Recensione Completa
Non si può sfuggire alla legge, ma si può sfuggire dalle sue punizioni. È un po’ questo il leitmotiv di questo The Escapist 2, sviluppato da Moudly Toof Studios sotto etichetta Team 17, che si propone come un sandbox ambientato dietro gli alti muri di una prigione (più prigioni a dire il vero) con il nostro alter ego che cerca di crearsi una via di fuga e nell’attesa di sviluppare al meglio la propria esperienza da carcerato.
Il gioco parte subito con un breve ma sufficientemente esaustivo tutorial che rapidamente ci spiega l’obiettivo finale del gioco: sfuggire alla gabbia. Ma appena si mette piede fuori dal percorso guidato di questa spiegazione iniziale appare chiaro come il gioco proponga tanta libertà che quasi sembra essere eccessiva.
Parlare di libertà in un gioco ambientato in prigione pare un controsenso, ma è esplicativo di quanto poco il gioco ci guidi verso l’obiettivo e ci dia un totale controllo sulle nostre azioni e missioni all’interno del gioco. Saranno davvero pochi gli obblighi ai quali dovremo ottemperare durante il susseguirsi di brevi giornate e che si possono riassumere con gli appelli, i pasti, gli allenamenti e le docce.
Costruisci la tua fuga
Fuori da questi compiti avremo il cosiddetto tempo libero nel quale saremo fuori dalla cella e potremo davvero gironzolare liberamente per le aree comuni e perfino gli “alloggi” degli altri detenuti. Questa autonomia concessaci sarà necessaria per compiere le due azioni principali con le quali si riassume il gioco: completare gli incarichi/missioni secondarie e recuperare i materiali/oggetti necessari alla fuga.
E in effetti sarà questa ricerca perenne di mansioni e “lavoretti” sarà indispensabile per acquistare dagli altri abitanti del centro di detenzione i materiali per progettare e sviluppare la nostra fuga. C’è da dire che in alcuni frangenti la libertà all’inventiva per la pianificazione della fuga avrebbe meritato un po’ più di suggerimenti o almeno di step progressivi tra i quali scegliere in un albero di possibilità. Senza considerare che dovremmo potenziare con varie attività quotidiane sia il nostro fisico che la nostra mente per avere le conoscenze necessarie a usare o creare gli oggetti più utili.
La disperata ricerca di materiale avrà come obiettivo finale quello della costruzione e utilizzo di oggetti quali picconi e altri accessori che ci aiuteranno a superare i vari problemi che si affronteranno nella realizzazione del piano di evasione. Il ventaglio di possibilità messe in mano ai noi giocatori renderà ogni partita di lunghezza variabile a seconda di quanto saremo bravi a superare le avversità e capire bene come evitare i turni di guardia dei secondini.
Peccato che la longevità del gioco sia minata da una ripetitività e mancanza di plot intriganti che in alcuni frangenti rendono il gioco un po’ monotono e privo del mordente necessario e desiderare di giocarlo per più di una mezz’ora alla volta.
I pixel dietro le sbarre
Sotto il profilo della realizzazione tecnica il gioco invece appare quasi impeccabile nella sua realizzazione. La visuale dall’alto con alcuni elementi appiattiti ed altri più tridimensionali propone uno spaccato con vista dall’alto delle differenti prigioni senza lasciare alcun angolo di oggetto nascosto alla vista. Per di più la gestione della mappa è impeccabile, mostrando non solo le aree visibili, ma anche i livelli sotterranei e superiori guidando ai vari obiettivi con una semplicità e naturalezza che permetterà di completare gli incarichi assegnatici dagli altri carcerati con relativa semplicità.
Lo stile pixel art si esprime al meglio anche nella realizzazione dei personaggi che con pochi tocchi di colore e piccoli tratti distintivi riescono a rendere ogni NPC una sua connotazione distintiva che si fa apprezzare restando comunque abbastanza attuale. Unico neo sono le fasi di eccessivo affollamento nelle quale le icone sui vari personaggi e gli oggetti si sovrappongono generando un po’ di confusione.
Aspetto particolarmente apprezzabile invece è il testo a schermo in italiano che permette di godere tutto il gioco senza alcun patimento da traduzione difficoltosa anche se in modalità portatile le scritte appaiono davvero troppo piccole in alcuni casi. Parlando di modalità portatile la possibilità di portarsi in giro il gioco con Nintendo Switch è perfetta per trovare ogni occasione buona per rubare 20 minuti per una partita a patto di fare i conti con una dimensione dello schermo che fa perdere qualche dettaglio molto più apprezzabile in modalità dock.
Il sottofondo musicale si mostra presenta come una lineare traccia pulita e senza esaltanti passaggi che si mischia con un nugolo di suoni dall’atmosfera retro che accompagnano bene i movimenti.
Purtroppo come già detto in più di una occasione, il gioco non è adatto a lunghe sessione o ad un uso continuato nel tempo poiché troppo facilmente si rischia di finire nel vortice della routine della prigione perdendo di vista l’obiettivo finale o peggio finendo per affrettare troppo i tempi della fuga.