TriAce e Spike Chunsoft, sviluppatori che ultimamente hanno rilasciato diversi prodotti tra cui Star Ocean V, Danganronpa (su nuove piattaforme) e Digimon Story: Cyber Sleuth, decisero di unirsi per creare un nuovo gioco. Da questo “matrimonio” è nato Exist Archive: The Other Side of The Sky, un JRPG con elementi da side scroller e una storia con i toni delle saghe della Spike Chunsoft. Attraverso un mondo alieno e dalle tinte fantasy/fantascientifiche, Exist Archive vuole proporre al giocatore un’esperienza peculiare all’insegna del combattimento e della narrazione. Le premesse sono buone, ma saranno riusciti i due team a proporre un buon risultato? Scopriamolo insieme nei paragrafi che seguono.
I dodici prescelti
La storia di Exist Archive inizia nella classica Tokyo in un’imprecisata epoca moderna, come tutti gli anime del genere. Il nostro protagonista, Kanata Kujo (no non ha una voglia a forma di stella) ed altri dodici ragazzi vengono travolti da delle esplosioni provenienti dal cielo, le quali li riducono in fin di vita. Sull’orlo della morte, perdono conoscenza pensando di non svegliarsi mai più. Tuttavia, vengono trascinati in un mondo fatto di isole fluttuanti con al centro un’imponente torre che governa la gravità di quell’ammasso di terra e nuvole. Il nome dell’astro sconosciuto è Protoloxena ed al suo interno le leggi della natura non seguono quelle della nostra amata Terra.
Kanata, dopo aver capito di non essere effettivamente morto, fa la conoscenza di una ragazza di nome Mayura, la quale è nella sua stessa identica condizione, l’unica differenza è che lei non ricorda nulla prima del risveglio su Protoloxena. Una volta riflettuto sul da farsi, i due decidono di partire in esplorazione e così finiscono per incontrare gli altri ragazzi finiti lì. La maggior parte di loro erano conoscenze di Kanata e ciò è dovuto ad un motivo particolare che viene affrontato nelle parti più tardive del gioco.
I nostri ragazzi smarriti avevano diverse domande per la testa, ma le principali erano quelle relative alle motivazioni della loro presenza su quel mondo ed al cercare un modo di tornare a casa. A questi interrogativi rispose Yamatoga, una sorta di divinità che si rivela essere l’artefice della situazione. Questo Dio malvagio era sull’orlo della morte e così, per evitare di essere cancellato dall’esistenza, ha deciso di installare la propria anima in dodici ragazzi terrestri, trasportandoli su Proloxena al fine di trovare il modo per ritornare in vita. Queste parti dell’essenza di Yamatoga hanno reso immortali i ragazzi come effetto secondario, per questo motivo non sono morti quando sono stati colpiti dalle esplosioni. I nostri eroi vogliono tornare sul loro pianeta e per farlo si affideranno ad una dea che vuole evitare la resurrezione del dio malvagio. Ovviamente è presente una fazione antagonista che vuole a tutti i costi il ritorno di Yamatoga per i loro scopi personali.
Il giocatore viene dunque introdotto in un mondo estraneo, con tanti nomi e personaggi mai visti prima, in maniera del tutto affrettata e confusionaria. Per fortuna più si va avanti nel gioco più le cose vengono chiarite e l’intera faccenda di Yamatoga passa in secondo piano per esaltare le varie vicende/background del cast del gioco. A questo punto, Exist Archive svela la sua vera natura, che probabilmente deriva da Spike Chunsoft, dove la narrazione fantascientifica lascia spazio alle relazioni e all’umanità dei dodici ragazzi. Questo importante lato viene sottolineato dalla possibilità di avere diversi finali a seconda delle proprie scelte e dei rapporti con gli altri, cercando dunque di invogliare il giocatore a rigiocare più volte la trama principale per assistere a tutti gli epiloghi.
Il filone della resurrezione di Yamatoga è interessante nella sua interezza, ma tende a perdersi andando avanti nel gioco, tralasciando diverse informazioni importanti e puntando dritto al sodo. Viene dunque oscurato dalle vicende dei protagonisti, le quali sono si interessanti ma non come ci si aspetterebbe, se non per qualche colpo di scena sporadico. Sebbene la caratterizzazione sia di un livello discreto, molte relazioni finiscono per essere piuttosto piatte e totalmente indifferenti dalla prospettiva del giocatore, o di Kanata stesso. Incredibilmente, il personaggio più interessante è Yamatoga.
