Touhou Kobuto V: Burst Battle è uno spin-off della serie Touhou, che ha reso famoso il genere bullet hell abbinandolo ad una ambientazione che strizza l’occhio agli appassionati di lolicon. Tuttavia questo titolo, sviluppato da CubeType e pubblicato da NIS America e disponibile su PlayStation 4 (compatibile con PlayStation VR), PlayStation Vita e Nintendo Switch, si allontana dal genere shoot‘em up per virare verso il picchiaduro a incontri.
Per capire cosa è andata bene (e storto) nella realizzazione di questo gioco a base di giovani maghe, proiettili magici e botte senza criterio abbiamo provato il gioco nella versione Nintendo Switch gentilmente offerta da NIS America.
La magia tra calci e pugni
Partendo dalla classica atmosfera della serie concentrata sulle vicende delle giovanissime maghe di Gensokyo, il gioco ci permetterà attraverso la modalità storia di avventurarci nelle vicende delle streghe presenti nel roster di personaggi alla ricerca di un misterioso fenomeno che sconvolgerà il loro mondo. E in questo caso, come in molti picchiaduro a incontri, la trama va quasi subito a farsi benedire in favore di un mero e scontato susseguirsi di match contro le varie fattucchiere.
E a poco servono le scene di intermezzo, caratterizzate da immagini disegnate e un po’ di testo a schermo (tutto in inglese), che hanno solo il compito di inframezzare una storia che si struttura in maniera molto simile ad altri esponenti del genere, con una serie di incontri dalla difficoltà crescente e nulla più.
Quello che rimane fedele alla serie originale è lo stile anime per appassionati di lolicon degli artwork delle lottatrici che, con le loro pose ed espressioni a metà tra l’ammiccante e il fanciullesco, accontentano il gusto degli appassionati di Touhou Project.
Un calcio, una magia e robotici movimenti
Il nocciolo vero di un gioco di questo tipo dovrebbe essere il sistema di combattimento che tuttavia in questo Touhou Kobuto V: Burst Battle mostra alcuni aspetti davvero mortificanti per un giocatore minimamente avvezzo ai picchiaduro.
Il sistema di combattimento permette di eseguire un attacco semplice, uno speciale e uno caricato che hanno effetti diversi in base alla distanza che intercorre tra le due lottatrici. Quando ci si trova lontani i colpi sono proiettili magici di diversa natura a seconda del personaggio che stiamo usando, mentre quando si è a distanza ravvicinata si entra in una fase di corpo a corpo con calci e pugni in pieno stile picchiaduro. Il sistema di combattimento prevede anche una barra per ogni tasto di attacco che si esaurisce usando quel colpo spesse volte mentre si ricarica, spesso rapidamente, se si eseguono combo diversificate.
Tutto questo si riassume tuttavia con una apparente sensazione di piacevole complessità nelle prime battute che diventa confusione nella testa del giocatore continuando a provare e riprovare a riprendere confidenza con i combattimenti che nel tentativo di assimilare le meccaniche. E nel fare questo in alcuni casi ci si ritroverà a morie più di una volta e a ritentare magari premendo i tasti di gioco come un neofita in preda a spasmi articolari.
Gli scontri sono si svolgono su arene tridimensionali nelle quali è possibili saltare ma non fluttuare (strano che delle maghe non abbiano questo potere). Misteri della magia. E a questo si aggiunge un sistema di parry che rende poco visibile e chiaro il momento in cui si sta parando. Per non parlare della schivata/corsa con affaticamento che spara le lottatrici a velocità luce rendendole difficili da controllare.
Ma nell’ordinario ci si ritrova un personaggio dai movimenti legnosi come un robot e un sistema di combattimento privo di tutorial o indicazioni chiare per chi affronta le sfide. Si è gettati nella mischia senza istruzioni e con una reattività delle azioni davvero poco responsiva.
Tuttavia non possiamo che apprezzare la lista di modalità disponibili che tra tutorial, dove spesso la CPU sembra spaesata e priva di mordente e come detto non ci sono informazioni, modalità storia, score attack e le altre mette a disposizione un buon ventaglio di variabili di gioco con in aggiunta l’aggiornamento automatico del proprio punteggio del ranking online.
Ci sarà spazio anche per il multiplayer online, con una interfaccia pulita. Purtroppo non abbiamo incontrato giocatori durante la nostra prova che ci permettessero di testare qualità dei server e popolazione di giocatori. Da apprezzare la modalità multigiocatore in locale che si può realizzare sia in split screen usando i due joy-con come controller separati, sia in locale facendo comunicare due console vicine tra di loro. Niente di trascendentale, ma c’è da apprezzare l’impegno nello sfruttare le caratteristiche di Nintendo Switch.
Combattiamo tra luci e ragazzine
Salta però subito all’occhio quando la resa grafica del gioco sia poco contemporanea e appaia molto abbozzata. Gli artwork delle giovanissime maghe sono piacevoli con palette di colori nitide e dettagli curati. Tuttavia quando queste eroine passano dalle due alle tre dimensioni i modelli appaiono spigolosi, poco rifiniti e approssimativi. La sensazione è quella di trovarsi davanti un gioco di una decina di anni fa o anche più che anche nelle animazioni pecca di un effetto blur eccessivamente accennato e fastidioso per gli occhi quando si eseguono le schivate. Anche gli stage, se si escludono gli sfondi ben caratterizzati, sono anonimi e spesso spogli di elementi visivamente d’impatto.
Gli effetti delle esplosioni e dei proiettili magici sono discretamente realizzati sicuramente grazie al bagagli del passato ma in alcuni casi la loro tridimensionalità manca di effetti di trasparenza impedendone la vista attraverso. Molto spesso la fisica degli impatti crea delle fastidiose compenetrazioni che fanno male ad un occhio un po’ più attento. Buono il comparto sonoro che con le sue tracce concitate va in contro al gusto orientale ma anche ad una buona frangia di quello occidentale. I menù di gioco e nelle info a schermo denotano una ispirazione alle variopinte produzioni di ispirazione per gli anni ’90 di cui il gioco sembra essere pieno.