Da qualche anno a questa parte, l’industria giapponese dell’animazione ha voluto puntare parecchio sulle “Mahō Shōjo“. Con questo termine si indica una storia che vede come sue protagoniste delle ragazze giovani che ottengono dei poteri supernaturali o magici al fine di combattere una determinata minaccia. Gli esempi più famosi (e anche alcuni dei più cruenti) sono: Puella Magi Madoka Magica, Magical Girl Raising Project e Yuuki Yuuna is a Hero.
Il team di sviluppo di Gust e KOEI TECMO, famoso per la serie JRPG di Atelier che abbiamo già recensito nelle nostre pagine, ha voluto allontanarsi dalle sue produzioni per portare un nuovo prodotto incentrato su questo particolare genere magico. Blue Reflection è appunto la creatura nata da queste nuove idee ed è disponibile sia su PlayStation 4 e Steam.
Dalle prime immagini, personalmente mi aspettavo un prodotto che bene o male fosse un’avventura leggera basata sulla vita scolastica giapponese e sul combattere i cattivi in abiti succinti. Tuttavia, come quando ho visto Madoka Magica per la prima volta, sono rimasto piacevolmente sorpreso di scoprire una profondità ben più “adulta” e “seria” di quanto se ne possa dare conto. Gust si lancia dunque in una nuova avventura piazzando diverse scommesse e cimentandosi con nuove sfide sia dal lato tecnico che nel gameplay. Quante di esse sarà riuscita a superare?
Di ragazze e mostri
La trama di Blue Reflection segue le vicende di una ragazza di nome Hinako Shirai. La giovane fanciulla era una provetta danzatrice che ha subito un infortunio durante la sua vita scolastica. Per questa ragione ha dovuto interrompere gli studi e la sua carriera professionistica permanentemente. All’inizio del gioco, ritorna nel suo liceo nel tentativo di frequentare nuovamente le lezioni in maniera normale, anche se ancora ha dei problemi con le sue gambe. Tutto però prende una piega assurda quando, appena varcata la soglia, si ritrova assalita da una sua compagna apparentemente “posseduta”. Ciò la catapulta in una dimensione parallela dove dovrà combattere, utilizzando dei poteri mistici, alcune creature insieme ad altre due ragazze magiche: Yuzu e Lime. Il tutto è condito da trasformazioni in stile Sailor Moon.
Essenzialmente il gioco ci propone uno spaccato di vita scolastica della ragazza di cui vestiremo i panni. Il ruolo di ragazza magica è direttamente collegato alle emozioni delle compagne di scuola di questo istituto. Tali sentimenti non solo rappresentano l’energia necessaria per utilizzare i poteri magici, ma anche la principale ragione per cui la dimensione dei mostri è stata creata. Denominata “Common”, essa è un luogo infinito che cambia in base all’emozioni della persona che ne fa da catalizzatore di “accesso”, creando una sorta di luogo concreto generato dai sentimenti di tutti umani. Come risulta ovvio, dunque, la storia personale e l’aspetto sentimentale tipico delle adolescenti saranno gli elementi principali della narrazione di questo titolo.
In tale compito Blue Reflection riesce abbastanza bene, donando spaccati di serietà sulle proprie emozioni/paure e soprattutto sulle difficoltà della vita di una giovane giapponese media. Il tutto, come suggerisce la trama di fondo del gioco, è risolvibile attraverso la comprensione reciproca, i legami d’amicizia e l’accettazione della propria identità nonostante alcuni limiti imposti dal destino. Il filone è dunque sentimentale, spesso “cheesy” nelle dinamiche, ma essenzialmente adattissimo all’atmosfera candida e sfumata del background narrativo. Stiamo assistendo ad un racconto fatto da sole ragazze che interagiscono tra di loro consolidando forti rapporti d’amicizia e perciò non c’è da stupirsi se l’innocenza è la padrona assoluta del gioco.
