Finalmente, dopo mesi di attesa, eccolo: Dark Souls 3, ultima fatica di From Software, è nelle mie mani. Da giocatore mi aspettavo molto da questo capitolo e al contempo avevo il timore di trovarmi, a cose fatte, a dover scendere a patti con qualcosa che non era neanche lontanamente come l’avevo immaginato. Fortunatamente non è stato così. Seguitemi, adepti, e vi narrerò una Storia…
Lordran, Drangleic…e ora, Lothric
Come appassionato della saga odio gli spoiler. Ecco perchè questa parte della mia recensione sarà breve e generalista, proprio per evitarvi questo spiacevole inconveniente. Ma bando alle ciance, voi volete sapere e io voglio raccontare; la comunione d’intenti c’è, quindi proseguiamo senza timori.
Prima era Boletaria. Poi ci fu Lordran e, in ultima battuta, affrontammo gli incubi di Drangleic. Ora, in questo nuovo ciclo, siamo a Lothric. Che cos’è, questa Lothric? Una terra aspra, a tratti cupa e sempre piena di personalità, nella quale dovremo farci strada per vincolare nuovamente la Fiamma, o per lasciarla estinguere. Avremo infatti entrambe le possibilità, come da tradizione From Software (o meglio, come Hidetaka Miyazaki insegna). Saremo noi, nella nuova veste di Fiamma Sopita, ad avere in mano il futuro, il passato e il presente delle terre che abbiamo imparato a conoscere e ad amare… od odiare.
Eh già, niente più Chosen Undead. Ora saremo una Fiamma Sopita. Un essere risvegliato dal suo sonno di morte dal suono di una campana. Non siamo stati gli unici, comunque, a sentire quei rintocchi: insieme a noi anche gli antichi Signori dei Tizzoni, regnanti delle terre transitorie che sono esistite prima di Lothric; o dopo, o durante… il tempo è distorto e a Lothric tutto converge.
Fin qui, niente di diverso da ciò a cui siamo abituati a vendere nei Souls: una trama che ci pone di fronte a scelte da compiere e narrata attraverso accenni e sussurri. Quello che sappiamo per certo è che il nostro intervento potrà salvare o condannare i mondi e tanto ci deve bastare. Il resto della nostra storia lo scriveremo noi con le nostre scelte e con le nostre intuizioni, così come è sempre stato.
From, sotto la direzione di Miyazaki, si è superata per quanto riguarda la “lore” del gioco, andando a riempire i buchi narrativi creatisi col secondo capitolo e dandoci un’idea di quello che gira intorno ai mondi di gioco. Sarà infatti possibile, sin dalle prime fasi di gioco, trovare riferimenti e oggetti provenienti dai primi due capitoli della saga. Fan service? Sì e no. Sì, perché la community si aspettava un ritorno quantomeno delle armi, armature e degli NPC più iconici. No, d’altro canto, dal momento che tutto questo riesce a trovare il proprio spazio in Dark Souls III senza apparire senza senso o messo in quel punto solo come “contentino” per i fan. Che dire, bel colpo From, questo era uno degli aspetti che più mi facevano pensare, ossia quanto e come queste interferenze dai precedenti Souls avrebbero pesato sulla storia di Dark Souls 3.
Bene, sulla trama altro non voglio aggiungere. Sarebbe fare spoiler, narrarvi una storia che non è mia ma appartiene a voi e al vostro personaggio, comunque vogliate giocare. Ricordatevi, Fiamme Sopite: potrete vincolare nuovamente la Fiamma, o farla estinguere. La scelta è vostra, questo è il vostro ruolo.
Gameplay più granitico di Havel la Roccia!
Il gameplay è sicuramente una summa di quel che funzionava nei precedenti Souls, con una spruzzata di Bloodborne qua e là. Eh già, questa contaminazione era abbastanza facile da prevedere e la parte difficile era capire quanto e come questo avrebbe pesato sulle meccaniche di gioco. Fortunatamente, nonostante le mie prime perplessità, i tratti mutuati dall’esclusiva Playstation 4 vanno solo ad approfondire e non a snaturare il gameplay “classico” dei Souls, quello che amiamo e, in parte, detestiamo.
