Non posso negare di aver provato uno strano senso di irrequietezza quando ho avviato per la prima volta The Lost Child. Ho scelto di arrivare privo di informazioni all’appuntamento con la recensione di questo titolo, sviluppato da Kadokawa Games e pubblicato da Nis America, per evitare di essere influenzato da preconcetti iniziale. I due nomi alle spalle di questo videogioco sono sinonimo di interessanti produzioni e con queste premesse mi sono preparato ad affrontare questa recensione.
Anime da angeli e demoni
Per gli amanti delle visual novel i primi passaggi di questo titolo sono realmente soddisfacenti e fanno prospettare per un prosieguo davvero incredibile quantomeno dello stile narrativo, spiccatamente orientato verso il manga orientale. E la fase narrativa procede verso questa direzione proponendoci una serie di dialoghi (solo in inglese ma di più non potevamo aspettarci) dalle linee semplici, ma con qualche climax molto gradevole nel corso dell’avventura.
Peccato che, dopo una fase inziale adibita ad ambientamento, il plot scopra quasi subito le sue carte. Un ignaro prescelto si trova nel pieno di una faida tra angeli e demoni che avviene sulla terra con la maggior parte della popolazione quasi ignara di ciò che sta accadendo. A questo Prescelto tocca il compito di salvare il mondo dalla catastrofe. Occulto, presenze misteriose, inquietanti figure, angeli e demoni. La trama di The Lost Child pesca a piene mani da miti fin troppo abusati e non lascia nella testa null’altro che qualche frammento di sceneggiatura discreto anche se guidato da esempi e predecessori abbastanza noti del panorama nipponico di genere. L’ambientazione è Tokyo naturalmente e quindi la cultura nipponica è il cardine attorno a cui ruota l’intera produzione e vista anche lo stile degli sprite non poteva essere altrimenti.
I cultori dei manga e anime si sazieranno grazie agli artwork dei personaggi realizzati con una cura e una qualità degna di una grande produzione. E questo anche se in alcuni casi il fan service di alcune angeliche entità ci faccia scappare uno scettico “Ma davvero?”. Una sensazione che comunque un appassionato cultore di questo tipo di contenuti non disdegnerà assolutamente. Queste permette alle fasi di intermezzo e cut scene farcite di dialoghi di superare l’esame anche se guardato con l’occhio del cultore di genere.
Labirinti cubici
Quando però è la fase di dungeon cralwer a dover mettersi in mostra arrivano le dolenti note. Lungi da quella che è la qualità messa in mostra dai suoi diretti concorrenti. The Lost Child mostra dungeon spigolosi e spogli nei quali la vena creativa sembra aver lasciato spazio ad un accademico compitino. Dalle strade incomprensibilmente deserte ai sotterranei anonimi l’esplorazione è davvero un elemento trascurabile e la scoperta, passo dopo passo, dei suoi misteri è molto trascurabile fino a sembrare più un sottile contenitore utile solo a contenere il gameplay.
Se si paragona il gioco con la serie Etrian Odyssey lo stacco di scenari e fondali è tale da far sembrare The Lost Child un esperimento di uno sviluppatore in erba. Quello che è peggio è che l’atmosfera generale di cupezza cozza tantissimo con i pochi elementi interattivi presenti nei dungeon che per essere riconoscibili hanno delle colorazioni neon e forme da logo fin troppo stilizzate. E questo è un peccato poiché i menu di gioco sono disegnati in maniera altrettanto curata degli spirite di gioco. La cesellatura forse è un po’ barocca e piena di orpelli in alcuni casi ma senza mai confondere il giocatore.
Alleati spiritelli
Ed è un peccato non avere un supporto valido per un gameplay che, nonostante la mancanza di reali innovazioni, riesce a regalare qualche spunto per una sfida incredibile. Grazie ad una particolare meccanica di cattura delle entità nemiche che si incontreranno per poterle poi schierare al proprio fianco. Quella lunga lista di demoni e angeli avranno i classici punti di forza e debolezza ad determinati elementi e tipi di attacchi. Una somma di tanti aspetti presi qua e là che trova comunque una amalgama valida e apprezzabile nella ventina di ora per portare a termine il gioco.
Purtroppo, come scritto in precedenza, il quadro d’insieme del gioco, nonostante alcune buone caratteristiche, è incerto ed espressamente pensato per un pubblico davvero ristretto di persone, in special modo The Lost Child risulta ideale per quei giocatori che fanno dell’animazione giapponese e della cura nella realizzazione estetica il loro maggiore punto d’attrattiva.