Un po’ di storia non fa mai male, soprattutto se si tratta di storia videoludica, quella che non annoia quasi mai.
Dietro a The Evil Within c’è il geniale e carismatico Shinji Mikami che come tutti sappiamo è il papà di Resident Evil. Mikami ha seguito la saga Biohazard fino al quarto capitolo per poi dedicarsi a qualcosa di nuovo, diverso.
Fu così che nacque il primo The Evil Within spaccando letteralmente in due la critica ed i giocatori. Per molti fu un piccolo capolavoro, un nuovo inizio per un genere, quello horror, che ristagnava in cliché ed elementi già visti. Dall’altra il basso livello tecnico ed un engine, l’id Tech Engine mal ottimizzato, fu oggetto di ampie critiche.
The Evil Within si presentò come un horror psicologicamente distorto e macabro trasformando quel concetto trito e ritrito di paura in un viaggio mentale degenerato carico di orrore fisico e ribrezzo.
A due anni di distanza dal rilascio del primo episodio il team di sviluppo, Tango GamesWork, torna con un sequel che deve per forza di cose confrontarsi con un Resident Evil 7. Nonostante la mia esperienza da B Movie con il VR, il titolo di Capcom ha rilanciato alla grande sia il suo brand che il concetto stesso di horror nei videogiochi.
The Evil Within 2 riesce in un qual modo a prendere le distanze dal gioco Capcom ed a ritagliarsi la sua nicchia. Quanto è grande quest’ultima e quanti giocatori può ospitare ve lo spiegheremo accompagnati da Sebastian Castellanos.
A volte ritornano…
La storia prende inizio tre anni dopo le vicende del Beacon Mental Hospital. Sebastian Castellanos, ormai ex-detective della polizia di Krimson City, non riesce a dimenticare la sua terrificante esperienza nello STEM, un sistema che consente di unire le menti di diversi individui. La morte della figlia Lily e la separazione con sua moglie sono solo la punta dell’iceberg di una persona che è a tutti gli effetti mentalmente instabile.
Sebastian, come la maggior parte degli uomini in cui la vita è andata a rotoli, si rifugia nell’alcol fino a quando Julie Kidman gli rivela che la figlia è ancora viva, ed è stata utilizzata come Nucleo dello STEM per creare una città immaginaria chiamata Union. Il barlume di speranza che si riaccende nel ex detective dura poco perché di fatto la figlia è intrappolata in essa.
Sebastian dovrà quindi tornare in quel mondo raccapricciante per salvare sua figlia in un nuovo viaggio al cardiopalma nel quale dovremo affrontare avversità di ogni tipo.
Narrativamente parlando Evil Within 2 è quindi una continuazione diretta delle vicende vissute dal protagonista, ma cambia l’obbiettivo che spinge quest’ultimo a riaffrontare le sue più profonde paure. Nonostante a volte vengano a mancare figure carismatiche ed interessanti colpi di scena, nella sua totalità la storia è ben costruita e dettagliata, apprezzabile per il taglio registico “gore”.
Capcom? No Bethesda
Il gioco si avvale di una visuale in terza persona, con telecamera dietro le spalle ed una certa libertà di movimenti.
Il nostro protagonista non sarà più legnoso ed impacciato come nel primo capitolo godendo di un più ampio dinamismo nonostante permanga uno stile “old School”. Per quelli che sono pronti a lanciarsi tra le strade di Union senza troppi indugi è giusto avvisare che nelle prime ore di gioco dovremo procedere lentamente. La barra che rappresenta la “stamina”, l’energia per attaccare e scattare, sarà molto limitata. Dovremo quindi valutare bene le azioni da fare e come ingaggiare il nemico considerando che, sempre nelle prime battute di gioco, saremo scarsamente armati.
Muoverci nella cittadina di Union non sarà facile e dovremo affrontare il gioco in maniera decisamente anonima nelle prime sessioni, scontrandoci con nemici solo se necessario. Ad aiutarci arriva quindi una struttura che abbandona quasi del tutto la linearità del primo capitolo per costruire un modo esplorabile con elementi quasi sandbox.
Non avremo però un free roaming open world, ma una struttura che ci permetterà di scegliere al meglio il percorso da intraprendere. Union infatti nasconde in ogni suo anfratto segreti da scoprire, ma raggiungibili solo con l’apposita radio della Mobius quando riesce ad intercettarne i segnali. La linearità presente nel primo capitolo viene spezzata portando il giocatore a muoversi diversamente nella mappa e quindi nella storia del gioco.
