La fiamma della sopravvivenza
The Flame in the Flood è un gioco nato dalle menti di alcuni sviluppatori che hanno lavorato a Bioshock, Rock Band ed Halo 2, i quali hanno deciso di realizzare questa loro idea attraverso una campagna di crowdfounding che ha decisamente riscontrato successo. Questo gioco indie, mostrato per la prima volta durante l’E3 2015, ha subito catturato l’attenzione di molti giocatori per via del suo particolare aspetto. Alla data di rilascio, noi l’abbiamo giocato per portarvi una recensione, perciò avventuriamoci tutti insieme in questa avventura scandita dalla natura e dalla musica folk!
Survival selvaggio
Durante la nostra esperienza di gioco, controlleremo una ragazza, chiamata semplicemente Scout, accompagnata dal cane Aesop. I due dovranno cercare di sopravvivere in un ambiente ostile che cambierà ogni volta che faremo una nuova partita, rendendo de facto questo titolo un rogue like survival.
Il nostro obiettivo principale sarà quello di proteggere la giovane ragazza dai pericoli del mondo, cercando inoltre di soddisfare i suoi bisogni primari. Per far ciò, in basso allo schermo saranno presenti alcuni indicatori che ci terranno sempre aggiornati sullo status del nostro personaggio, in modo da poter tenere sotto controllo eventuali cali di statistiche. Attorno a questa meccanica ruoterà l’intero gioco.
Per la maggior parte del tempo, infatti, ci troveremo a vagare per cercare cibo, acqua, un riparo e poco altro, senza ulteriori motivi, come potrebbero essere, per esempio, l’esplorazione o il raggiungimento di alcuni punti di interesse. Questo renderà il gioco molto ripetitivo alla lunga, facendo diventare l’intera esperienza solo una gara contro noi stessi nel cercare di far sopravvivere più a lungo il nostro alter-ego, nonché frustrante quando ciò risulterà quasi impossibile per varie ragioni che spiegheremo nei paragrafi successivi.
Il nostro mezzo di trasporto tra un’area e un’altra sarà una zattera. Usandola, percorreremo le correnti del fiume per raggiungere nuove zone che più o meno ripetono lo stesso pattern con qualche piccola variazione sul tema. Questa meccanica, per quanto originale, presenta diversi problemi. In primo luogo le correnti del fiume sono totalmente arbitrarie e molte volte non riuscirete a raggiungere un determinato punto perché, nonostante le acque siano calme, potrete muovervi solo in avanti o leggermente in diagonale. Il che è fastidioso quando vorrete attraccare in un’area di cui avete urgente bisogno, ma il design del fiume ve lo proibisce, anche a costo di rompere le leggi della fisica.
Inoltre, e qui sta il secondo problema, se sbagliate a fare qualche movimento la vostra zattera si danneggerà un bel po’, e nel peggiore dei casi potrebbe essere anche distrutta. Questo si accoppia tremendamente con la meccanica piuttosto irritante del fiume, creando una combinazione crudele quando non riuscirete a raggiungere la vostra meta e verrete sbattuti sulla roccia più vicina subendo ingenti danni. Questi difetti fanno capire che alla fine, l’elemento chiave del gioco, il cosiddetto Flood, risulta uno dei punti negativi più grandi.
La nostra Scout sarà dotata di uno zaino con 12 slot, più 6 di quelli di Aesop, più altri accessibili solo tramite la zattera. Nei primi 10 minuti di gameplay. avrete già riempito tutto il vostro inventario senza alcun problema. Molte cose saranno edibili, certo, ma numerose altre serviranno solo per creare nuovi oggetti attraverso le meccaniche di crafting. Proprio per l’ottimo sistema di crafting, sarebbe stato necessario possedere più spazio nella propria borsa, sopratutto considerando che il 70% degli oggetti che vi porterete appresso saranno sassi e erbe. Questo limite d’inventario mozza completamente ogni tentativo di creare nuovi materiali attraverso le meccaniche del gioco, sempre che non siate fortunati e non trovate precisamente quelli che vi servono, ma di certo non ci si può aspettare che il giocatore continui a resettare il gioco fino a quando non riceve la benedizione della dea bendata. Ovviamente la limitatezza dello spazio si scontra con alcuni incarichi che riceveremo, i quali ci richiederanno di costruire determinate cose per avere delle ricompense, che il più delle volte non potremo prendere perhéè, appunto, non ci sarà spazio sufficiente. Una nota positiva è che sia l’inventario del nostro compagno animale, sia quello della zattera, saranno trasportati da un personaggio all’altro oltre la morte. Questo perché, durante il gameover, l’unica a morire sarà proprio la nostra tenera Scout, mentre Aesop sarà così gentile da andare a cercare un’altra ragazza da poter accompagnare nella difficoltosa sopravvivenza.
