Avere tra le mani un titolo come Thief, e doverne parlare con obiettività, non è di certo compito semplice. E’ innegabile infatti l’importanza assunta all’epoca, e poi nel tempo, dall’uscita del primo e originale titolo del 1998 – il cui odierno Thief è in pratica il quarto capitolo – realizzato dalla compianta Looking Glass Software, definendo in pratica il genere stealth.
Per affrontare oggi questa nuova incarnazione di Thief bisogna, per forza di cose, dimenticarne i progenitori (la trilogia si concluse nel 2004), figli dello stile di design e gameplay degli anni ’90, e anche altre uscite recenti che del genere hanno ridefinito i criteri (chi ha detto Dishonored?).
Dedicarsi al gioco con questa consapevolezza rende tutta la distanza da un’altra epoca videoludica, e incastona questa creazione di Eidos Montreal nel pieno dell’epoca presente, con tutti i suoi pregi e difetti.
ESSERE LADRI, OGGI
Thief ci fa rivestire ancora una volta i panni del ladro Garrett, impegnato a sgraffignare oggetti di valore (gioielli, documenti, rarità) da case e persone. Il prologo ci introduce in una Città il cui stile steampunkappena accennato è teatro di un misterioso morbo che miete vittime su vittime, presidiata in ogni angolo da guardie armate, ed è infatti su un carro pieno di cadaveri che riusciamo a entrarvi. Il nostro scopo, che rappresenta poi la quest line principale, sarà indagare su un oscuro rituale messo in piedi dal Barone – figura di potere della Città – nel quale perse la vita, quasi un anno prima dagli eventi narrati, la nostra protetta, la ladra Erin.
La Città è un posto tetro e oscuro, come ci si potrebbe immaginare, caratterizzata dai forti (e funzionali) contrasti tra luci e ombre, e all’interno di questa ci muoviamo, guardando in prima persona attraverso gli occhi di Garrett. Il gameplay è quasi del tutto rivolto allo stealth, e per la maggior parte del tempo ci troveremo a nasconderci nelle ombre, a camminare piano su superfici non rumorose e, soprattutto, a rubare tutto quello che ci capita a tiro.
Per ogni capitolo della narrazione sarà possibile aggirarsi per la Città alla ricerca di luoghi e persone da derubare, spesso assecondando anche il buon numero di missioni secondarie e spinti dalla voglia di trovare la maggior percentuale di bottino possibile. Il gioco è, sostanzialmente, tutto qui.
Sarà infatti molto raro che, una volta scoperti dalle guardie, vi troverete ad affrontare un combattimento, e questo per due motivi: il primo è relativo a un certo fastidioso senso di fallimento che si genera una volta scoperti; il secondo, che a noi più obiettivamente interessa, è che il combat system di Thief è a dir poco abbozzato. Una volta allertata una guardia, infatti, il combattimento si risolve in un loop di schivata e colpo. Poco anche dal punto di vista dell’efficacia, ed essere attorniati da più di una guardia vuol dire in fondo essere già morti. Più semplice la via della fuga o quella, appunto, del ricaricare dall’ultimo salvataggio.
UNA STORIA IN OMBRA
L’approccio stealth stesso, in fondo, a volte convince poco, o meglio non si discosta mai da sé stesso. Ogni zona, con i percorsi delle guardie e i vari elementi dell’ambiente che giocano a nostro favore o meno, viene affrontata solitamente provando e riprovando, finché non si apprendono i primi e i secondi.
In questo contesto, non brilla l’IA dei nemici che – quando non afflitti da sporadici glitch – spesso lascia a desiderare. Ad esempio, non vedendoci a distanza o angolazione imbarazzanti, oppure tornando a calmarsi dopo che abbiamo scatenato un inferno, solo perché siamo rimasti qualche minuto nell’ombra lì accanto.
