completezza da questo videogame.
Ancora una volta assistiamo ad un magistrale utilizzo del mezzo video ludico al fine di insegnare, mettere all’attenzione del pubblico tematiche d’importanza cruciale. Non solo si tratta di un videogioco eccellente, ma di un racconto propedeutico narrato in un formato che permette all’adolescente medio di vivere in prima persona eventuali dinamiche che altrimenti non avrebbe mai visto o sentito personalmente . Proprio il coinvolgimento risulta l’elemento cruciale che rende Life is Strange il mezzo ideale per lasciare una “cicatrice” nei pensieri di chi assiste, proponendo una riflessione profonda su ciò che si è giocato.
Mentre un libro od un film possono emozionare o colpire, un videogioco di questo stampo fornisce l’esatta sensazione di avere delle conseguenze sulle azioni che si compiono in esso, simulando quello che è un contesto reale comune. Una semplice presa in giro, il silenzio o l’indifferenza possono generare un effetto farfalla tragico, come è chiaramente evidente dal gioco in esame.
Ritengo, come autore e avido lettore, che giochi di questa fattura vadano proposti nel percorso educazionale di qualsiasi adolescente. Sfruttando l’elemento giocoso e l’indubbia qualità di un titolo di questa fattura, un mezzo simile sarebbe l’ideale per sensibilizzare i ragazzi sui temi illustrati fin ora. Mentre una chiacchiera collettiva, una circolare del ministero, una pellicola o un libro creato ad hoc possono aiutare fino ad un certo punto, l’esperienza diretta simulata è spanne sopra tali metodi. Purtroppo un tale traguardo risulta pura utopia qui nel nostro paese, dove i videogiochi vengono trattati come causa scatenante di omicidi. E se, invece, fossero in grado di salvare vite proprio sensibilizzando i loro giovani fruitori?