Permettetemi uno sfogo personale iniziale: Finalmente! Ho atteso per mesi speranzoso che Monster Hunter Generations Ultimate arrivasse finalmente anche da noi su Nintendo Switch, dopo essersi fatto apprezzare in Giappone. Averlo tra le mani mi ha tirato fuori di nuovo la voglia di cacciare e ammetto che ho divorato il gioco in singolo, ma soprattutto ho riassaporato il gusto di giocare insieme ad amici in rete.
Old but gold
Detto questo torniamo alla recensione, all’analisi più tecnica. Non possiamo non negare che l’arrivo di questo action sviluppato da Capcom arriva in un momento particolarmente utile per Nintendo Switch, essendo un periodo particolarmente avaro di uscite di peso. Questa battuta di caccia ai mostri è l’apripista per una stagione autunno-inverno che si preannuncia molto più ricca di uscite di peso si dentro che fuori la piattaforma Nintendo. Il 28 agosto sono tornati i cacciatori su console Nintendo e dopo l’analisi della demo nell’anteprima di Monster Hunter Generations Ultimate è il momento di brandire l’arma completa e vedere quanto è ancora affilata e quanta ruggine c’è sopra di essa.
La formula collaudata del cacciatore che svolge missioni in giro per i vari villaggi andando alla ricerca di mostri sempre più ostici è il marchio di fabbrica della serie Monster Hunter e in Generations Ultimate niente è cambiato. Questo implica che, nonostante la prosecuzione della modalità singolo giocatore sia curata sia nei dialoghi che nella progressione dei luoghi visitati, lo spezzettamento dell’azione di gioco dettato dalle singole missioni si sente ma ci si fa l’abitudine dopo un po’, impegnati come si è a trovare il giusto mix di armi e armature per riuscire a fare la pelle al drago di turno.
Come per ogni Monster Hunter che si rispetti la longevità è elevatissima e densa di attimi di pura estasi ludica. A partire dalle prime missioni fino ad arrivare ai mostri di livello più alto il gioco offre una sfida progressiva e dal livello bilanciato purché si faccia i conti con il gameplay che di certo potrebbe trovare meno estimatori nei giocatori moderni rispetto a quelli più abituati alla vecchia scuola. Uno dei fattori che contraddistingue il gioco è la quantità di armi e armature che possono essere forgiate e create rappresenta da sola una sfida nella sfida oltre ad essere fonte di scintillio agli occhi quando si riesce a creare i set più decorati ed evocativi.
La caccia in Monster Hunter Generations Ultimate ha potenziali infinite declinazioni, anche grazie alle variabili di stile di combattimento e arti speciali. E tutto questo anche solo se ci si ferma alla modalità storia. Una volta entrati in rete e provato il multigiocatore con amici o giocatori casuali ci si rende conto di come ogni missione affrontata in singolo possa avere un sapore diverso se condivisa con i giocatori. E proprio la componente multiplayer si è dimostrata immensamente solida e eccellentemente strutturata al punto da poter essere giocata anche trascurando completamente la storia. Vero è che l’apice della sfida in cooperativa si raggiunge una volta sbloccate le missioni più avanzate e raggiunto un alto grado cacciatore (CG). Il bello di questo e di tutti i Monster Hunter è proprio la possibilità di affrontare il gioco con diversi livelli d’intensità ognuno soddisfacente e appagante.
Legno tra le mani e sassi ai piedi
Se siete esperti della serie potremmo racchiudere il gameplay con un nulla di nuovo sotto al sole. Come detto questo Monster Hunter è una summa di quello che i fan hanno apprezzato nel corso degli anni con poche, pochissime variazioni. Tenuto conto che è possibile trasferire il salvataggio delle versione 3DS del gioco con pochi passaggi, risulta chiaro che sia un naturale prolungamento di quest’ultimo e chi lo ha già in mano si renderà conto che esclusa una maggiore fluidità visiva tutto è rimasto sostanzialmente invariato.
Per chi invece fosse nuovo al genere o addirittura avesse come bagaglio personale solo il capitolo World c’è bisogno di un monito. Monster Hunter Generations Ultimate è legato a vecchi canoni tecnici. Nonostante infatti rispetto al passato l’azione di gioco abbia subito considerevoli miglioramenti in termini di rapidità, il gioco resta comunque ancorato alla legnosità tipica del passato. I movimenti sono lenti e pesanti per quasi la totalità delle armi e richiedono una buona dose di tempismo e di conoscenza del pattern di mosse dei mostri per evitare di svenire troppe volte e fallire così le missioni. Come in un gioco d’altri tempi camminare è faticoso, schivare non è una questione di quick-time event ma bravura, o fortuna in certi casi, e inanellare una combo richiede pazienza e abilità.
Un po’ come accade per Dark Souls (si nomina sempre lui in questi casi, ma stavolta un po’ più a giusta ragione) avere il pad tra le mani potrebbe portare a frustranti situazioni in cui non si comprende bene come si sia morti o come sia possibile non aver evitato un attacco. Lo spaesamento iniziale, che percepiscono anche i giocatori più navigati, dopo una decina di ore lascia il passo a tecniche e strategie di combattimento sempre più raffinate ed efficaci e alle appaganti emozioni di ogni vittoria.
Le dolenti texture
Come è riportato nella recensione breve in testa a questo articolo, il peso di questi pregi è controbilanciato da una serie di difetti tecnici sui quali alcuni potrebbero non sorvolare, altri meno. I modelli delle armi, delle armature e dei mostri sono a prima vista un piacere incommensurabile per gli occhi e nelle fasi più concitate del gioco sfugge quasi all’occhio la realtà di ciò che si ha davanti. Le texture del gioco sono un qualcosa di abominevolmente vetusto se paragonate con qualunque altra cosa si veda sulle nostre console oggi. In modalità portatile la cosa è accettabile, ma su TV è imbarazzante vedere quanto esse siano slavate e stirate. E come se non bastasse ci sono tutte le compenetrazioni di modelli tipiche della serie e le icone a grossi pixel del passato. Tutti questi difetti non permettono di godere in maniera soddisfacente delle atmosfere eccellenti del gioco e mostrano il fianco a critiche per nulla obiettabili sulla qualità della realizzazione.
Un vero peccato considerando quanto piacevole sia immergersi nell’azione e quanto sia altrettanto piacevole lasciarsi cullare dalla colonna sonora del gioco che molte volte spiazza per la delicatezza con cui sottolinea alcuni scorci di paesaggio e per il ritmo netto con cui circonda le fasi più concitate. Come detto all’inizio su entrambi i bracci della bilancia di valutazione di Monster Hunter Generations Ultimate pesano macigni pensanti. Pregi e difetti sono tanto gravosi quanto in contrasto tra di loro e basta dare più peso ad un aspetto o all’altro, ai contenuti o alla grafica, che la valutazione cambia in maniera radicale. A mio avvisto Monster Hunter Generations Ultimate va visto e vissuto con il cuore più che con gli occhi. Va apprezzato il porting da 3DS e che sia arrivato in Europa su Nintendo Switch nonostante World. Va considerato come l’ultimo baluardo di quello che è il vecchio corso della serie di Capcom.