La trama di Exist Archive è dunque buona ma con diverse pecche che minano le eccellenti premesse e un’ottima ambientazione. Sebbene i rapporti dei dodici ragazzi siano ben strutturati per la maggior parte delle volte, nel complesso sembra che il gioco si perda in troppe vicende secondarie, lasciando da parte quel mondo di gioco che sarebbe stato bello approfondire di più.
Tra una combo e l’altra
Passando al gameplay, vediamo due grandi elementi da analizzare: le sezioni sidescroller e i combattimenti.
Il mondo di gioco sarà accessibile sempre tramite dei menù, i quali vi faranno decidere in quale particolare dungeon/zona andare. Una volta entrati, vi ritroverete con il vostro personaggio leader del party in uno scenario a scorrimento orizzontale. Il vostro compito sarà quello di completare l’obiettivo della missione o della zona e cercare di abbattere più nemici possibili, i quali sono delle presenze rosse che fluttueranno nell’ambientazione. Per esplorare completamente le zone dei dungeon, vi verranno forniti dei particolari poteri che sbloccherete procedendo con la missione principale. Questo significa che ad ogni nuovo potere dovrete tornare indietro nelle aree precedenti, altrimenti non potrete esplorarle tutte fino in fondo ed ottenere i tesori che nascondono. Il gameplay da side scroller è strutturato decentemente e, con l’utilizzo delle varie abilità, può essere anche una bella sfida cercare ogni luogo inaccessibile. Nonostante questo aspetto, si ha sempre l’impressione che sia solamente un’intermezzo tra un combattimento e l’altro.
Una volta ingaggiato un nemico, il vostro party di quattro elementi dovrà affrontare i mostri attraverso un sistema a turni. Ogni personaggio è assegnato ad un tasto ed eseguirà tutte le mosse premendo solamente quel bottone. Niente scelta di abilità o altro, semplicemente un bottone che va premuto in combo con gli altri per fare più hit. Più combo si fanno, più i premi post combattimento aumentano, così come i bonus all’esperienza. Lo scontro si divide nella fase d’attacco, dove dovrete attaccare i nemici, e nella fase di difesa, nella quale dovrete cercare di attivare la guardia (sempre con il tasto rispettivo al personaggio) in maniera tale da parare più possibile i danni. Queste due fasi si ripetono fino a finire lo scontro. Ovviamente ci sono altri elementi degni di nota, il primo è la possibilità di ruotare i quattro elementi in modo da avere bonus all’attacco per quelli frontali, mentre nelle retrovie è possibile curarsi passivamente la vita. Secondariamente, è possibile utilizzare un oggetto nel proprio turno di attacco, ma ciò consumerà il turno stesso e non sarà possibile utilizzare altri oggetti. Infine, attraverso il riempimento di una barra apposita, è consentito l’uso di alcune mosse speciali che infliggono molti danni ai propri avversari, le quali sono le più spettacolari del gioco, anche se non eccelse.
Dunque il combattimento è piuttosto veloce e si basa tutto sulla propria strategia d’azione e i membri del party. Infatti, essendo quattro personaggi, dovremmo decidere con cura il nostro team in base alle classi, alle abilità e alle varie catene possibili di combo. In questo senso, il gioco riesce eccellentemente a mettere nelle mani del giocatore moltissimi elementi da sistemare, garantendo approcci infiniti a seconda dei propri gusti. Tuttavia, ci sono diversi difetti molto importanti nel gameplay.
Il più grande punto a sfavore è dato dall’assenza di un negozio in gioco. Non sarà possibile acquistare armi, armature o altri tipi di oggetti, il che significa che se volete oggetti curativi per sconfiggere un boss ostico, dovrete per forza tornare nelle aree precedenti e spendere molto tempo a procurarveli. Questo ragionamento si applica a qualsiasi altra categoria di item, anche se il farming viene aiutato dalle abilità dei personaggi che aumentano le probabilità dei drop.
Secondariamente, il gioco risulta ripetitivo fino allo stremo. Oltre a dover tornare costantemente nelle aree già visitate e ripetere i combattimenti basati sul singolo utilizzo di quattro bottoni nella stessa combinazione ottimale, le nuove zone sono per la maggior parte vecchie aree riadattate e con colori diversi, senza troppa varietà. Se non amate fermarvi per molte ore in aree già esplorate per potenziarvi o per procedere nella storia, Exist Archive vi porterà all’esasperazione più totale.
