Partiamo da due premesse.
Uno, The Majesty of Colors Remastered è, come lascia supporre il nome, l’edizione rimasterizzata di un vecchio gioco creato nel 2008 per il game jam di TIGSource, “Commonplace Book Competition”, e i giochi per i game jam tendono ad essere brevi e relativamente semplici, più ‘esperienze’ e ‘proofs of concept’ che giochi tradizionalmente intesi.
Il nostro titolo non fa eccezione.
Due, qualunque prezzo superiore al ‘gratis’ è troppo per un gioco che può essere finito al 100% in meno di mezz’ora – per quanto carino possa essere.
You got the touch
Il concetto del gioco è semplice.
Una notte tu (il gioco parla in prima persona) sogni di essere un’enorme creatura tentacolosa degli abissi, più nello stile degli orrori Lovecraftiani che dei kraken delle storie dei pirati. Dopo aver passato un po’ di tempo a bearti della tua squamosa possenza realizzi che c’è qualcosa di bizzarro lassù, sopra e oltre la superficie dell’acqua.
Incuriosito e affascinato, decidi di estendere il tuo tentacolo e capire di che si tratti.
Il gioco in sé comincia con un clic sui palloncini e una trascinata oltre il pelo dell’acqua; e appena questo è avvicinato ai nostri occhi, comincia anche la nostra infatuazione con la Maestà dei Colori, mentre il gioco abbandona la tinta bianca e nera e lo sciabordio delle onde perde il suo suono ovattato, come se entrassimo realmente a far parte del mondo di sopra.
Un’apertura poetica questa, narrata da una prospettiva aliena e creativamente integrata nel gioco stesso, e che conduce presto ad una serie di eventi – un uomo su un’acquascooter ci si avvicina, ignaro della nostra presenza, e a seconda di ciò che faremo (prenderlo oppure affogarlo, non c’è la possibilità di ignorarlo e basta) la nostra relazione con quelle inusuali, piccole creaturine rosa cambierà.
Come fondamento per un gioco è molto solida e certamente cattura l’attenzione, spinge a voler vedere di più e provare di più, e tanto la semplice ma curata grafica pixel quanto gli effetti sonori contribuiscono all’immersione.
Il problema è che The Majesty of Colors non va mai oltre a quelle fondamenta.
You (don’t) have the power
A differenza di titoli simili, dove il gioco è essenzialmente toccare cose e vedere che succede e l’esperienza e il divertimento viene dallo sperimentare, dal cercare segreti, dal risolvere enigmi e dal venire sorpresi dal gioco – e nessun gioco lo ha fatto meglio di Please Don’t Touch Anything – qui non c’è abbastanza da sperimentare.
Se PDTA ha 25 finali diversi e una pletora di enigmi cervellotici e minigiochi da risolvere per arrivare a scoprirli tutti, The Majesty Of Colors ne ha solo cinque; se PDTA dà decine di modi per rendere il ‘cliccare cose’ qualcosa di più grande ed entusiasmante dell’atto in sé, The Majesty of Colors non espande, non cambia, non introduce nuove meccaniche.
Dall’inizio alla fine, rimane solo ed esclusivamente ‘trascinare cose’, e non ci sono abbastanza cose da trascinare o eventi da osservare da tenere l’attenzione per più di mezz’ora, tempo ampiamente sufficiente per sbloccare tutti i finali e disinstallare.
In conclusione, seppur carino The Majesty of Colors Remastered non presenta minimamente abbastanza materiale per il giocatore per poter dire più di questo – carino, sì, ma dov’è il resto?