Le aree visitabili sono varie e passano dal bosco semplice, al campeggio abbandonato, alla chiesa diroccata e così via. Tuttavia, come abbiamo già accennato, risultano spesso quasi tutte uguali se non con qualche piccolo elemento di differenza, il che non si accompagna bene con l’atmosfera rurale del titolo, visto che percorrendo un fiume con dell’ottima musica folk ci si aspetterebbe un viaggio ricco di nuovi posti da visitare. Del resto è proprio questa l’ambientazione che dovrebbe dare The Flame in the Flood. Purtroppo la ripetitività, sia del gameplay che delle aree terrestri, annulla completamente ogni idea concepita dagli sviluppatori riguardo il feeling del vasto mondo naturale delle zone verdi americane, tagliando quella piccola immersione che il giocatore poteva provare.
L’ultimo aspetto dolente riguarda gli animali selvaggi. Nel gioco sono presenti diverse minacce a cui dovremo stare attenti: il cinghiale, che è il più innocuo in quanto ci lascerà stare dopo un po’, il lupo, che invece ci seguirà fino a sbranarci, ed infine l’orso, il quale vuole dire morte certa. Ora, per difenderci da queste bestie selvagge, potremo usare delle trappole che dovremo piazzare prima in modo accurato. Questo cosa significa? Che, ovviamente, avremo bisogno di tempo per prepararle, così come avremo bisogno di preziosi attimi per scoccare frecce con l’arco. Purtroppo per noi gli animali in questo gioco, sopratutto di notte, sono i più feroci mai visti sulla faccia della terra e ci seguiranno fino a quando non saremo diventati la loro cena, sopratutto i lupi, i quali sembrano usciti direttamente da “The Grey”, e vi ricordo che in quel film anche Liam Neeson non poteva fare molto contro di loro. La loro potenza annulla qualsiasi tattica difensiva noi apportiamo, sopratutto quando effettivamente non ne avremo, dato che le trappole e le armi richiedono molte risorse che non potranno essere raccolte se non sacrificando prezioso spazio nell’inventario. L’orso ovviamente, in questo gioco, rappresenta il tristo mietitore ed incontrarlo conduce ad una fine brutale e dolorosa.
In The Flame in the Flood sono presenti due modalità: una è la “Story Mode”, che permette di vivere una piccola parvenza di trama attraverso alcuni incarichi specifici, sempre se riuscirete a sopravvivere abbastanza a lungo. L’altra è la “Endless Mode” dove semplicemente dovremo continuare a sopravvivere il più a lungo possibile.
I colori del tramonto
Passando al comparto tecnico, troviamo un eccellente lavoro fatto nella realizzazione della grafica. Seppur minimale nei suoi elementi, con uno stile simil-disegnato che ricorda i bozzetti di Tim Burton, il gioco rende bene l’idea delle aree boschive americane, colorando il tutto con diversi colori vivaci che, insieme all’ottima soundtrack folk, creano un’eccellente atmosfera di relax , realizzando quel feeling che si può avere quando si osservano dei bei paesaggi ricchi di verde. Purtroppo però, la musica si riproduce a singhiozzo molte volte, regalando intere canzoni una dietro l’altra per passare poi al silenzio assoluto senza alcuna ragione logica, il che è un vero peccato data l’eccellente qualità dei brani realizzati.
Se non fosse per il comparto tecnico, non ci sarebbe stato nulla a mitigare la frustrazione che il gioco può regalare in alcuni suoi elementi di gameplay. E’ proprio questa ambientazione che rende speciale l’esperienza di The Flame in the Flood, se non l’unico elemento che lo differenzia da altri giochi survival sul mercato.
Chiudendo l’avventura
The Flame in the Flood risulta un titolo che ha degli aspetti negativi piuttosto importanti nell’intera esperienza di gioco, riuscendo perfino a mozzare le numerose parti buone che esso ha da offrire. Al momento ci sono degli elementi che rendono il survival decisamente punitivo a livello di design scelto, il che va a cozzare contro l’ambientazione che la grafica ed il sonoro si propongono di dare. Con questo però non possiamo dire che abbiamo di fronte a noi un pessimo gioco, infatti sicuramente sarà adatto a chi sta cercando una sfida vera e propria e vuole concentrarsi solamente su quella piuttosto che guardare al quadro complessivo di ciò che sta giocando.
Infine, The Flame in the Flood aveva un’ottima idea dietro di se, un’ottimo team e tante belle premesse, ma la realizzazione è stata decisamente qualcosa che non ha soddisfatto appieno ciò che ci si può aspettare da un titolo del genere.