Homefront è sempre stato un nome che ha suscitato pareri discordanti fra i giocatori. Col primo capitolo di molti anni fa, gli sviluppatori provarono un nuovo approccio narrativo accompagnato da alcune nuove meccaniche di gameplay. Quell’esperimento, seppur non fosse esattamente allo stesso livello di un tripla A, aveva comunque dei lati positivi che potevano suscitare piacere e divertimento a chi lo giocava. Molti anni dopo, venne annunciato Homefront: The Revolution per le mani di un altro studio, diverso da quello di partenza. I trailer e le premesse sembravano molto convincenti e si pensava addirittura a una nuova rinascita per il brand. Purtroppo non tutto va secondo i piani, infatti questo progetto cambiò moltissimi sviluppatori, passando di mano in mano fino ad arrivare a Deep Silver. Quest’ultimo, con i rimasugli di tutti i pezzi lasciati dalle altre compagnie, decise di affidare la produzione a Dambuster Studios, un piccolo nome neofita del settore che non ha mai prodotto giochi, eccetto proprio per Homefront: The Revolution.
Alla fine, attraverso questa serie di eventi, il gioco è arrivato nelle nostre case, incuriosendo tutti i giocatori che si aspettavano le cose promesse prima degli anni di silenzio dovuti alle complicazioni tra sviluppatori e studi. Purtroppo però, il prodotto presentato è perfino inferiore al suo originale capitolo.
La storia di una rivoluzione finita in disgrazia
L’universo narrativo di Homefront: The Revolution è molto originale e interessante, sopratutto anche grazie all’ottima campagna pubblicitaria che ha prodotto diverso materiale per spiegare gli eventi precedenti al gioco. Trattandosi di un reboot, e quindi non di un sequel del gioco originale, l’intera linea temporale è completamente diversa da quella precedente. In questa versione alternativa della storia, la Corea è stata la prima a vincere la corsa per la tecnologia, diventando il colosso mondiale che forniva qualsiasi apparecchio elettronico a tutto il globo fin dagli anni ’60. In questo panorama, l’America colse l’occasione per acquistare moltissime armi, tanto che la Corea era l’unico elemento che riforniva le scorte belliche americane. Dopo un conflitto nucleare svoltosi intorno al 2020, il paese a stelle e strisce si trovò indebitato fino al collo con quello orientale. Quest’ultimo, cogliendo l’occasione, decise di invadere l’America attraverso una militarizzazione dell’area, approfittando del fatto che, senza le risorse provenienti dalla Corea, il paese occidentale non avrebbe potuto fare assolutamente nulla.
Ovviamente, non tutta la popolazione si sottomise alla tirannia. Alcuni elementi formarono un gruppo molto vasto di ribelli che desideravano ottenere di nuovo la libertà e la propria madre patria. In questo panorama si inserirà il nostro personaggio, che da recluta diventerà una delle figure più importanti nella cacciata delle truppe coreane dall’America, specialmente per quanto riguarda l’ambientazione specifica della nostra avventura, ovvero Philadelphia.
La città menzionata è stata ricreata con estremo dettaglio, riportando molti luoghi reali nel mondo di gioco. Il panorama distopico è molto accentuato, oltre che largamente esplorabile per via della componente open-world del titolo. Entrare nelle case, girare per le strade o cercare le basi alleate risulta molto soddisfacente a livello visivo, sopratutto per via della cura minuziosa con cui è stato ritratto il paesaggio che circonda il protagonista. Tuttavia, e qui abbiamo un assaggio dei lati negativi, molti civili e soldati della ribellione sono dei copia incolla di altri. Ciò non sarebbe così evidente se il numero effettivo di personaggi differenti non fosse esiguo quanto quello di questo titolo, che molte volte propone due cloni che parlano tra di loro faccia a faccia. Questo, insieme a delle animazioni di movimento orribili (sopratutto nelle scalate) rovina l’esperienza d’immersione che il comparto ambientale voleva fornire al giocatore.