Vi ho parlato dell’influenza di Bloodborne, ma in cosa si palesa? Innanzitutto nei mob e nei loro movimenti. Veloci, repentini e letali, i nemici in Dark Souls 3 non sono più i poveri e ingenui non morti che si fanno trapassare ai reni da un backstab ben piazzato. Anche alcuni tratti dei nostri opponenti ricordano, seppur non in modo esageratamente marcato, alcune delle peculiarità dei nemici in Bloodborne. Vedremo, ad esempio, alcuni non morti che, armati di lanterna, non si lanceranno addosso a noi ma cominceranno a urlare come teneri vitellini al macello richiamando i loro compagni di giochi, ansiosi di giocare con il nostro PG. Allo stesso tempo è facile rintracciare qualcosa del titolo per le console Sony anche in alcuni set di armature. Ma il punto in cui la fusione tra i due titoli si porta realmente a compimento è il meccanismo di combattimento.
Le armi ora disporranno di abilità speciali attivabili brandendole a due mani e il cui utilizzo consumerà i nostri Punti Abilità; questi Punti Abilità saranno rappresentati da una barra blu sull’hud di gioco e potranno essere ricaricati tramite l’ingestione di ingenti garganellate di Estus Cinereo, una fiaschetta di Estus deputata solo a questo utilizzo ma che condividerà con la classica boccia gialla che abbiamo imparato a conoscere sia la potenza che gli utilizzi (potrete decidere voi, tramite un NPC, quante fiaschette assegnare al recupero degli HP e quante al recupero dei PA).
Il livello di difficoltà mi è parso buono, a tratti inferiore ai predecessori del titolo e in altre occasioni nettamente superiore a qualunque altro incubo di From Software. Buona anche la varietà di subquest e NPC, ognuno con una sua storia alle spalle e tutti da conoscere. Anche in questo caso i riferimenti e la sensazione di “deja vu” si sprecano. Ce n’è davvero per tutti i gusti, ma come vi ho detto in apertura non si tratta di mero fan service. Tutto riesce a girare coerentemente, non sembra ci sia nulla di forzato e, ragionando su ciò che sappiamo della storia dietro i Souls, tutto torna in maniera logica e quasi naturale.
Vi ho detto qualcosa dei Punti Abilità: questi PA, come accennato, saranno utilizzabili per attivare le abilità delle armi (ora definite “Arti di Combattimento”) ma anche, o soprattutto a seconda del vostro stile di gioco, determineranno il numero di lanci di incantesimi, piromanzie e miracoli a vostra disposizione. Accantonato il vecchio sistema in linea teorica, questo nuovo è quasi la stessa cosa ma solo basato su un costo in punti anzi che su un numero arbitrario di cast. Personalmente non ho alzato molto l’abilità che governa l’ammontare di PA e non ne ho particolarmente risentito, ma qualche punticino l’ho dovuto spendere comunque anche in quella caratteristica. Questo da un lato mi è piaciuto, è uno stacco quasi netto con la saga seppur mantenendo in un certo qual modo una continuità di gameplay, ma dall’altro mi ha fatto un po’ storcere il naso pensando a come livellare il mio personaggio in vista dei futuri PvP (Player VS Player) e quanto sarà equilibrata la situazione in quei casi.
Migliorata l’intelligenza artificiale (e rimosso il tracking), ora non sarà più così “facile” aggirare un avversario munito di scudo per piantargli un pugnale nella schiena. I nemici, dai mob più semplici ai boss più infami, reagiranno prontamente qualora tentaste qualcosa di simile e, spesso, lo faranno in maniera improvvisa e alquanto dolorosa. Torna però lo “spezza-guardia” sotto forma di calcione, ottimo per procurarci l’occasione per piazzare un attacco critico. Fare i famosi “parry” (ossia deviare con lo scudo un attacco nemico per poi, col giusto tempismo, colpire con un attacco critico) mi è sembrato nettamente più facile rispetto agli altri due Souls, quasi come se From Software abbia voluto rendere questa meccanica più accessibile rendendola parte fondamentale del gameplay anche in PvE (Player VS Environment).
Ci saranno ancora muri invisibili e sentieri, nonché aree (in tutto ben tre), ben nascosti, quasi impossibili a volte da trovare. Ma vi basterà osservare attentamente il mondo di gioco per capire quale tratto di muraglia colpire o da dove lasciarvi cadere per raggiungere quel bel tesoro luccicante che vi fa tanta gola. Il mondo di gioco è ottimamente realizzato e il level design è sicuramente un gradino, anzi, un’intera scalinata sopra a Dark Souls 2. Ogni area sarà interconnessa al resto del mondo di gioco tramite shortcuts o vie alternative. Permane la possibilità di teletrasportarsi da un falò all’altro, in questo caso secondo la linea di Dark Souls 2 ove era possibile teletrasportarsi da qualunque falò verso ogni altro. Le aree di gioco sono molto sviluppate in verticale, andando a compensare una vastità del mondo più ristretta rispetto a quanto conoscevamo dei Souls.
