Poche volte, per non dire nessuna, mi sono trovato in difficoltà nel dare a un gioco una connotazione precisa, inquadrandolo in un genere o due e sintetizzarne l’essenza. Ironcast invece, fin dalla prima partita ha messo alla prova la mia capacità di analisi e di giudizio costringendomi a spegnere più e più volte la console e domandarmi a cosa stessi realmente giocando.
La commistioni di genere nel mondo dei videogiochi è prassi comune di questi tempi, ma in questo titolo sviluppato da Dreadbit e pubblicato da Ripstone mi sono trovato nella condizione di non riuscire a distinguere il confine tra strategico a turni e puzzle game, tra casual game da partite occasionali e roguelike dagli innumerevoli gameover. Perché questo inconsueto titolo, disponibile su varie piattaforme (ultima in ordine di tempo Nintendo Switch la cui versione è la protagonista di questa recensione) mette a dura prova i nervi e la pazienza del giocatore per diversi motivi.
Nodi come caramelle, armi, scudi e mech
Tutto parte dal tutorial che spiega le meccaniche di gioco e che per primo mette in chiaro quante siano le sue sfaccettature. Un concentrato di molte istruzioni non facili da incamerare tutte insieme. Cercando di sintetizzare la mole di informazioni necessarie per comprendere le dinamiche del gioco, in Ironcast dovremo caricare tramite le concatenazioni di nodi/gemme del puzzle centrale i quattro sistemi principali del mech che andremo a pilotare (armi, energie, refrigerazione e riparazione) per compiere le rispettive azioni quali sparare, alzare gli sudi, migliorare l’elusione con il movimento o riparare le parti danneggiate).
All’inizio parrebbe tutto semplice poiché è di immediata comprensione gestire il sistema di caricamento dei vari sistemi azionato da una griglia di nodi dal funzionamento simile ad un puzzle game come Azkend 2 differenziati per colore e quindi tipo. Ma appena abbiamo compreso questo sistema di nodi ecco che interviene a gamba tesa la componente di strategia a turni che si presenta come un concentrato di icone, pulsanti, schermate a scomparsa e parametri da tenere sotto controllo che si stampa sullo schermo come il pannello principale della torre di controllo di un aeroporto.
Lo schermo è diviso in tre parti: al centro la griglia dei nodi da concatenare e i comandi di attivazione di armi e scudi, mentre ai lati trovano spazio le animazioni dei due Ironcast che di sfideranno e altri comandi secondari ai quali si può accedere tramite menu a tendina in un turbinio di tasti da premere. Già a questo punto la confusione è tale da costringermi a domandarmi se stessi giocando ad un puzzle game che finge di essere uno strategico o a uno strategico che usa i puzzle game come base di partenza.
Terminato il tutorial, relativamente facile, e avviata la prima serie di missioni, a tutto questo potpourri di comandi si aggiunge un livello di difficoltà da roguelike che punisce al minimo errore con morti in sequenza più frequenti anche nel più ostico capitolo di Fire Emblem. Roba da strapparsi i capelli per la rabbia.
Il tutto è racchiuso in turni nei quali è possibile concatenare solo per due volte i nodi sulla griglia, mentre l’utilizzo dei sistemi può avvenire fino a che le scorte di carica non sono esaurite. Inoltre, grazie ai vari override e alla possibilità di concatenare con appositi oggetti speciali più tipi diversi di energia e alle numerose abilità speciali ottenibili, Ironcast ci propone una sfida tattica e strategica che sa premiare i più abili e fortunati piloti.
La particolarità su Nintendo Switch è la possibilità di giocarlo anche con i comandi touch della console quando si gioca in modalità portatile. A dirla tutto i controlli a punta di dito, complici i tanti pulsanti non proprio di grandi dimensioni da tenere sotto controllo, è un po’ scomoda soprattutto quando si tratta di concatenare i nodi. Non che i controlli tradizionali siano migliori, in quanto in alcuni casi vengono male interpretate le inclinazioni dello stick.
Storie di guerre sulla manica
Le missioni vengono generate in maniera procedurale volta per volta fino a raggiungere lo scontro con il boss, con varie tipologie di obiettivo: dalla pura battaglia alla missione di sopravvivenza a quella di raccolta di nodi particolari, etc. Questo sistema completamente randomico si incasella in partite brevi che metteranno a disposizione del giocatore sette giorni di battaglie (durante i quali scegliere tra varie missioni da affrontare) fino allo scontro finale con l’Ironcast più combattivo.
