Ogni volta è, più o meno, sempre la stessa storia: lo scetticismo per l’uscita di un nuovo videogioco che sfrutta il franchise di Dragon Ball è alle stelle, già durante le prime fasi dell’annuncio. Poi ci si ferma a pensare un attimo, a titoli gloriosi e altrettanti mediocri che hanno solcato ogni generazione di console, ma per quanto ci si possa pensare, il solo rievocare il nome Dragon Ball porterà inevitabilmente ad un grosso sorriso sul viso di ognuno.
Che Bandai Namco dunque continui imperterrita a proporre nuove progetti a studi associati e non, di certo non si colloca come novità nel panorama. C’è anche da dire che “all’ennesimo gioco di Dragon Ball” si è contrapposto un certo interesse nato dalle ultime produzioni dedicate al franchise, che hanno saputo rialzare l’asticella qualitativa grazie a prodotti ottimizzati sin nei minimi dettagli, riuscendo a ritagliarsi ottime fanbase grazie anche al supporto costante (Dragon Ball Xenoverse 2), oppure riportando in carreggiata i guerrieri Z in picchiaduro gloriosamente tecnici tanto da sbarcare anche nel settore degli eSports (Dragon Ball FighterZ).
La creatura di CyberConnect2 questa volta attinge a piene mani da un sistema di combattimento collaudato in Xenoverse 2, per immergerlo in un mondo RPG, ottenendo Dragon Ball Z: Kakarot.
L’epopea di Akira Toriyama
Partiamo proprio dai segmenti di combattimento, vero fiore all’occhiello del titolo. Mantenendo dunque la visuale in terza persona da Xenoverse, l’equilibrio del combattimento si concentrerà su abile uso e gestione dei comandi di attacco ravvicinato, quelli energetici, gli oggetti equipaggiati e le eventuali trasformazioni. Seguendo dunque il fedele corso della saga Z, ogni personaggio progredirà nelle statistiche quanto nella potenza dei loro attacchi, in corrispondenza alla porzione di gioco in atto.
Il nostro Goku sarà drasticamente in difficoltà al primo scontro con Freezer, ma quando diverremo finalmente Super Saiyan, la potenza del protagonista sarà tale da diventare praticamente invincibili e lo scontro con lo storico nemico ci vedrà subito in netto vantaggio con colpi dal quantitativo di danni impressionante, mentre giochi di luce, aura ed effetti visivi, assieme ai paesaggi ricostruiti fedelmente alle storiche opere di Toriyama, restituiranno feels incontrollati.
Dunque, il successo di un titolo come Dragon Ball Z: Kakarot si evince nel momento in cui ci troveremo ad affrontare l’ultimo scontro contro Kid Bu, premere come forsennati dei tasti sul pad in attesa di lanciare l’ultima, definitiva, sfera Genkidama, avere il fiatone per aver finalmente chiuso una serie di combattimenti con cui abbiamo alternato Goku e Vegeta contro il temibile nemico e, alla fine, esserne usciti vincitori.
Il senso di risolutezza e compiacimento alla fine di scontri leggendari è assolutamente più unico che raro, anche a distanza di decenni.
Per un sistema di combattimento accessibile quanto appagante, c’è da segnalare tutta una serie di criticità che fanno da contorno al gioco.
Il senso di progressione dei personaggi è abbastanza bislacco: basta seguire le poche missioni secondarie per superare di gran lunga il livello di gioco proposto per la compagna principale e c’è da dire che, complessivamente, il livello di sfida tende molto verso il basso.
Un mondo da esplorare
Stiamo pur sempre parlando di un titolo che come prassi, si prefigge di entrare nei cuori di giocatori e fan,vecchi e nuovi, ma un gradino di difficoltà maggiore avrebbe dato un senso anche a tutte quelle meccaniche RPG intrinseche nel titolo, quali in primis lo schema abilità per i personaggi che potremo utilizzare – perché sì, non tutti i guerrieri Z saranno disponibili per essere giocati in prima persona, altri saranno solo di supporto.
In questo classico skill tree, quando avremo raggiunto una determinata porzione di trama, avremo la possibilità di sbloccare determinate abilità, trasformazioni o attacchi energetici, a patto di avere il numero giusto di consumabili che troveremo nei momenti free roaming delle mappe di gioco.
Proprio queste saranno un po’ il testamento delle potenzialità del titolo che in alcuni momenti è fin troppo timido: le mappe sono grandi e alternano grandi quantità di dettagli e chicche universali per i fan del franchise, a una povertà disarmante.
A seguito di ciò viene dunque facile pensare, e in questo viene in aiuto anche il nome del gioco, che quel Kakarot nel titolo sia a indicare un’iniziale produzione che avrebbe incluso almeno solo la prima parte della saga Z, indicata fino alla conclusione dell’arco narrativo dedicato a Freezer. Un’ipotesi del genere riesce in parte a giustificare tutti quegli aspetti di contorno che da Cell in poi si ripetono senza giustificazione di sorta.
Final Flash!
Un’introduzione che offre nuovi modi di affrontare le battaglie sono le Comunità, griglie personalizzate ove mettere particolare badge di personaggi che sbloccheremo durante il gioco e ognuno di essi ci ricompenserà con un punteggio dedicato per diversi fattori che vanno a incidere sulla potenza dei nostri eroi, sulla possibilità di ottenere drop importante a fine combattimento, maggior percentuale di esperienza ottenuta e via così.
Ottenere il massimo in tutti questi settori sarà dunque impossibile e dovremmo calibrare le nostre griglie a seconda del nostro approccio al gioco.
Al netto di tutto ciò è innegabile comunque come, nonostante una forte porzione di ripetitività nella seconda fase, Dragon Ball Z: Kakarot riesca a restituire un prodotto ben saldo nelle idee, magari con una cura maggiore in tutto ciò che concerne il contorno, dalle quest secondarie al sistema RPG, ma anche solo per la fedeltà e l’impatto visivo di alcuni iconici snodi narrativi, è un acquisto imprescindibile per tutti gli amanti delle avventure di Goku e compagni.