Knee Deep, creatura di Prologue Games, è un titolo indie narrativo molto peculiare. Il giocatore infatti si ritroverà nel mezzo di una storia noir che verrà però rappresentata a teatro, in una sorta di meta-genere che lascia confusi fin dai primi minuti di gioco. Sebbene c’è dell’evidente creatività in questo videogame, molti lati oscuri minano questo sprint artistico. Presente su PlayStation 4 e Steam, Knee Deep è suddiviso in tre atti che sono stati rilasciati periodicamente su PC, tuttavia adesso è possibile giocarli tutti e tre in un unico pacchetto, senza costi aggiuntivi.
Si va in scena, silenzio in sala
La trama di Knee Deep vede il giocatore fare il ruolo dello spettatore a teatro, mentre va in scena il gioco vero e proprio. Per renderlo bene nel linguaggio testuale, è più calzante un esempio: di solito quando giocate a qualcosa guardate il televisore, seduti da qualche parte. In Knee Deep è come se il vostro gioco venisse rappresentato sul palcoscenico invece che sullo schermo del vostro plasma, mentre voi siete accomodati nella poltrona del teatro. Questo è il punto caratteristico di questo gioco, ed il più originale.
La tragedia che verrà proposta nella vostra sala sarà quella di un suicidio in una remota cittadina della Florida. Un famoso atleta e attore è stato ritrovato impiccato in circostanze anomale. Ciò porterà in questo piccolo paese sperduto un’immensa attenzione, soprattutto a livello investigativo. In questo scenario, il giocatore seguirà le vicende di tre personaggi distinti: una blogger tipica dei nostri tempi, un giornalista locale abbastanza scontroso ed un investigatore privato dal carattere decisamente cinico. Il vostro compito ovviamente non è solo quella di fare da spettatori, ma di risolvere il mistero dietro questo presunto suicidio.
Nel corso del gioco incapperete in molti personaggi di diverso stampo, che tuttavia sono caratterizzati con abbastanza superficialità da essere del tutto anonimi, se non uno o due. Stesso pressapochismo è stato adottato anche per i dialoghi, davvero sottotono e con scambi di battute totalmente fuori luogo, specialmente nell’atto 1 e nell’atto 3. Non solo i stereotipi e i cliché sono abusati fino alla nausea, ma la trasposizione in linguaggio teatrale rende ancora più evidente questo lato carente, in quanto si cerca di dare uno spessore a ciò che non lo ha. Nonostante questa bassa qualità generale, ci sono alcuni momenti e situazioni davvero ben realizzate, in grado di rendere labile il confine tra finzione teatrale e verità fattuale utile all’omicidio. In questo caso, si manifesta l’intuizione geniale che gli sviluppatori hanno avuto con questo concept particolare. Ciò non nasconde però gli enormi buchi narrativi lasciati nel mezzo e alla fine dell’opera, incolmabili anche scorrendo tra le varie note e voci trovate nel gioco. Come se non bastasse, tutti e tre gli atti insieme durano all’incirca quattro ore, in quanto tutto il gioco è impostato su singolo binario da percorrere, sebbene venga cambiato in base ad alcune “scelte critiche”.
Possiamo dunque concludere che la storia di Knee Deep, per quanto interessante possa risultare in determinati segmenti, è affrontata e raccontata con superficialità e velocità, togliendo tutta la parte riflessiva e narrativa che un giallo/noir dovrebbe avere. I protagonisti, specialmente la blogger, vivono solo in funzione della vicenda e non presentano backstory approfondite, come vorrebbe un giallo serio in modo da contestualizzare le azioni e le motivazioni. Non presentano carattere, si limitano a raccogliere gli indizi qua e là mentre le scene cambiano, senza mai fermarsi a riflettere sul caso. Tutti e tre insieme non fanno un unico personaggio fatto e finito, né danno motivo al giocatore di affezionarsi (o interessarsi) a loro, sono solo ombre che calcano il palcoscenico senza lasciare nulla a chi li guarda, quasi come se fossero oggetti dell’ambiente.
Un binario, poche scelte
Come dicevamo prima, il gioco si svolge su un singolo binario dove i nostri “eroi” avanzano con trascuratezza. Ciò è vero anche a livello di gameplay. il quale ha molto poco da offrire.
Innanzitutto parliamo di un gioco che fa della componente narrativa il suo focus, dunque il lato ludico viene sacrificato in favore di una storia emozionante dove il giocatore possa immergersi senza distrazioni. Ciò avviene nelle visual novel o nei recenti capolavori TellTale, dove nonostante tutto c’è un comparto action. Knee Deep ha invece preferito optare per un genere “grigio”, ovvero un terreno di mezzo tra punta e clicca e pura lettura con scelte. Di volta in volta, vi troverete in alcuni puzzle e minigiochi che avranno ruoli importanti per lo svolgimento, e la conclusione, della storia. Alcuni di essi sono interessanti, seppur di estrema facilità.
Un esempio dell’unione dei lati positivi/negativi del gioco è quando dovrete gestire i feed di Twitter della blogger. Il positivo è che si tratta di una meccanica interessante che regala un crudele spaccato su come una tragedia venga strumentalizzata per ottenere condivisioni, e quindi soldi. Il negativo è che le risposte da dare saranno sempre basate su tre temi poco chiari e fuori contesto molte volte. Volete più soldi? Mandate a quel paese il lato umano e inserite una bella provocazione per generare flame. Questo atteggiamento però vi condurrà ad essere odiati da tutti i testimoni della città, mentre quello opposto non vi darà benefici evidenti. Ciò vi porterà a scegliere sempre l’alternative neutrale, almeno starete sul sicuro e i malus saranno così limitati da non crearvi alcun fastidio, soprattutto perché le vostre finanze non c’entrano nulla con il caso.
