Mighty No.9 è probabilmente il progetto videoludico in crowfunding più atteso del 2016. Vuoi perché a capo del progetto c’è il creatore di Mega Man, Keiji Inafune, vuoi per lo sviluppo travagliato che il gioco ha avuto dopo la partenza a razzo su Kickstarter.
Mighty No.9 era riuscito infatti a raccogliere più di tre milioni di dollari a fronte di un obiettivo di novecentomila. Eppure a causa di problematiche ancora da chiarire, il gioco ha avuto molte difficoltà durante lo sviluppo. Questo ha portato a scelte differenti rispetto a quanto promesso durante la campagna Kickstarter. Fattore che ha comprensibilmente fatto infuriare parecchi sostenitori del progetto.
A frustrare ulteriormente le aspettative dei fan si sono anche aggiunti i numerosi rinvii del lancio. Mighty No.9 sarebbe dovuto uscire nel Settembre del 2015. Il lancio fu spostato prima alla fine dell’anno, poi Febbraio 2016 e infine Maggio. Il team di Inafune ha provato a giustificare questi ritardi, ma l’ultimo trailer ha fatto gridare al disastro.
Ora che il gioco è finalmente uscito, vediamo se questi timori sono fondati.
Un passo avanti, tre indietro
Occorre fare una premessa prima di parlare della formula di gioco. Mighty No.9 è considerato come un successore spirituale della saga di Megaman. Tecnicamente la definizione non fa una grinza, ma bastano pochi minuti di gioco per rendersi conto che Mighty No.9 è un Megaman fatto e finito.
Un successore spirituale è qualcosa che riprende il concept di base di una saga e le riporta in un nuovo scenario e in una nuova veste. Di solito questo “trasloco” porta anche innovazione, e decisamente non è il caso di Mighty No.9, paragonabile piuttosto a un reeboot. Un nuovo punto zero che fa tabula rasa dei venti e più anni d’evoluzione della saga, soprattutto da X in poi.
Questa mancanza di freschezza si vede per quanto riguarda i personaggi, gli stessi dei Megaman classici con qualche modifica necessariamente utile a evitare problemi di copyright con la Capcom. Anche la trama, impalpabile, è lo stesso canovaccio dei primi Megaman classici. Eppure lo stesso Inafune da tempo era riuscito a introdurre dei plot più maturi e complessi.
Anche il gameplay non è esente dal repulisti di Inafume. Tolte tutte le componenti di crescita e personalizzazione del personaggio tipiche degli X, Mighty No.9 è nient altro che un platform a scorrimento orizzontale con elementi di shooting. Un inguaribile nostalgico avrà piacere a godersi un titolo spudoratamente old school. Chi invece ha sostenuto il crowfunding non può che ricordare che le promesse di Inafune erano ben diverse.
*Pew Pew*… E poi?
Il pattern di mosse di Beck, il nuovo protagonista, è limitato a quello dei primi Megaman a cavallo tra anni ’80 e ’90. Inafune dice addio non solo alle innovazioni di X, ma persino agli ultimi capitoli della serie regolare. Beck si muove e salta nella maniera lenta e macchinosa tipica dell’era 8-bit. La direzione dei lenti colpi sparati è in linea retta e non si può colpire verso l’alto e verso il basso. Manca inoltre il colpo caricato, che sarebbe stato molto utile in parecchi punti. Naturalmente la scomodità nel colpire avversari spesso piazzati in punti molto scomodi è voluta e rimanda, neanche a ripeterlo per l’ennesima volta, ai primi Megaman della serie regolare.
Fortunatamente, Inafune introduce una nuova feature inedita in un parco mosse altrimenti soporifero. Beck infatti ha a disposizione l’Acxlerate, che rende il ritmo di gioco molto più frenetico. Acxelerate è uno scatto fulmineo che Beck può ripetere più volte sia in aria, sia a terra. Usandolo Beck può raggiungere luoghi altrimenti troppo lontani o sgusciare sotto delle barriere.
Acxelerate è fondamentale anche in combattimento. Una volta stordito il nemico è infatti possibile caricarlo e assorbirne l’energia. In questo modo oltre ad avere punteggi più alti sarà possibile recupere la salute. Per i boss e alcuni nemici ostici è inoltre l’unico modo per consolidare i danni arrecati, (se si va a cincischiare, invece, il nostro avversario dopo una decina di secondi riprenderà la salute sottratta), perciò dovremmo andare loro addosso non appena cambiano di colore. Negli scontri con i nemici normali resta invece la possibilità di crivellarli semplicemente di colpi, ma si perderebbero i vantaggi di Acxelerate.
Il gioco ci porterà molte volte a fare un uso massiccio di Acxelerate. Purtroppo quest’abilità finisce per essere troppo contrastante rispetto alla leziosità degli altri movimenti. Il risultato è una velocità di gioco schizofrenica e per niente affatto armonica. Capiterà spesso di morire perché indecisi sul quando e come usare Acxlerate. Attimi d’esitazione fatali, soprattutto in un titolo dal level design molto punitivo.
Do the Robot!
L’alto coefficiente di difficoltà del resto è un marchio di fabbrica di Megaman. Non sorprende dunque ritrovare un livello di sfida paragonabile ai titoli arcade di fine anni 80. D’altra parte però l’elevata difficoltà della saga è stata quasi sempre associata a un level design d’eccellenza.