The Evil Within 2 è un survival horror e la ricerca di munizioni e materiale per la sopravvivenza risulterà quindi cruciale.
Come detto avremo a disposizione delle armi da fuoco e queste sono reperibili con delle piccole attività secondarie utili anche per chi è alla ricerca di collezionabili o avere più dettagli sulla trama del gioco.
Intercettando i così detti “Punti Risonanza” potremo scovare magazzini di armi ricchi di consumabili per il crafting, oppure luoghi ben più pericolosi che premieranno la risolutezza del giocatore con una nuova arma da aggiungere all’inventario.
Non mancheranno i rifugi al cui interno Sebastian potrà rifocillare la propria salute, potenziare le sue abilità o dedicarsi al crafting di nuovi oggetti. Potremo anche allenarci nel poligono di tiro sbloccando risorse aggiuntive per l’inventario. Per ovvie ragioni anche i rifugi dovranno essere scoperti ma una volta entrati potremo salvare manualmente i progressi di gioco.
I combattimenti di per sé non fanno gridare al miracolo, il combat system è ben strutturato ma gli impedimenti ai primi livelli rallenteranno la sua assimilazione. Una volta pronti di fatto ad affrontare i nemici potremo gestire gli scontri sfruttando anche l’ambiente circostante.
Un esempio sono le pozzanghere d’acqua da elettrificate con i dardi elettrici o sparare ai bidoni della benzina per bruciare tutte le creature presenti nel raggio d’azione. Potremo anche evitare gli scontri utilizzando elementi della città per distrarre i nostri nemici, utile ai primi livelli per evitare scontri diretti, e raggiungere i nostri obiettivi. In questi casi anche l’utilizzo di coltelli o accette, quest’ultime utilizzabili una sola volta, potranno far comodo per uccidere senza fare troppo rumore.
Per quanto concerne l’avanzamento delle abilità del nostro ex-poliziotto avremo a disposizione un sistema ereditato dal primo capitolo. A schermo avremo quindi un ramificato albero che ci permetterà di migliorare le nostre statistiche tra cui salute e stamina e nuove abilità.
Per avanzare in uno dei rami che decidiamo dovremo usare la melma verde recuperata dai cadaveri dei mostri. Anche qui dovremo munirci di sana pazienza dato che la progressione sarà lenta ma ogni punto abilità guadagnato sarà meritato. Il miglioramento delle nostre attrezzature sarà essenziale per muoverci più velocemente nella città, consigliato dedicarsi al crafting fin dalle prime ore di gioco.
Tecnicamente migliore, ma…
The Evil Within non è mai stato ricordato per le sue qualità tecniche. Anzi il team di sviluppo, Tango Gameswork, riuscì ad impacchettare un prodotto finale al limite dell’accettabile. L’engine grafico, ID Tech di Bethesda, fu un autentico “mattone” da far girare sui nostri PC di casa, mentre su console il gioco collassava spesso a livello di framerate. Il tutto considerando che il gioco aveva un aspect ratio 2.5:1, ovvero le bande nere sopra e sotto le immagini come nei vecchi film.
Con il secondo capitolo possiamo confermare che la situazione è migliorata, il titolo è godibile sotto quasi tutti i punti di vista nonostante alcuni problemi con il motore di gioco permangono. Sparite le bande nere gli elementi che non funzionano rimangono le animazioni, a tratti ancora ingessate, e bug evidenti nelle collisioni. Il framerate non è ancora a livelli ottimali ma non ci siamo più trovati in situazioni in cui era impossibile giocare come nel primo capitolo.
Gli scenari convincono e non convincono in maniera altalenante per tutto il gioco. A migliorare la situazione avremo dei modelli di buona fattura ed una buona gestione delle luci.
A tema i menù di gioco con la possibilità di scegliere tre livelli di difficoltà: inesperto, sopravvivenza ed incubo. Quest’ultimo per ovvie ragione è consigliabile solo per chi vuole cimentarsi in una vera e propria sfida.
Apprezzabile il lavoro svolto sul comparto di campionature e musiche che accompagnano il procedere dell’avventura ma, per il tipo di gioco in cui l’atmosfera è quasi tutto, ci saremo aspettati qualcosa di più.
Chiude un buon doppiaggio in italiano anche se durante le nostre sessioni abbiamo preferito la locazione in lingua inglese.