Le saghe storiche dei videogiochi racchiudono nella loro essenza quel misto di tradizione e ricordi che molto spesso da soli bastano a giustificare molti capitoli. Se poi la storia di un brand è antecedente alla quinta generazione (PS, GameCube, Saturn) il suo prestigio aumenta così come l’interesse per ogni sua coniugazione, sia essa storia principale o spin-off.
La saga Langrisser fa parte di questa schiera di titoli dalla lunga carriera nel mondo videoludico e, dopo molti anni di assenza, torna su console con Langrisser Re: Incarnation Tensei in esclusiva per Nintendo 3DS. Il titolo, sviluppato da Masasya Games, si inserisce nel folto elenco di giochi di ruolo strategici che hanno in Fire Emblem un punto di riferimento con il quale è inevitabile fare raffronti. E in effetti i conti con il titolo di Intelligent System questo ultimo Langrisser li ha dovuto fare. Vediamo se ha pagato pegno o è stato all’altezza.
La spada arrugginita
Un cavaliere di nome Ares ritrova e risveglia il potere di una spada sopita, la Langrisser appunto, e si ritrova invischiato in una battaglia tra luce, oscurità e invasori imperiali. Questo in brevissime linee il plot della storia di Langrisser Re: Incarnation che ha dalla sua il pregio di avere tre finali possibili in relazione alle scelte che si faranno durante le missioni.
Non si può non evidenziare come già dalle prime battute si noti la forte somiglianza con Fire Emblem.
A partire dallo sviluppo della trama con molti personaggi secondari da affiancare al protagonista sulla scacchiera di battaglia, fino alle cutscene tutto ricorda lo stile di Roy, Marth e Daraen. Questa somiglianza però non deve trarre in inganno e far sperare in un titolo di valore poiché, ve lo chiarisco subito, si tratta di una copia imperfetta.
La storia è alquanto banale, seppure le tre possibili vie da percorrere possano potenzialmente concedere al titolo una discreta dose di rigiocabilità e di sfida grazie anche ai tre ostici livelli di difficoltà. I difetti non tardano ad arrivare.
Immagini dal Neolitico
Tralasciando il fatto che è totalmente in inglese, oramai ci abbiamo fatto l’abitudine con queste piccole produzioni, il titolo già dopo i primi 10 minuti di tutorial mostra il fianco alle critiche. Dire che sprite dei personaggi e animazioni sono antiquate è dire poco. Sulla scacchiera di gioco le figure sono statiche e simili a fogli di carta, composte da pochissimi pixel. Una scelta incomprensibile tenendo conto che su 3DS girano giochi del calibro di Monster Hunter e Bravely Second.
Non va meglio con le animazioni dei combattimenti dove i personaggi sono sì tridimensionali, ma il numero dei modelli si conta sulla punta delle dita e perfino i personaggi principali sfruttano quelli generici. Forse nei primi anni novanta lo stile grafico di questo Re: Incarnation sarebbe stato accettato, ma nel 2016 è lecito aspettarsi tanto di più.
Sottotono, anche se non completamente da buttare, anche la realizzazione artistica dei personaggi visibili durante i dialoghi che, nonostante diano una discreta caratterizzazione ai personaggi, in alcuni dettagli lasciano trasparire qualche indecisione grafica. Se poi andiamo a vedere la realizzazione degli scenari la loro poca accuratezza e la mancanza di dettagli completano un quadro poco entusiasmante.
Alla mercé del nemico
Sullo scacchiere di battaglia le già citate similitudini con Fire Emblem si moltiplicano fino a far sembrare Langriseer un figlio più piccolo o, per meglio dire, un brutto anatroccolo.
Dai movimenti alle fasi di gioco è un rimandare continuo al prodotto di Intelligent System, ma anche questa volta il risultato della carta copiativa non è minimamente all’altezza. Quando si tratta di spostare un personaggio, o un mercenario a esso collegato, non si può scegliere quale dei PG far agire e non c’è nessun segnale che ci indichi quale sia il prossimo da muovere, costringendo praticamente a ricordarsi la sequenza precisa di azione o a fare più di un tentativo sui membri del party.
Neanche quando si tratta delle fasi di briefing di missione e dell’hub la resa finale di Langrisser riesce a soddisfarci. I setup sono incompleti con l’assenza di statistiche visibili per ogni arma fino al momento dell’acquisto, l’impossibilità di rimuovere dall’equipaggiamento un oggetto, ma solo la possibilità di sostituirlo. Se poi ci aggiungiamo anche il fatto che il touch screen è praticamente inutilizzato, se non per controllare le statistiche dei personaggi, e l’effetto 3D sia ininfluente, visti i modelli di cui sopra, la sensazione rimane quella di un prodotto proveniente da eoni.
Non tutto da buttare
Abbiamo parlato dei mercenari, un elemento che ci è piaciuto per la possibilità di acquistare questi pedoni semi-autonomi che, anche se deboli, possono essere usati sia in attacco che in difesa, nonostante le loro statistiche ci saranno ignote fino al loro inserimento in battaglia.
Ci sono anche altri elementi positivi: il livello di difficoltà è alto in qualunque modalità selezionata e il comparto audio, rappresentato dai dialoghi (in giapponese) e dalle musiche, è davvero ottimo.
Commento dell’autore
Il retaggio della serie di Langrisser Re: Incarnation non basta a proteggere questo RPG dall’invecchiamento. Il gioco sembra provenire da una macchina del tempo e si trova spaesato in questo mondo fatto di più di 16-bit.
Soltanto il livello di sfida e una forte affezione alla serie potrebbero spingere a finire il gioco, che in qualunque altra accezione ci sentiamo si sconsigliare soprattutto se a prezzo intero.
Alle volte le saghe è meglio lasciarle morire in un cassetto piuttosto che ritirarle fuori senza nemmeno togliere loro il peso degli anni. La speranza è che imparino da questo abbozzo di gioco e virino verso lidi tecnici più attuali.
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