In Mighty No.9, ed è quasi sconcertante scriverlo, Inafune manca clamorosamente il bersaglio. Così come per la scarsa coordinazione dei movimenti di Beck, anche il level design è completamente sbilanciato. Un qualche accenno di progressione del coefficiente di difficoltà dall’inizio alla fine di ciascuno degli otto livelli disponibili in realtà c’è, ma spesso viene del tutto sconfessato da sezioni di gioco inserite senza alcuna logica. Nel quarto livello, ad esempio, vi capiterà una difficile progressione con l’Axcelerate come primo ostacolo!
Certo, momenti ispirati nel level design non mancano. Tuttavia vengono puntualmente eclissati dalla mancanza di un’armonia generale. Per un titolo basato sulla ripetizione del livello più e più volte da capo in modo da impararne ogni segreto, si tratta di un problema mica da poco.
Nel complesso comunque la difficoltà, seppur elevata, non è particolarmente terrificante. A bloccarvi sarà piuttosto la frustrazione, nonché qualche piccolo espediente esageratamente ostico messo apposta per allungare il brodo. Molti ostacoli infatti vi porteranno a morte certa, il problema è che non sempre saranno distinguibili da quelli che, invece, vi faranno solo subire dei danni.
Francamente, è sconcertante vedere un maestro della vecchia scuola di level design come Inafune ricorrere a trucchetti del genere.
Ad uccidervi dunque sarà quasi sempre il level design, in quanto i mob, pochi e tendenzialmente molto deboli, sono poco più che un elemento di disturbo. Ulteriore elemento di disarticolazione del design sono i potenziamenti provvisori lasciati dai mob. Oltre ad essere di brevissima durata, sono quasi sempre slegati dal contesto. Vi capiterà dunque di ricevere una maggiore potenza di fuoco in una fase di puro platforming o una maggiore velocità in uno spazio chiuso.
The lovely eight
Menzione a parte la meritano i boss. Come da tradizione in Megaman (suvvia ancora pensate di trovarvi di fronte a una nuova saga?), alla fine di ogni livello troveremo uno dei temibili Mighty No.1/8 pronto a farci i circuiti. I combattimenti coi boss sì che riportano il meglio di Megaman, adrenalici e tattici allo stesso tempo. Ciascun boss merita un’attenzione particolare in quanto dispongono di un pattern di mosse ricco e che cambia in maniera completamente casuale (ergo addio ordine preimpostato degli attacchi).
Una volta battuto, il boss ci fornirà un potenziamento permanente utilizzabile in qualunque momento. Ogni potenziamento è, di fatto, il counter di un altro boss, quindi è buona cosa spendere un po’ di tempo a riflettere su chi countera chi (alcune di queste associazioni sono ovvie, altre invece richiederanno un po’ d’inventiva). Insomma, combatterli è senza dubbio l’esperienza più appagante del gioco. Purtroppo, per raggiungerli, occorrerà farsi tutto il livello (senza sprecare tutte le vite) patendo gli alti e bassi del level design.
I boss non eccellono solo nel gameplay, ma costituiscono l’unico elemento stilistico ispirato nel gioco. Inoltre sono gli unici personaggi con un briciolo di background e fascino. Per quanto riguarda Beck, il design sembra opera dello stesso criminale dietro alla Fiat Multipla e nelle cut scene la sua perenne espressione da bambola di porcellana non lo aiuta affatto. Sulla personalità, vi possiamo garantire che spesso vi verrà voglia di farlo morire apposta.
Sulla storia, fate Ctrl+C del primo Megaman e Ctrl+V in Mighty No.9. Anche in questo caso prendere qualcosina dai Megaman X non sarebbe stato male. Soprattutto quando hai tre milioni di dollari extra budget da spendere.
Sotto il profilo tecnico, una ricca palette di colori non basta a nascondere un comparto grafico mediocre. Come se non bastasse il gioco ha grossi problemi di ottimizzazione e riesce addirittura ad andare a scatti nei momenti più concitati su PS4. Il sonoro, rigorosamente a tinte tecno, fa il suo onesto mestiere. Tuttavia siamo molto lontani dalle OST dei vecchi Megaman che hanno fatto la storia del videogioco.
Capcom, ripensaci!
A Inafune va attribuito un grande coraggio. Quando Capcom annunciò cinque anni fa che avrebbe chiuso con Megaman, ha scelto di rimettersi in gioco da zero. I fan e tanti altri giocatori lo hanno sostenuto, anche economicamente. Mighty No.9 sarebbe potuto essere non solo una continuazione, ma una svolta.
Eppure, proprio nel momento in cui poteva rendere conto solo a sé stesso, Inafune non se l’è sentita di osare. Forse il timore di deludere tanta fiducia gli ha suggerito di battere vie sicure. Così Mighty No.9 è partito come incendiario ed finito come pompiere.
Un Megaman classico d’altra parte non si butta mai e la gran parte dei fan avrebbe perdonato a Inafune qualunque cosa in cambio di un nuovo grande classico. Purtroppo, il percorso travagliato a cavallo tra innovazione e tradizione si è fatto sentire. Mighty No.9 ne è uscito come un Megaman mediocre con due buone trovate: l’Axcelerate (da sistemare) e il pattern dinamico e casuale dei boss.
Le basi per rilanciarsi dunque ci sono. Tuttavia, Inafune ha dato prova di essere tanto geniale come designer quanto pessimo nel dirigere in prima persona il team. La speranza è che Capcom possa ritornare sui propri passi e riaccogliere Inafune all’ovile. E con ogni probabilità, di fronte a un ritorno del vero robottino da combattimento, nessuno rimpiangerà il povero Beck.
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