Ad ogni missione completata avremo a disposizione punti esperienza, rottami, progetti di parti degli Ironcast e in alcuni casi addirittura armi già pronte all’uso, tutti necessari a potenziare la nostra macchina semovente per arrivare preparati allo scontro finale, dal tasso di difficoltà altissimo.
Sullo sfondo c’è una atroce guerra tra Inghilterra e Francia nell’anno del Signore 1886 per ottenere il controllo di un materiale più potente al mondo, la voltite, capace di alimentare le macchine semoventi e armate fino ai denti chiamate appunto Ironcast, che sono controllati e guidati dai componenti di una società di ricchi uomini d’affari chiamata “Consorzio del Merito”. A noi piloti dei mech spetterà il compito di impedire l’invasione di Londra da parte del gallico nemico e dare al Regno Unito la vittoria nel conflitto.
Questa atmosfera distopica e dalle chiare tinte steampunk è, come prevedibile, solo un pretesto per creare una ambientazione e giustificare le battaglie tra Ironcast all’ultimo rottame. Tuttavia data la casuale, e in alcuni casi ripetitiva, generazione delle missioni, la trama ben presto si perde in frettolosi e noiosi skip delle cut scene di briefing pre-scontro.
A tutto questo si aggiungono i premi Onorificenza che, anche in caso di sconfitta, si aggiungo al nostro bottino permettendoci di sbloccare nuovi Ironcast, nuovi piloti e nuove abilità da utilizzare per i tentativi successivi. Con la discreta scelta di alternative in questo ambito, questa piccola aggiunta offre una maggiore longevità data dalla ricerca della migliore combinazione pilota-mezzo-abilità.
Figurine vittoriane
L’atmosfera da rivoluzione industriale alternativa è evidenziata anche nelle scelte stilistiche per quel che riguarda la realizzazione di oggetti, personaggi e scenari. L’ambientazione di una Londra vittoriana permette di lavora su una familiare immagine di umanità all’inizio della sua meccanizzazione, con sfumature di colore che passano dal grigio fumo al metallo color rame.
Peccato che a livello grafico la scelta di creare modelli quasi tutti bidimensionali renda il contorno al gameplay più simile a sticker attaccati su un album che ad un vero e proprio mondo pulsante. I palazzi sono schiacciati sullo schermo, i piloti sono visibili solo sotto forma si sprite e perfino gli Ironcast che si muovono sullo schermo mancano di tridimensionalità e della giusta varietà di movimenti. Si tratta di una scelta stilistica ben precisa ma che alla lunga ci farà trascurare anche l’aspetto estetico in favore dei già citati, e più importanti, mille parametri da tenere sotto controllo.
Apprezzabili, anche se in linea con il resto, gli effetti particellari e di luce che riescono a movimentare l’azione e a spezzare il senso di piatto dei modelli a schermo. Gradevole anche l’impianto sonoro anche con musiche ben masterizzate e che accompagnano gli scontri e le fasi di briefing senza sovrastare il gameplay. Anche gli effetti sonori accompagnano per mano le azioni di gioco differenziando il suono dei colpi e l’effetto esplosivo delle armi e dei danni agli scafi degli Ironcast
Conclusioni e commento dell’autore
Tra mech semoventi, atmosfera vittoriana steampunk, questo strategico commisto a puzzle game offre un alto livello di sfida pur non imponendo lunghe ed estenuanti sessioni. Il tutto condito da un sistema di combattimento non immediato ma dotato di una buona profondità per il quale è necessaria una discreta dose di tatticismo. Giocare ad Ironocast vuol dire fare i conti con permadeath e tanti tentativi per la vittoria finale.
Peccato che graficamente il gioco si un po’ troppo schiacciato sullo schermo per apprezzare dettagli grafici, in molti casi ben disegnati, e dare quel tocco di “spessore” all’azione di gioco. Anche i controlli paiono un po’ difficoltosi e non di facile interpretazione nelle prime battute, oltre che imprecisi in qualche sporadico caso.
Dopo numerose ore e tentativi di superare il boss, qualche dubbio rimane sulla vera natura di questo Ironcast. A mio modo di vedere il suo tentativo di fondere meccaniche da gioco mordi e fuggi con la profondità di gameplay propria degli strategici potrebbe essere di difficile interpretazione per molti utenti. Una sfida non per tutti anche se parrebbe il contrario ad una prima occhiata. Un gioco per estremisti del gameplay, con tanti saluti a trama e tutto il resto. Un titolo da una partita in metro da pendolare, in piena filosofia Nintendo Switch.