Disagio e angoscia, sono le due sensazione che mi hanno accompagnato per buona parte della mia breve avventura in The Bunker. Perché il gioco fa leva su alcune tematiche complesse, sconcertanti e spaventose che riesumano nell’animo umano paure ancestrali e incontrollabili in un crescendo di situazioni sempre più difficili da sostenere.
L’inizio lento parla di una routine monotona ma allo stesso tempo inquietante per la sua lontananza dal mondo che tutti conosciamo, ma essa lascia presto il passo ad una corsa angosciante per la salvezza del protagonista del quale decideremo le azioni. Senza fare alcuno spoiler, che altrimenti rovinerebbe l’intera esperienza di gioco, possiamo dire che i temi trattati dal gioco spaziano dagli affetti familiari, così forti da portare a scelte impensabili, ai crimini di guerra passando per la paura dell’ignoto e della solitudine. Una girandola di emozioni e terrificanti sensazioni che attraverseranno un po’ alla volta la mente e il cuore del protagonista, nato e cresciuto nel bunker, che si ritrova suo malgrado a dover affrontare in totale solitudine un percorso di salvezza non solo per il suo corpo, ma anche per la sua mente.
Proprio nella resa di tutta l’evoluzione del personaggio principale si palesa il pregevole taglio cinematografico della produzione di Splendy Interactive e Wales Interactive con tutta la sua forza espressiva. Non è un gioco completamente in prima persona, né visto interamente dall’esterno, ma le scelte di regia mettono tantissimo l’accento sul patos di un luogo, il bunker, sconosciuto, silenzioso e infido che metterà alla prova la forza di volontà e l’istinto di sopravvivenza. Un susseguirsi di immagini che per certi versi ricordano il terrore avuto negli angoli ciechi e nell’apertura delle porte del primo Resident Evil.
Dai primi e incerti passi fuori dalla propria stanza fino alla fine del suo viaggio, il protagonista affronterà i drammi di quella residenza forzata e del suo crollo, il tutto contornato da uno scenario apocalittico e distopico ambientato durante la guerra fredda. Grazie ad una serie di flashback i lati oscuri della trama arriveranno ad essere luminosi pur restando strettamente vincolati alla vita all’interno del bunker e accennando solamente all’orrore che può esserci fuori dalle paratie del rifugio.
Il cast da grande schermo
C’è da ammettere che The Bunker può vantare una serie di nomi di valore per quel che riguarda gli attori che hanno preso parte al progetto, a cominciare dal protagonista Adam Brown (già visto nella trilogia del “Lo Hobbit”) e dall’attrice che impersona sua madre Sarah Greene (vista nella serie Penny Dreadful) più tutta una serie, per la verità non eccessivamente nutrita, di altri attori dalle qualità notevoli che sono riusciti a trasportare in questo live action game tutto quel pudding (visto che è una produzione britannica) di tematiche e sensazioni di cui abbiamo parlato.
Quello che stupisce è quanto il regista Allan Plenderleith sia riuscito a coniugare il complesso reticolato di vincoli necessari per l’interazione con il pad, con la tensione e adrenalina tipiche di un film horror-thriller di ottima fattura. The Bunker riesce a trasmettere sensazione forti e dure e senza filtro e con una buona dose di immedesimazione tanto che in alcuni casi sono stato costretto a mettere in pausa e lasciare il gioco per riprendere contatto con la realtà, un fattore per me strano considerata la brevità dell’esperienza (poco più di 3 ore).
Tanto sonoro, poca interazione… ma “toccante”
Il gioco consiglia fin dal principio di usare delle cuffie per immergersi ancor di più nell’atmosfera cupa e violenta del gioco. Un consiglio che sento di dare anche io visto che il comparto sonoro è affine alla qualità cinematografica delle immagini proposte. La colonna sonora passa senza timore da sincopate campionature industriali distorte a morbide carezze sui tasti del pianoforte per i momenti più malinconici. Unico neo di questo ambito è il mixaggio che in alcuni casi copre le voci degli attori con troppa preponderanza. Un fattore importante se si riesce a masticare l’inglese e si riescono a trascurare i sottotitoli (in italiano).
Purtroppo tutto il gran lavoro fatto per The Bunker si arena davanti a comandi minimali e per nulla appaganti. Il tutto si riduce ad un semplice posizionare il puntatore su punti specifici dello schermo e premere A. Un po’ poco anche per una avventura live action. Il risultato è che ogni pressione dei tasti sembra più simile ad un mandare avanti il film più che ad una interazione vera e propria.
Il gioco, già uscito su altre piattaforme, ottiene da questo porting su Nintendo Switch, che abbiamo avuto modo di provare, un punto in più a favore grazie ai comandi touch screen in modalità portatile che rendono il gameplay di gioco meno freddo. Peccato che la loro calibratura non sia perfetta rendendo in qualche caso difficile essere precisi nel completamento di una azione.
Come detto nella recensione breve, The Bunker non è un gioco ma un cinematografico viaggio in una piccola storia distopica che trasporta un bagaglio di tematiche crude e mostra una grande cura per la direzione artistica. Un gioco-non-gioco non adatto certo a tutti men che meno a chi vuole che il pad si infiammi tra le mani per le tante azioni da compiere. Una esperienza che toccherà molte corde del nostro animo soprattutto se provata in questa versione per la console ibrida di Nintendo.