I personaggi chiave del gioco potrebbero offrire spunti interessanti di dialogo, tuttavia ciò non avverrà per via del fatto che il nostro protagonista sembra essere completamente muto, visto che non avrà nessuna scelta di dialogo ne un’opinione in capitolo. Ciò poteva andare bene per una campagna lineare di due ore come quella di un qualsiasi Call of Duty, ma non in un open world dove interagire con la popolazione, e i propri compagni, è un elemento chiave per la sopravvivenza comune. Sopratutto se il gioco ci fornisce una radio con cui comunicare, un cellulare con dei messaggi a cui non possiamo rispondere, e moltissimi civili che chiedono aiuto. Il resto del cast del gioco molte volte risulta troppo stereotipato, cadendo in delle monotonie e assurdità che solo un B-Movie avrebbe potuto produrre. In tante occasioni ritroveremo i “capi della rivolta” a parlare tra di loro facendo battute di pessimo gusto, oppure decidendo di compiere azioni senza il minimo senso strategico o pianificazione, e via dicendo.
La cosa più frustrante, e preoccupante, è che i rivoltosi sembrino avere il bisogno costante di un oggetto o una persona specifica per riuscire a fare qualsiasi cosa, sopratutto di uno dei personaggi che sarà una sorta di “motore”, visto che senza di lui sembra che non siano in grado neanche di cambiarsi i vestiti. Ogni punto cruciale delle loro missioni coinvolgerà voi e il metodo con cui ottenere un VIP, un carro, un altro oggetto e via dicendo. Insomma, più che fare azioni importanti, sembra che il giocatore sia uno da usare per fare la spesa al supermercato, il che è piuttosto strano dato che, effettivamente, nelle missioni secondarie abbiamo molta più importanza e azione tattica rispetto a quelle principali. Questi aspetti rendono la campagna insulsa e quasi triviale, come se quello che facciamo negli incarichi della storia non avesse la minima importanza nel quadro generale del gioco, il che ovviamente è molto grave in un titolo che si basa tutto sul rivoltare il sistema facendo la nostra parte.
Nonostante questo, effettivamente Homefront: The Revolution è molto longevo e possiede molte attività secondarie, anche se ripetitive. In generale la vostra esperienza di gioco sarà composta da: hackerare un’antenna per rivelare le missioni in un’area, svolgere quelle missioni e ripetere il procedimento per un’altra zona. Questo meccanismo è quello già visto in Far Cry (o meglio la brutta copia) e può essere sia piacevole che frustrante.
Un’insurrezione disastrosa
Generalmente, nelle nostre recensioni, tendiamo a dividere per comparti il gameplay e il lato tecnico di un titolo. Per Homefront: The Revolution tuttavia dobbiamo fare un’eccezione alla regola. Questo perché le enormi lacune di sviluppo hanno minato completamente entrambi gli aspetti, portando a creare una situazione in cui i difetti di un comparto finiscono inevitabilmente per compromettere l’altro, e viceversa. Dobbiamo premettere, però, che nonostante i problemi, l’aspetto grafico e artistico del gioco sia veramente eccellente, con delle ottime esecuzioni e ambienti dettagliati. Se non fosse per i problemi elencati a seguire, sarebbe stato uno spettacolo per gli occhi.
Il problema più grave, riscontrato specialmente nelle versioni console, è la pessima ottimizzazione del gioco. Nei casi fortunati, Homefront: The Revolution potrà arrivare a 20 FPS al secondo, ma nella maggior parte del tempo a malapena arriverete ai 10. Questo è un elemento che non solo rende quasi ingiocabile il gioco, ma porta ad enormi problemi sul lato del gameplay. Il più immediato è quello relativo alle armi, con le quali sarà veramente un’impresa sparare ai nemici che si muovono a scatti per via del framerate basso, che ovviamente potranno spararvi con facilità approfittandosi dei vostri movimenti rallentati. In secondo luogo, questo gioco è un open world e come tale l’esplorazione è un elemento chiave. Tuttavia questo aspetto viene rovinato quando camminerete in aree abbastanza popolate dove il gioco farà fatica a caricare tutti gli elementi sullo schermo, rendendo una bella passeggiata tra le rovine di Philadelphia una fatica enorme nel cercare di arrivare in un punto senza che il framerate cali a picco. Sempre per questo motivo, molti nemici potrebbero apparire dal nulla per via del caricamento lento degli elementi, tendendovi imboscate a sorpresa, anche letali in molti casi, il che avviene sopratutto se siete in moto. Un altro problema di ottimizzazione riguarda anche il salvataggio, il quale bloccherà letteralmente il gioco ogni volta che dovrà modificare i dati, dandovi la sensazione che Homefront: The Revolution abbia effettivamente smesso di funzionare.
