“Dovevamo imbarcarci per le meravigliose terre di Northgard: ricchezze, conquista e gloria ci attendevano in questo misterioso continente.”
E quando mai.
Vichinghi perduti
E in più di un senso – il gioco si apre col nostro protagonista pugnalato quasi a morte, suo padre ucciso, i suoi alleati macellati e i simboli del suo prestigio trafugati. Non esattamente la migliore delle giornate per il figlio del re dei vichinghi, ma ci sono i giorni ‘no’.
Il plot hook è piuttosto prevedibile, tutto sommato – ‘il tizio cattivo ha fatto cose cattive, vai a menarlo’. Un classico non solo nella narrativa degli RTS ma in generale, ma nonostante la premessa non sia eclatante Northgard non se la cava male sul fronte dello storytelling, dispensando oltre ad un’adeguatamente nordica voce narrante e ottime illustrazioni dipinte a mano anche alcune sorprese.
La sorpresa maggiore, però, non viene tanto dalla storia quanto da Northgard stesso.
Ceci n’est pas une RTS
O almeno, non soltanto.
Quando si dice RTS – Real Time Strategy – i titoli cui si pensa di solito sono Starcraft, Warcraft, Command and Conquer e così via. Non si pensa male, sia chiaro, quelli sono i nomi più prestigiosi e venerati per ottime ragioni, ma ci si dimentica spesso che il genere non si esaurisce lì, negli scontri di vasti numeri di unità e nelle corse frenetiche alle risorse.
Una delle serie che si è discostata maggiormente da quella impostazione è stata Settlers, in cui il gameplay era una curiosa via di mezzo tra un gestionale e un RTS vero e proprio, dove il nemico principale non era tanto l’orda nemica in arrivo quanto le proprie decisioni sbagliate e l’obiettivo primario proteggere e accrescere la gloria della propria gente piuttosto che schiacciare il nemico. Scontri di civiltà più che di armate, si potrebbe dire, in una maniera vagamente reminiscente dei Civilizations.
Settlers non è mai ascesa alle vette della popolarità, in parte proprio in virtù della sua diversità dallo stile degli RTS dell’epoca (fine ’90 – inizi ’00) e in parte per problemi propri, primo tra tutti il suo essere pressochè incomprensibile senza un manuale – ma il germe dell’idea è rimasto, e in epoche più recenti alcuni titoli hanno cercato di resuscitarlo.
Northgard lo fa con spettacolare successo, senza commettere gli errori del suo precursore e aggiornando la formula.
Imparate le giuste lezioni
Per chi è familiare con The Settlers, i concetti alla base di Northgard saranno immediatamente familiari: partendo da una manciata di popolani, un paio di edifici e un pugno di risorse, fai fiorire il tuo clan aumentando la popolazione, espandendo il territorio, costruendo nuove strutture, procacciando cibo, estraendo minerali, commerciando e razziando (è di Vichinghi che si parla, alla fine).
Il distacco più evidente dallo stile tradizionale degli RTS è il concetto del territorio. Se in Starcraft le unità possono circolare liberamente ed è possibile edificare strutture pressoché ovunque, senza particolari limiti oltre a quelli imposti dalle risorse, in Northgard è prima necessario controllare il territorio – che non è soltanto un modo per riferirsi alla portata delle proprie forze, ma una vera e propria regione di mappa che va conquistata prima che se ne possa fare uso.
Conquistare costa risorse, costruire edifici per avere una rendita dal territorio costa altre risorse, proteggerlo da potenziali aggressori (belve feroci, mostri o altri clan) anche – e tutto questo senza contare il dover stare attenti alle proprie riserve, assicurandosi di avere abbastanza cibo, legname e denaro per poter mantenere il clan durante i rigori dell’inverno e/o gli eventi randomici che gettano bastoni fra le ruote.
È in questo attento gioco di bilanciamento tra espansione e mantenimento che sta la vera difficoltà di Northgard, più che negli obiettivi di missione o nel combattimento.
Raidin’ on the storm
Al proposito…
Come prevedibile per un gioco che si concentra sul macro- più che sul micro-management, il combattimento è piuttosto semplicistico. Con soli quattro tipi di unità dai ruoli ben definiti e prive di abilità attivabili vere e proprie, la maggior parte degli ingaggi è vinta da chi ha più gente o cicla meglio le truppe ferite, o ha le ricerche (o i clan, alcuni sono più versati in quest’area rispetto che altre) migliori per lo sfondare facce.
Non è necessariamente un male, questo. Può deludere gli amanti delle grandi giocate di RTS tradizionali o magari dei MOBA, ma i nemici tendono ad essere aggressivi ed è un sistema comunque piuttosto elegante e semplice che rimane importante senza sottrarre attenzione all’aspetto gestionale.
È un’eleganza e semplicità che si vede anche nell’ottima campagna di Northgard.
Di nuovo, la storia non è un capolavoro di narrativa ma è più che gradevole, e come campagna assolve i due compiti fondamentali di ogni campagna di ogni RTS – insegnare le meccaniche del gioco in vista delle partite ‘normali’ e offrire esperienze che le partite ‘normali’ non potrebbero dare.
Gare contro il tempo, guerre commerciali, battaglie di conquista dure e pure, protezione di alleati, eccetera; Northgard trova molte maniere per variegare la sua campagna senza risultare frustrante o noioso, ed è aiutato in questo sia da uno stile grafico colorato e leggermente ‘cartoonoso’ che tende a non stancare, sia da musica di gusto folk scandinavo a media intensità, perfetta per concentrarsi e immergersi nelle vesti di Thane.
Gloria e onore
In conclusione,
Northgard è una gemma pressoché unica tra gli RTS, sia per personalità che gameplay, e merita pienamente il suo costo.
Che le sue lodi siano cantate dagli Skald per anni a venire!