Nonostante questa tenera aura, la trama sfrutta a piene mani la disperazione di ricevere, da un momento all’altro, il compito di salvaguardare il mondo da esseri immondi in grado di distruggere intere città se non fermati. Come succede nelle produzioni citate in questa recensione, c’è quel lato oscuro derivante dai propri poteri (e dalle proprie responsabilità) che non può essere nascosto sotto i lustrini e gli occhi dolci. In questo senso, Blue Reflection riesce a fondere benissimo la drammaticità con la leggerezza, dando spazio ad entrambe le cose soprattutto grazie al connubio di esse negli scontri con i Boss (che invadono la realtà) e nelle fasi finali della storia dove il climax è più evidente e necessita dunque della classica “forza dell’amicizia congiunta” per battere il male supremo.
La storia dunque è al pari di un classico anime nipponico del genere, ma con una profondità maggiore nell’esplorazione dei caratteri e background del cast coinvolto. Purtroppo però, c’è una sorta di superficialità di fondo che permea tutto il titolo, forse per carenza di budget o per via del primo approccio al genere. Ciò è palpabile perfino nella narrazione. Sebbene sia buona l’idea di dialogare con le proprie compagne, molti dialoghi saranno spesso superficiali e solo alcuni eventi particolari vi avvicineranno veramente ad esse. Alle volte si ha l’impressione di avere davanti alcune “sceneggiature” scritte di fretta e questo deteriora l’elemento cruciale del titolo, il quale si vuole focalizzare proprio sulle relazioni e nel modo in cui esse debbano essere coltivate.
La forza dell’amicizia, letteralmente
Passando al gameplay, Blue Reflection è un JRPG a turni diviso in due mondi: quello reale e quello magico del Common. Nel primo dovrete principalmente girare per la scuola vivendo le tipiche mansioni scolastiche, ma in generale dovrete necessariamente interagire con le vostre amiche. Il “necessariamente” utilizzato sta ad indicare proprio un dovere nei confronti del proprio party di ragazze magiche; questo perché senza approfondire le varie relazioni non potrete salire di livello ed aumentare le vostre statistiche. Sarete dunque forzati a spendere il vostro tempo tra missioni secondarie, chiacchiere ed uscite.
Effettivamente il segmento della vita normale risulta quello a cui il gioco dedica più tempo, ma allo stesso modo sembra essere stato trascurato nelle interazioni che non coinvolgano la trama principale. Tutti i dialoghi saranno piuttosto semplici e vi limiteranno a delle scelte che risultano scontate nel cercare di ottenere la risposta migliore. Per quanto forzatamente lineare sia il videogioco in questione, le attività da fare in esso sono molteplici ed è molto rilassante correre tra i corridoi della scuola nel tentativo di risolvere i vari problemi altrui, che siano supernaturali o quotidiani. Ogni progresso che faremo in questo senso si rifletterà in vantaggi nella dimensione alternativa.
Nel Common verremo chiamati a combattere dei mostri al fine di stabilizzare le emozioni delle persone che ci circondano. I combattimenti si svolgono a turni in base alla “velocità d’azione” ed è possibile utilizzare un arsenale di tecniche/abilità ed attacchi piuttosto vario. La sezione del gameplay combattivo sembra avere una funzione di contorno data la dimensione ridotta delle aree di gioco e l’inutilità di affrontare combattimenti multipli, visto che i progressi in tal senso ci vengono dalle attività umane. Rimarrebbe il comparto del crafting, ma anche qui la sua funzione è così superficiale e poco chiara da poter essere completamente ignorato.
In effetti di RPG ha poco e nulla e alla fine i combattimenti risultano cibo per gli occhi di chi vuole vedere delle belle ragazze combattere contro dei mostri dall’ottimo design. Diventa dunque evidente il ruolo centrale del gameplay nella scuola che è a tutti gli effetti il cuore pulsante di Blue Reflection. Questo però non è assolutamente un male, anzi. Alla fine il titolo si propone come una sorta di esperienza votata al relax, al lato emozionale che viene costantemente stuzzicato dalle tante situazioni in gioco che indagano le difficoltà dell’adolescenza.
