Agosto e settembre si stanno rivelando dei mesi eccezionali per l’industria italiana, prima abbiamo riso tantissimo con il meraviglioso e scanzonato Mario + Rabbids Kingdom Battle di Ubisoft Milano e successivamente ci siamo emozionati con il quadro dipinto da Ovosonico: Last Day of June. Davide Soliani e Massimo Guarini hanno dimostrato che l’Italia dei videogiochi c’è e funziona e lo dimostrano le diverse perle che abbiamo potuto ammirare in questi ultimi anni e soprattutto nel recente periodo.
Oggi ci distanziamo dai temi dei titoli sopracitati e vi raccontiamo The Land of Pain, avventura in prima persona a tinte horror, ideato e sviluppato da una sola persona: Alessandro Guzzo, uscito su Steam lo scorso 13 settembre. Il titolo è ispirato ai racconti dello scrittore H. P. Lovecraft e al suo cupo universo, governato dal semi-dio Cthulhu.
Una normale gita in montagna
Tutto inizia con una normale scampagnata tra le montagne, siamo un ragazzo senza nome e voce, pronto a passare un paio di giorni nella baita costruita da nostro padre. Una volta giunti, accendiamo il camino con i nostri fiammiferi e ci accingiamo ad andare a raccogliere un po’ d’acqua dal pozzo per passare la notte. Al nostro ritorno, un’enorme sfera luminosa appare poco fuori alla nostra amata capanna, incuriositi ci avviciniamo e decidiamo di toccarla, un senso di confusione e nausea ci colpisce e finiamo storditi in una foresta bucolica e tetra, all’interno di una strana gabbia, ove lo stile rispetto alla rigogliosa e luminosa boscaglia di prima è completamente mutata.
Non sappiamo dove siamo e perché siamo in questo luogo, ma una cosa è certa: dobbiamo tornare in qualche modo alla nostra amata casa tra le montagne. Inizia un viaggio terrificante, in un mondo ostile e governato da spaventose forze maligne. Una storia cupa, intrisa di mistero e capace di terrorizzare il giocatore dall’inizio alla fine, grazie anche a un costante senso di braccaggio che si prova nelle due ore per completarlo.
Riusciamo a scorgere in ogni metro che facciamo, l’atmosfera lovecraftiana, piena di riferimenti all’oscuro Cthulhu e al suo culto indesiderato. I documenti sparsi per tutto il titolo, riescono a raccontare in maniera semplice la vicenda in cui ci troviamo intrappolati e persino il protagonista pur essendo muto, riesce a farci immedesimare nel suo stato d’animo, attraverso una trascrizione dei suoi pensieri su un diario.
Leggi, corri, apri.
Essendo un’esperienza unicamente legata all’atmosfera e alla narrazione, le meccaniche di gameplay risultano poco approfondite in questo tipo di prodotti. The Land of Pain non è da meno e offre un’avventura lineare, assai semplice da seguire e da giocare. I puzzle ambientali presenti nel percorso sono poco velati e intuibili, spesso si riducono a cercare un determinato oggetto o chiave per continuare la storia, la quale vede la presenza costante di un’insana creatura, sempre pronta a darci la caccia e che ci costringe a correre e quindi a scappare più volte per poterci mettere in salvo, anche perché, non ci sono molte alternative, visto che siamo completamente disarmati e provvisti solo di una lanterna per poter illuminare il nostro viaggio.
L’intelligenza artificiale della suddetta aberrazione è poco acuta, difficilmente ci riesce a prendere per poterci uccidere, anche se è da ammettere che la sua persistente presenza aumenta notevolmente l’atmosfera e l’ansia generale prodotta, di conseguenza è facilmente intuibile che lo sviluppatore abbia deciso di inserirla più per aumentare la nostra preoccupazione e farci cadere in un perseverante senso di inquietudine, piuttosto che per aumentare il livello di difficoltà.
Tutto ciò che ci circonda non è interattivo, questo può essere considerata l’unica vera nota dolente di un titolo che presenta comunque delle aree di gioco piuttosto ampie, seppur ben delineate. L’unica cosa che possiamo “fare” è appunto, leggere le note presenti in giro per la foresta, le quali hanno lo scopo di raccontare in maniera piuttosto semplificata, la vicenda. C’è da specificare che il gioco è completamente in italiano, ma presenta diversi errori di battitura proprio nelle note.
Un impatto da tripla A
Alessandro Guzzo ha optato per l’utilizzo della tecnica della fotogrammetria, già utilizzata in diversi prodotti videoludici recenti, come Get Even. Unito a questo interessante processo, c’è l’utilizzo del sempre mai banale Cry Engine, il quale riesce a dare vita ad ambientazioni quasi fotorealistiche e garantendo un impatto visivo davvero impressionante. Un lavoro certosino che dimostra quanto questo motore grafico sia gestibile anche solo da una persona, considerando, inoltre, una certa qualità nell’ottimizzazione generale del prodotto.
Anche se la parte tecnica/grafica del titolo è impressionante, quello che ci ha colpito di più è stato sicuramente il sound design, chiaramente non sto parlando di “colonna sonora”, ma di vere e proprie tracce audio di altissima caratura e qualità che riescono, insieme alla creatura a all’ambientazione, a garantire quel giusto livello di angoscia presente nel titolo.
Immaginate di trovarvi al buio, solo con la vostra lanterna, improvvisamente appare la creatura, ma non sapete dove sia. L’ansia si fa sempre più pressante e la musica comincia a salire sempre di più, correte a destra e a manca, sapete di averla alle spalle, ma non quanto sia vicina a voi. Questa è una tipica situazione che viviamo all’interno di questa esperienza, un esempio che testimonia come l’ambientazione, l’audio e la creatura, opportunamente connesse fra loro, riescano a regalare un’atmosfera incredibile per il videogiocatore.