Oltre a questo, il gioco è pieno di bug piuttosto gravi, alcuni dei quali vanno a minare il progresso della storia e gli obiettivi da sbloccare, in modo da bloccarvi eternamente in un punto, aspettando una probabile patch da parte degli sviluppatori. Al momento, leggendo sui forum ufficiali del gioco, sono presenti diversi errori in grado di minare completamente qualsiasi tentativo di giocare o proseguire nella campagna di Homefront: The Revolution. Ovviamente non mancheranno le innumerevoli volte in cui sprofonderete nel pavimento o vi bloccherete tra texture errate e muri invisibili, tanto per non farci mancare nulla.
Nel gioco è presente una moto che tuttavia risulterà piuttosto inutile oltre che essere animata con pressappochismo, quasi come se le leggi della fisica non la toccassero. Come detto in precedenza, su console la velocità della moto non va d’accordo con i caricamenti lenti del gioco, il quale non riesce a far apparire oggetti o nemici nel tempo in cui viaggiate da un luogo all’altro. Ciò significa che potreste tranquillamente piombare addosso ad una camionetta coreana mentre credevate di star percorrendo una strada completamente libera, portandovi quindi a morte certa.
Homefront: The Revolution presenta però una buona personalizzazione delle armi, che riprende il lavoro di Crytek fatto su Crysis. Quando vorrete, e avendo i componenti giusti, potrete modificare la vostra arma in maniere molto varie e creative. Questo sistema, che è effettivamente un lato positivo del gioco, viene completamente distrutto da diversi fattori. Il primo è la questione del frame rate, esplorata poco sopra, il secondo deriva dal fatto che qualsiasi arma deve essere per forza acquistata nel negozio, non sarà possibile raccogliere armi dai nemici come ci si aspetterebbe in un open world RPG, infine il terzo riguarda il feedback degli spari, il quale sembra alle volte realizzato approssimativamente, tanto da far sembrare qualsiasi pistola o fucile una sorta di versione giocattolo di quelli originali.
Un’altra questione piuttosto grave riguarda l’intelligenza artificiale e gli approcci ad essa. I nemici e gli alleati controllati dal computer sembrano compiere azioni senza senso nella maggior parte dei casi, togliendosi dalla copertura o sparando alla cieca senza un vero bersaglio davanti. In molte occasioni, i nemici faranno azioni così al di fuori dal senso logico, da risultare quasi demenziali. Per esempio, ci siamo imbattuti in soldati coreani che, invece di fuggire via da una granata, le ci si sono avvicinati molto di più nel tentativo di cambiare copertura. Oppure, abbiamo visto dei nostri alleati iniziare a sparare alla cieca senza nessun nemico vicino, solo perché al livello superiore della mappa era presente un soldato in pattuglia, il quale non poteva essere visto dalla loro posizione.
Nonostante questo, la loro mira sembra essere molto buona alle volte, perfino troppo buona, andando a colpirci da distanze improponibili con delle pistole, finendo per toglierci più di metà della nostra vita. Questo è evidente sopratutto in alcune aree di gioco, dove sarà molto difficile passare per via del fatto che le truppe nemiche possono tranquillamente uccidere il giocatore in pochi istanti. Per superarle dovremmo ricorrere alle meccaniche stealth del gioco, che tuttavia non funzionano come dovrebbero. Molti nemici potranno vedervi anche quando non dovrebbero, non potrete nascondere i corpi in modo da non allertare nessuno, se un nemico isolato vi vede l’intera zona verrà allertata e sapranno tutti esattamente dove siete, il timer per essere individuati è molto basso e se non agite immediatamente rischiate di far scattare l’allarme nonostante l’uccisione furtiva. Questi e altri problemi minori sono quelli che rendono le meccaniche stealth di questo gioco uno svantaggio per il giocatore, invece di un vantaggio per chi vuole fare le cose con più strategia.
Un altro problema è rappresentato dalla quantità di energia vitale a disposizione del giocatore, la quale purtroppo sarà sia breve sia difficile da recuperare. Questo perché gli sviluppatori hanno deciso di inserire l’obbligo di curarsi attraverso un comando del controller, usando una sorta di medkit. Il problema principale è che l’animazione è così lenta che curarvi in una situazione affollata sarà praticamente impossibile. Aggiungeteci la limitatezza delle vostre scorte, il che, naturalmente, vi costringerà a vagare per il mondo di gioco con poca vita e sopratutto soggetti ad essere uccisi con un colpo solo, senza nessuna possibilità di rigenerare la salute con una meccanica di recupero. Questa componente survival stona moltissimo con il resto del gioco, il quale vuole essere uno shooter tattico ma anche frenetico, una volta che i nemici vengono ingaggiati.