Sicuramente un’attenzione simile a determinati aspetti rende il gioco meno divertente e a volte ripetitivo nelle tematiche, il che è decisamente lontano dagli standard ludici visti con Atelier. Probabilmente la colpa è da affibbiare alla novità del genere, che ha lasciato Gust scottata da alcune idee poco felici o adatti al videogioco. Manca una sorta di equilibrio tra i fattori, l’alchimia degli elementi necessaria a creare un modo di vivere queste tematiche in maniera pi adatta al mezzo del videogioco nell’ottica di un RPG.
La sensazione che si ha giocando a Blue Reflection è di vivere un anime interattivo a metà tra lo slice of life e l’azione. Questo può essere un pregio così come un difetto a seconda di chi impugna il pad (e per questo lo consigliamo solo ad alcuni giocatori). Sebbene gli elementi giocosi ci siano, così come il lato RPG, forse sono così poco accentuati e meno rilevanti da renderli perfino marginali quasi quanto i minigiochi presenti nel titolo. Ciò però non deve assolutamente sviarvi: Blue Reflection vi fornisce esattamente ciò che cercate: un’avventura di ragazze magiche sotto il vostro totale controllo.
Giovani bellezze
Venendo al comparto tecnico, so che voi “fan accaniti delle giovani ragazze” siete in attesa di sapere se effettivamente c’è spazio per i vostri desideri più reconditi. Siete fortunati, amici miei, questa volta Gust ha incluso diverse opzioni per voi. Di certo non siamo ai livelli di Senran Kangura, ma Blue Reflection ha tante inquadrature e dinamiche che faranno la gioia dei vostri occhi e giustificheranno l’enorme attenzione alla creazione dei personaggi. L’effetto degli abiti bianchi bagnati può farvi capire la cura dietro questo lato “fanservice”, così come un season pass da 70€ con tutti i costumi che desiderate (più di 60).
In effetti a bellezza il titolo non delude in nessun aspetto: la grafica è ben adatta allo stile deciso dal team di sviluppo ed ha al suo centro i personaggi, la scuola e gli effetti luminosi. Questi tre elementi risultano i migliori in assoluto, regalando scorci che potrebbe essere tranquillamente spacciati per alcune produzioni nipponiche ad alto budget. La vera creatività è evidente soprattutto dai nemici: dei veri e propri mostri che creano il giusto contrasto con la tenera atmosfera che circonda le ragazze del gioco. Purtroppo però, esistono dei difetti piuttosto evidenti. Le animazioni, sia espressive che non, sono povere così come i costanti cali di frame nelle cutscene o nelle zone più ricche. Un vero peccato considerando l’eccezionale tenore estetico creato dalla fantasia di Gust.
A livello sonoro si sente l’influenza della serie Atelier, soprattutto nel tratto distintivo dell’uso dei violini in allegro. Come ATLUS ha il lato jazzy di Meguro, Gust ha questa sua firma e non delude affatto. Purtroppo però, sebbene i brani siano ottimi, in alcune occasioni non ne viene inserito alcuno ed è un vero peccato soprattutto perché le tonalità grige della scuola possono far apparire alcune situazioni davvero pesanti. Il doppiaggio è discreto ma niente di così eccezionale, soprattutto perché le linee doppiate si rifanno solamente alle scene principali, lasciando il muto nel resto del tempo.
Molto carini invece i menù, ben strutturati a livello di design e comodi da utilizzare soprattutto in relazione alle meccaniche dello smartphone. In un certo senso è quasi impossibile evitare di accostare questo gioco alla serie di Persona, dal quale prende ispirazione per alcune meccaniche. Purtroppo però, a differenza del quinto capitolo uscito di recente, Blue Reflection è un prodotto con ottime premesse ed idee che risulta ancora un po’ acerbo ma ricco di potenziale!