Gli stessi problemi affliggono anche alcune modalità pensate appositamente per distrarre le guardie: potremmo ad esempio lanciare oggetti per attirare altrove i nemici. Quelli a volte piuttosto che distrarsi si mettono in allarme, rendendo vano il nostro tentativo.
In generale, e volendo essere non troppo severi, la struttura principale del gameplay rimane godibile a lunghi tratti, soprattutto come dicevamo nelle numerose side quest, in cui Garrett ‘fa il ladro’, e che ci permettono di girovagare per la Città a fare quel che ci riesce meglio: rubare.
Mi ha lasciato invece perplesso la trama principale: un plot scadente, a tratti banale, che strizza l’occhio all’occulto e con prevedibili colpi di scena che, soprattutto, poche volte include nel proprio svolgimento le abilità di Garrett in quanto ladro.
La Città appare comunque viva, per quanto poco popolata, ed è piuttosto interessante imbattersi in molti tipi di documenti o origliare diverse conversazioni di civili e guardie. Per quanto riguarda le fasi esplorative all’interno della stessa Città, Eidos Montreal non ha implementato un vero e proprio free roaming, e quindi ci troveremo spesso – cambiando zona o entrando in alcune abitazioni – ad assistere al caricamento di una nuova sezione. Questo, unito ad un level design per nulla brillante, lascia veramente poco all’entusiasmo del giocatore, almeno dopo essere svanito il primo impatto di curiosità con le capacità di Garrett.
A proposito di queste: Garrett ha come abilità principali il nascondersi nelle ombre, il borseggio, lo scassinare, oltre ad una naturale propensione per i passi leggeri e i salti.
Per arrivare ai nostri scopi potremo usare diversi tipi di frecce, soprattutto quelle ad acqua per spegnere i fuochi e quelle che ci permettono di fissare corde per raggiungere i punti più alti, i già citati oggetti da utilizzare – tirandoli – per distrarre le guardie (soprattutto bottiglie), e una caratteristica chiamata Concentrazione.
Questa, attivabile e disattivabile alla bisogna, ci permette fintanto che la relativa barra indicatrice non è del tutto vuota, di visualizzare nell’ambiente ogni elemento potenzialmente interattivo, e quindi torce, cassetti, valori, scale, grate, e così via.
Eidos Montreal ha comunque pensato a tutti i tipi di videogiocatori, rendendo disattivabili molti tipi di aiuti, come l’indicatore del livello di visibilità del nostro alter ego (in luce o in ombra), le direzioni nella mappa e l’uso della concentrazione. Volendo disattivare il tutto, Thief diventa un gioco impegnativo e dall’alto grado di sfida, fermi restando i difetti riscontrati.
TROPPE OMBRE CONCILIANO IL SONNO
Sostanzialmente, l’emozione che questa nuova incarnazione di Thief mi ha lasciato è stata presto la noia. O meglio, la mancanza di emozione dopo i primissimi momenti.
Un gioco per molti versi godibile nella sua natura stealth, ma che si svolge in un ambiente non particolarmente carismatico, all’interno di una storia che non brilla affatto, e che non lascia variare l’approccio dallo sneaking puro in un level design senza guizzi.
Thief piacerà a qualcuno, non è per nulla un pessimo gioco se ci si innamora dell’unico tipo di approccio possibile e dell’ambientazione.
Ma da un titolo come questo ci saremmo attesi ben altro.
Se, insomma, la bontà di un gioco sta tutta in un livello di difficoltà ampiamente personalizzabile e dalla possibilità di entrare in una villa dalla cantina o da una finestra, beh, questo non collima con la mia idea di bel gioco.
Il tentativo da parte di Eidos Montreal di traghettare un marchio storico verso un game design attuale ha mostrato, insomma, molte pecche, nonostante i cinque anni di lavorazione (o quantomeno di annunci della stessa).
Rimane Thief, con la sua storia e il suo carisma: ma è davvero abbastanza?