Il gioco introduce un sistema di crafting che poteva avere una buona utilità e sviluppo, ma che tuttavia risulterà quasi inutile da utilizzare, visto che molte cose che dovremmo creare potranno essere trovate a terra senza troppi sforzi. Il che fa perdere al gioco l’ennesimo aspetto che avrebbe potuto essere un lato positivo dell’esperienza open world, visto che ci troveremo a raccogliere molti materiali grazie all’esplorazione.
Per quanto riguarda il sonoro abbiamo delle musiche decenti, ma un doppiaggio italiano poco ispirato. Più che per le voci, è la sincronizzazione del labiale che fa storcere il naso, in quanto molte volte vedremo i personaggi muovere le labbra senza che una parola corrisponda al loro movimento, il che è assolutamente fastidioso, sopratutto se vengono inquadrati in primo piano durante le scene chiave del gioco.
I comandi sono generalmente buoni, tuttavia molti dei menù rapidi presentano un’eccessiva quantità di sotto menù, il che è un male se li si devono usare durante il combattimento. In questo senso, sarebbe stato necessario introdurre una meccanica che mandava in pausa l’azione, in modo da permettere al giocatore di decidere gli strumenti da utilizzare, contando anche le lente animazioni necessarie a cambiare un’arma o un gadget. Questo è sicuramente un aspetto che può fare molta differenza tra la vita e la morte, il che va a ledere la varietà di scelta che il gioco mette a disposizione. Perché usare più armi in uno scontro, sprecando tempo e forse morendo mentre si cambiano, quando la differenza è comunque minima?
Infine il comparto online è stato privato del multiplayer PvP che tanto aveva attirato i fan del vecchio capitolo, considerando che introduceva ottimi elementi ed un buon bilanciamento delle armi. Gli sviluppatori hanno deciso di buttarsi sulla componente cooperativa, abbastanza carina e piena di opzioni di personalizzazione. Nonostante questo risulta decisamente troppo breve, con poche missioni dalla durata di 10-15 minuti. Ciò fa assolutamente perdere qualsiasi entusiasmo per questa modalità, visto che una volta completate tutte le missioni bisognerà ripeterle all’infinito per sbloccare ciò che si vuole. Si ha l’impressione che avessero messo questa modalità tanto per dire “c’è anche una funzione online cooperativa” e non per creare una feature originale, sviluppandola seriamente e con impegno.
Conclusioni e commento dell’autore
Homefront: The Revolution è un disastro che ha bisogno di urgenti patch. Framerate bassissimo, bug ovunque, gameplay poco pulito e pieno di problemi che affossano le parti buone. Gli aspetti positivi ci sono in questo titolo: abbiamo esempi come la veste grafica, la possibilità di modificare le armi nel dettaglio, le ambientazioni dettagliate e completamente esplorabili, l’originalità della costruzione delle proprie armi da materiali di scarto e la trama di fondo che è ben ideata. Ma tuttavia allo stato attuale, specialmente su console, risulta quasi ingiocabile e frustrante in molti punti del gioco, tanto da non riuscire a proseguire per problemi evidenti o errori in grado di annullare qualsiasi progresso.
È un prodotto che ha subito una storia di sviluppo travagliata, una sorta di replica dell’errore commesso con Alien Colonial Marines, che aveva una buona base rovinata però dal lavoro di uno studio forse non in grado di fornire ciò che era stato promesso inizialmente. E sicuramente non sono loro quelli da incolpare, visto che effettivamente questo è il loro primo progetto.
In conclusione, Homefront: The Revolution potrebbe essere almeno sufficiente se verranno risolti gli errori di ottimizzazione e quelli di gameplay, ma allo stato attuale è sicuramente un gioco che va sotto il livello del mediocre.
Personalmente non ho molto da aggiungere. Sono stato un fan del primo Homefront e guardavo a questo capitolo con tanta speranza, ma sono rimasto parecchio deluso. Al momento, spero solo che gli sviluppatori rilascino qualche aggiornamento per rendere il gioco usufruibile.