Dei Souls non si butta via niente
Come Dark Souls aveva il Santuario del Legame del Fuoco e Dark Souls 2, invece, Majula, qui avremo l’Altare del Vincolo. From è famosa (o famigerata, come preferite) per il riutilizzo di idee e assets. In questo caso, l’Altare, ricorda molto il Nexus di Demon’s Soul. Qui potremo livellare, effettuare gli upgrade delle nostre armi (ma non delle armature, questa feature è stata rimossa) e acquistare e vendere equipaggiamenti vari. Sempre all’Altare del Vincolo, inoltre, confluiranno tutti o quasi gli NPC che incontrerete lungo la vostra strada permettendovi così di seguire le loro quest.
Parlando di assets riciclati, sappiamo che From non ha mai disdegnato tale pratica, anzi. Con il fatto che “il tempo è distorto” siamo stati abituati a vederne di ogni tipo. Ovviamente Dark Souls 3 non esula da questo meccanismo e, purtroppo, anche laddove questo escamotage riesce a rendere comunque godibile e perfino epica la nostra avanzata a Lothric, permane quella sensazione di già visto. Che si tratti del moveset di qualche arma piuttosto che di situazioni o ambientazioni, Miyazaki non butta via nulla e riesce a riproporcele in modo nuovo e stupefacente ma, ahimè, sempre di riciclo si tratta. Coerente, indubbiamente, e anche ben accetto pensando, appunto, ad aree o particolari che fanno ormai parte dell’imago di Dark Souls e che tutti gli appassionati accoglieranno con gioia. Comunque non troverete nessun Demone della Forgia 3.0, per intenderci.
I boss sono in numero minore rispetto al predecessore, ma sicuramente più vari e tosti. Cattivi, con un design splendidamente curato e dotati di attacchi micidiali, questi nemici saranno una vera spina nel fianco. Sì, effettivamente ce n’è qualcuno che è un po’ banale sia nelle meccaniche che nello stile grafico, ma fidatevi molti saranno alla stregua di un palo piantato ben in profondità laddove non batte il sole. Soprattutto è la varietà di situazioni e di modi per approcciarsi ad un boss che mi ha colpito davvero: dissimili tra loro, con un buon equilibrio tra umanoidi e bestie uscite da chissà quale peperonata mal digerita dai designer di From, tutti con le loro peculiarità e stile di combattimento. In questo caso il riciclo è stato positivo: vedremo infatti alcuni di loro che ci ricorderanno forse alcune nostre vecchie conoscenze, ma con uno “spirito” diverso, più cupo.
Torna, ma è quasi inutile dirlo, il crafting. Anche questa parte del gioco ha subito profonde modifiche, andando a limare alcuni difetti dei primi due capitoli e aggiungendo qualcosa. Aumenteranno infatti il numero di infusioni possibili, alcune delle quali (finalmente) saranno adatte ai guerrieri puri. Le armi si potenzieranno sempre tramite i diversi tipi di titanite, così come le infusioni dipenderanno dalle caratteristiche (Oscura, Raffinata, Sanguinaria, eccetera) di quest’ultima. Come vi ho detto non si possono potenziare le armature, cosa che personalmente ho apprezzato. Non ci sarà, almeno nelle prime ore di gioco, molto materiale per upgrade a disposizione e dover pensare solo alle armi è stato quasi un sollievo.
Tornano i patti, con nuove meccaniche e molto legati alle vicende in gioco. Aderendo ad alcuni non potremo parlare, ad esempio, con determinati NPC e altri diverranno ostili anziché indifferenti nei nostri confronti. I patti saranno inoltre governati, in alcuni casi, da nuove meccaniche di gioco ma di base rimarranno più o meno i Covenant che abbiamo imparato a conoscere durante la saga Souls. Anche l’editor del personaggio ha subito delle modifiche che lo hanno reso di più facile comprensione e padronanza, seppur permanga la macchinosità che da sempre lo contraddistingue nei Souls.