Un altro punto negativo è la possibilità di equipaggiare solamente 5 o 6 abilità per volta, ognuna di esse appartenente ad una categoria diversa. Nonostante il gioco presenti una diversità enorme tra classi e skill, questa viene totalmente annullata dalla possibilità di utilizzarne alcune per volta, il che è la conseguenza del sistema di combattimento tramite singolo tasto. Potrete tranquillamente procedere nella vostra avventura utilizzando solamente alcune capacità potenziate al massimo, senza alcun motivo che vi spinga a cambiarle.
Sebbene nel titolo ci siano modalità, sfide e difficoltà impegnative, il grinding richiesto per affrontarle è tedioso e ancora più accentuato dalla ripetitività degli elementi del gameplay e visivi, tanto da renderlo quasi una sorta di forzatura. Ovviamente ciò va a minare anche la storia, visto che alcuni boss presentano dei picchi di difficoltà davvero eccessivi, risolvibili con altre ore di farm in aree precedenti.
Colori e Neon
Passando al lato tecnico, il gioco presenta degli ottimi elementi grafici che uniscono il mondo anime a quello fantascientifico. Attraverso paesaggi colorati e pieni di vita, le ambientazioni risultano gradevoli e ben elaborate. Tuttavia, in questo caso, c’è un eccessivo riciclo di elementi ed idee che finisce per rendere i mondi visitati un continuo ripetersi delle stesse identiche scene già viste.
Passando ai personaggi, vediamo degli artwork eccellenti accoppiati a delle versioni “chibi” dei protagonisti nelle fasi di gioco. Questi modelli tridimensionali sono ben strutturati e soprattutto fluidamente animati, il che esalta le varie emozioni e situazioni. Nonostante tutto, uno stile così particolare potrebbe non piacere a molti, visto l’evidente contrasto con i toni del gioco. Il gioco inoltre utilizza delle sequenze animate al posto della CGI. Quest’ultime sono ottimamente realizzate e danno davvero l’impressione di star vedendo un anime completo.
Per quanto riguarda il sonoro, abbiamo delle buone tracce ma con poca differenziazione. Sempre tornando al discorso della ripetitività, anche questo aspetto soffre delle ore di farming, visto che la canzone da battaglia sarà sempre la stessa per ogni scontro. Sentendola a ripetizione miliardi di volte, senza mai una variazione tematica, finisce per risultare addirittura fastidiosa dato che il gioco si appoggia sulla lirica. Il doppiaggio giapponese è eccellente, con molti doppiatori noti del panorama videoludico e dell’animazione. Quello inglese è invece davvero pessimo, perciò il consiglio è quello di impostare le voci in giapponese fin da subito.
I menù e l’UI di gioco sono ingombranti ma fanno il loro lavoro e non si perdono in sotto-menù, accentuando la rapidità dell’azione. I controlli rispondono bene, anche ridotti all’osso.
Conclusione e commento dell’autore
Exist Archive The Other Side of The Sky è un titolo con tanti buoni spunti e lati positivi che tuttavia viene rovinato da un’enorme ripetitività in molti dei suoi elementi chiave. Sebbene la storia sia interessante, il cast ben caratterizzato ed il gameplay dinamico nella sua essenza, si perde in un circolo vizioso di farming totalmente ingiustificato e fuori luogo. Il comparto tecnico è ben strutturato, soprattutto su PlayStation 4, ma anch’esso viene smorzato dai numerosi difetti del titolo. Detto questo, si tratta comunque di un buon gioco che può regalare molte ore di contenuti a chi ha molto tempo e la necessaria pazienza.
Personalmente ho trovato interessanti i personaggi, in particolar modo dopo determinate rivelazioni nelle parti finali del gioco, ma effettivamente ho avuto molte difficoltà a continuare per via di numerosi muri di gameplay che necessitavano il dover tornare sui propri passi costantemente e per molto tempo. Il che è aggravato dal continuo ripetersi di scenari e scontri già visti. Credo che ci sia stato un ottimo lavoro a livello narrativo, mentre per il gameplay si siano un po’ persi nella ricerca di un sistema di gioco adatto anche per le console portatili.