Ancora oggi, ogni volta che visito un chiostro, non posso fare a meno di ripensare alla primissima “piazzola” che, 9 anni fa, conquistò il mio cuore; mi riferisco, ovviamente, all’ingresso dell’Accademia di Winterhold.
The Elder Scrolls V: Skyrim, pubblicato da Bethesda l’11/11/2011, ha regalato e continua a regalare a milioni di videogiocatori migliaia di aneddoti simili.
Ognuno di noi ha una quest, un luogo, un personaggio, un’arma o un’armatura della quale, volente o nolente, non può fare a meno, in nessuna run, affezionandocisi e creando con tale elemento un legame speciale ed un contesto narrativo assolutamente unico e personale.
Ma com’è possibile che un videogioco, con un comparto tecnico così, datato sia invecchiato così bene, diventando a tutti gli effetti un’esperienza immortale, sempre nuova, unica e, soprattutto, così dannatamente divertente?
Odor di libertà
Il prologo stesso di Skyrim, con quel risveglio così riconoscibile da diventare un vero è proprio meme, rappresenta ormai un simbolo di familiarità. Un’introduzione a climax che ti introduce al contesto politico del mondo di gioco ed al ritorno di una grande minaccia da affrontare ancora una volta: i draghi.
Volendo, già subito dopo aver concluso la primissima fase di gioco, è possibile iniziare immediatamente ad esplorare l’intera mappa di Skyrim, trascurando la trama principale in favore delle innumerevoli (alcune delle quali, meravigliosamente scritte) quest secondarie. L’unico gioco ad avermi regalato una sensazione di libertà e di immersione simile, ad oggi, è The Witcher III: Wild Hunt.
Come se non bastasse, a differenza di un, per esempio, Dark Souls, il progresso delle classi e delle specialità in Skyrim è tutt’altro che punitivo; è scientificamente provato che, se si inizia una run di Skyrim con un’intenzione ben precisa riguardante uno specifico roleplay, dopo qualche ora di gioco ci si ritrova a percorrere tutt’altra strada, travolti dai vecchi feels e da nuove scoperte legate a determinati personaggi, luoghi, gilde, quest, armi, armature, urli, magie…
Cultura invisibile
Non bisogna mai dimenticare che Skyrim è il quinto capitolo di una longeva saga, The Elder Scrolls, appunto, e che partendo da quest’opera (indubbiamente quella di maggior successo dal punto di vista della popolarità), se si vuole, ci si può avventurare in un intero universo narrativo ben approfondito già in Skyrim stesso ed espanso poi anche in The Elder Scrolls Online.
Nel caso in cui però ci si ritrovi a voler semplicemente godere della storia narrata in questo capitolo, presto o tardi il videogiocatore si ritroverà a dover affrontare, per l’ennesima volta, la fatidica scelta: Impero o Manto della Tempesta?
Per trasmettere al meglio la varietà di situazioni affrontate in ogni run su Skyrim, vi racconterò la mia esperienza; avendolo giocato per la prima volta a 15 anni, all’epoca mi limitai semplicemente ad esplorare e scoprire le città principali, per poi rushare dritto verso la fine della quest principale, perdendomi buona parte delle missioni secondarie più importanti.
Immedesimandomi nella libertà primitiva, nella forza bruta e negli Urli dei Manto della Tempesta, mi schierai sempre con loro. Run dopo run, però, i dubbi aumentavano sempre di più; le allusioni razziste e violente dei Manto della Tempesta, palesemente ispirati alla società vichinga, così come moltissimi altri elementi all’interno del mondo di gioco di Skyrim (basti pensare agli elfi oscuri della mitologia norrena), risultavano ormai ingiusitifcabili ed il compromesso accettato dall’Impero, il Concordato Oro Bianco, in nome del controllo e della pace, iniziava a sembrarmi sempre più comprensibile e necessario…
Tutto ciò avviene in un mondo strutturato alla perfezione, dalle architetture antiche e medievali; un mondo dalle infinite possibilità e dalle atmosfere indimenticabili, anche grazie ad una colonna sonora che ascolto ancora oggi quotidianamente (come dimenticare la meravigliosa versione di Malukah di The Dragonborn Comes).
Immortale ed eterno
A rendere Skyrim un titolo immortale ci hanno pensato poi le espnasioni (Dawnguard, Hearthfire, Dragonborn) e le varie versioni del gioco uscite negli anni. Basti pensare ai numeri di vendita della Legendary Edition, l’edizione completa dei 3 DLC, o a quelli della Special Edition per PS4, arricchita delle (preziosissime) mod e di una grafica ripulita ed upgradata. E come non menzionare la versione per Switch! Un piccolo miracolo che, assieme all’adattamento del già menzionato The Witcher 3, nel caso in cui non si abbia mai giocato nessuno di questi due titoli, giustifica ed anzi obbliga l’acquisto della console di casa Nintendo; viaggiare per Skyrim o per le isole Skellige, mentre si viaggia per davvero, in macchina o in treno, è una sensazione indescrivibile.
Soggettività
Ci tengo, ancora una volta, a sottolineare l’importanza delle esperienze uniche e soggettive che Skyrim, se affrontato in libertà, con calma e senza una vera e propria guida, è in grado di regalare; ricordo che, casualmente, mi ritrovai a scoprire, prima del previsto, il rifugio a nord di Winterhold di Septimus Signus, prima che la sua quest (Antica Conoscenza), componente fondamentale di quella principale, venisse svelata. Lo stupore che provai nel ritrovarmi di fronte ad una struttura ed un personaggio simile fu incredibile, così come lo fu scoprire che lo stesso Septimus Signus avrebbe poi svolto un ruolo fondamentale in un’altra quest, Discernimento Trascendentale, una ramificazione narrativa dai tratti lovecraftiani (ammettiamolo; Hermaeus Mora è palesemente ispirato ad Azathoth) presente nell’espansione Dragonborn, che rappresenta ancora oggi la mia preferita in assoluto.
Se tutte queste “emozioni scritte” non sono bastate a convincervi a recuperare il titolo nel caso in cui ne foste ancora vergini, o semplicemente di quanto sia stato e sia ancora importante Skyirm, accettate il mio invito, e scoprite la meravigliosa storia del Cane Abbandonato di Skyrim.
Mi basta rileggere di quest’odissea e riguardarmi lo splendido trailer ufficiale, in grado di regalare ancora oggi brividi forti, per convinermi a creare immediatamente un nuovo personaggio per affrontare, per l’ennesima volta, questo fantastico viaggio.
Un mago, magari, stavolta… che poi diventerà un ladro… e che finirà, inevitabilmente, per specializzarsi nell’arcieria, come ogni mio singolo alter ego.