Parlando delle scelte, quest’ultime sono gestite in maniera pessima. Molte volte vi ritroverete scelte composte da due parole che condurranno ad interi periodi che non c’entravano nulla con quello che avete scelto. Ciò è forse l’elemento più negativo che possa esistere in un’esperienza narrativa del genere, dove le scelte fanno la differenza. Il gioco tuttavia vi segnalerà le scelte critiche, in modo che nonostante tutto voi riusciate a condurre i protagonisti verso la conclusione desiderata da voi. Anche qui siamo comunque in un terreno decisamente arido, che probabilmente non porta vantaggi soprattutto per la gestione pessima dei dialoghi in generale.
Manichini da palco
Se nel titolo abbiamo visto un’atmosfera mediocre in tutti gli elementi analizzati, il comparto grafico non è da meno. Il motore di gioco è accettabile, ma poco ispirato a livello creativo. Sicuramente la scelta di ambientare il tutto a teatro, rendendo i cambi di scena meccanizzati come se fossero fatti al volo durante uno show di David Copperfield, è stata un’idea azzeccata e molto originale. Ciò ha permesso di creare interessanti effetti grafici/tecnici che pochi giochi indie possono donare. Questo soprattutto considerando che Knee Deep ha ben due supporti VR: uno per sentirsi davvero tra le poltrone di un teatro e l’altro che riconosce la vostra presenza in sala e fornisce il totale controllo sulle luci di scena. Detto questo, i design degli ambienti sono scarni e anonimi. Perfino la campagna pubblicitaria del gioco possiede più carisma di quest’ultimo. La ciliegina sulla torta è data da alcuni cali di frame tra i cambi di scena, inaccettabili con così poche risorse utilizzate.
Venendo al sonoro, abbiamo indubbiamente un lato qualitativo molto alto. Il doppiaggio è eccellente e riesce a donare un po’ di caratterizzazione ai personaggi piatti descritti nei paragrafi precedenti. I doppiatori di spicco saranno quelli delle varie figure di contorno che bazzicano nella cittadina, creando quella giusta aura country che ci si aspetterebbe da qualsiasi produzione ambientata nella classica zona rurale americana dove avvengono ogni volta i delitti misteriosi. Le musiche, sebbene non siano una colonna sonora memorabile o particolarmente ispirata, riescono a donare qualche sensazione in più alle scene clou, ma c’è da dire che molte altre situazioni vengono trascurate e lasciate senza brani di alcun genere. Il silenzio non va bene, se inserito in maniera casuale.
Il gioco non presenta una traduzione in italiano , il che in questo caso è un male dato che i dialoghi sono così bislacchi e poco curati da dare difficoltà perfino ad un madrelingua. Se a questo aggiungiamo l’astrattismo delle scelte, risulta una vera impresa riuscire a fare quello che si vuole. Se non masticate l’inglese, non pensateci neanche a gettarvi in questa storia piena di slang, abbreviazioni e dialetti del paese a stelle e strisce.
Come ultima nota parliamo dei menù, scomodi e praticamente inesistenti. Ha senso inserire la tabella dei trofei su PlayStation, dove sono già presenti i trofei all’esterno dell’applicazione? Poi non parliamo della scomodità su console di scorrere tra le varie pagine, con indicazioni approssimative e anche confusionarie.
Conclusione e commento dell’autore
Knee Deep di Prologue Games è un esperimento che è costellato da imperfezioni. Le più gravi riguardano la storia, i dialoghi ed i personaggi, trattati quasi con sufficienza e senza l’approfondimento necessario che il genere giallo/noir richiederebbe. Sicuramente è una trama che può piacere, ed il fatto che tutto venga trattato come uno spettacolo teatrale è unico nel panorama in cui si inserisce, ma questo salvagente non può riportare a galla il comparto narrativo, pieno di buchi dall’inizio alla fine. A questo si aggiungono il pessimo design delle scelte e la poca libertà effettiva nel dirigere le vicende, che si diversificano di poco nonostante le conclusioni diverse. I puzzle ed i minigiochi sono interessanti, ma necessitavano di un po’ più di attenzione. Stesso discorso per il comparto tecnico, del quale si salvano solo la creatività ed il sonoro. A tutto questo, aggiungiamo la barriera creata dai difetti narrativi che rende Knee Deep uno scoglio arduo per chi non mastica l’inglese. Salvando il salvabile, si parla di un’esperienza mediocre che può piacere per le uniche quattro ore della sua durata complessiva, ma non in grado di saziare il giocatore.
Personalmente ho tentato, il più possibile, di farmi piacere questo titolo. L’aspetto del teatro è geniale ma enormemente sprecato, così come i doppiatori che credo vengano dal recente capolavoro Oxenfree (non tutti naturalmente). La conclusione è qualcosa di scontatissimo, se si è attenti nell’atto 1, e davvero anticlimatica. Colpi di scena completamente assenti e tante altre mancanze che fanno scorrere questa avventura con un senso di insoddisfazione totale. Bisogna sicuramente apprezzare la creatività del team di sviluppo, che probabilmente ha voluto creare qualcosa ma si è scontrato contro gli evidenti limiti degli indie.