Graficamente buono, artisticamente sublime
Graficamente, Dark Souls 3, è senza dubbio l’apice della saga. Forte di effetti di luce ben realizzati e di particellari davvero ottimi (specialmente fuoco e acqua sono resi magnificamente anche su console), il gioco è riuscito a regalarmi alcuni scorci e panorami davvero mozzafiato. L’ambientazione, anche se in alcuni casi sa di “già visto” nei precedenti Souls, è fenomenale. Varia passando da cimiteri con enormi lapidi segnate dal tempo a castelli in rovina, fino a mura imponenti e cattedrali che nulla hanno da invidiare a Notre Dame.
Buona anche la qualità generale delle textures e dei modelli, anche se ho potuto notare come i nemici ci possano ancora colpire attraverso pareti spesse come Giuliano Ferrara. Purtroppo, e parlo della versione Xbox One che ho potuto giocare, si vedono anche problemi di aliasing e qualche titubanza del motore grafico nel renderizzare alcuni elementi (specialmente quelli distanti) dello scenario o alcune armi dei nemici. Per esempio, scoccando una freccia a un mob mi sono reso conto che questa impattava contro uno scudo invisibile in più di una occasione.
Ma i veri talloni d’Achille (eh si, son due) sono sicuramente il framerate, che crolla di colpo e senza apparente motivo in alcune aree (fortunatamente non molte e tutte abbastanza circoscritte… ci conviverete come avete fatto con gli altri Souls) e la gestione della telecamera. Quest’ultima si può definire tranquillamente, insieme alla forza di gravità, il nemico più bastardo e infido di tutti i Souls. Spesso sono morto in maniera particolarmente brutale proprio perché la telecamera non funzionava a dovere, rendendomi impossibile capire dove stessi rotolando o chi mi stesse colpendo. Diciamo che questo è uno di quei miglioramenti che io, come penso anche voi, mi aspettavo. E invece….
Anche l’orecchio vuole la sua parte
Gli effetti ambientali sono molto credibili. I suoni hanno la giusta profondità e sono ben direzionati. Quasi ogni mob avrà i suoi suoni e rumori tipici, così come i boss, anche se… va bene, riciclare fa bene e l’ho detto anche prima, ma nel comparto audio From ha preso davvero tanti, tantissimi assets già utilizzati mille volte in mille maniere differenti, tanto che se avessi provato a chiudere gli occhi son sicuro che non avrei saputo dire, dai suoni, a quale Dark Souls stessi giocando.
Il vero fiore all’occhiello del comparto audio rimane comunque la colonna sonora. Sublime, epica, datemi altri aggettivi per favore! Già solo nel menù principale, in quella traccia, si percepisce tutta l’attenzione che il comparto artistico del titolo ha ricevuto. Passiamo a cori che mi hanno ricordato da vicino i canti gregoriani a musica classica, ma con sempre sullo sfondo il tema di un mondo oscuro e corrotto. Le musiche fa il loro lavoro e, unitamente alle ispirazioni artistiche delle location, riescono davvero a esprimere al meglio tutto il suo potenziale.
Alla fine del viaggio…
Forse il migliore tra i Souls. Nonostante i parecchi difetti, perché ci sono e sono evidenti, riesce a essere quasi la summa ideale tra tutti i capitoli precedenti. A livello narrativo è quasi sicuramente al primo posto, presentando una trama che non appare più nebulosa ma, anzi, grazie ai tanti riferimenti riesce ad essere più facilmente assimilata. La trovata narrativa, anzi, i due temi principali usati da From, “il tempo è distorto” e “tutto converge a Lothric” hanno consentito di andare a tappare quei buchi nella “lore” del gioco che permangono sin dal primo titolo, in maniera naturale e non forzata.
Le innovazioni al gameplay riescono a dare un fascino nuovo, ma non meno oscuro, alla saga andando ad aggiungere quel quid che i Souls necessitavano per mantenere un minimo di freschezza. Pur con tutte le citazioni ai precedenti capitoli, Dark Souls 3 riesce ad avere una sua anima, un suo modo di essere giocato e a non scadere nel cliché o nel puro fan service.
Uno sforzo, questo di From, che sicuramente merita d’essere apprezzato e che va per certi versi a ridefinire lo standard per la saga. Per quanto mi riguarda non mi tiro indietro dal definire “capolavoro” questo titolo. Un acquisto obbligato per gli appassionati e di sicuro interesse per chi non si è mai accostato ad un Souls.
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