Fuga dalla prigione
Terminata la conversazione via CODEC torno alla realtà e, mentre cerco di riprendermi dal dolore, tendando al contempo di non fare troppo caso all’indescrivibile tanfo emanato dal cadavere in decomposizione del direttore della DARPA, inizio a guardarmi attorno alla ricerca di una soluzione per uscire dalla stanza. L’unica guardia messa a sorvegliarmi sembra non essere troppo sveglia, è la stessa che al mio primo incontro con Meryl era stata messa K.O. dalla donna, che gli aveva poi rubato l’uniforme.
Il colonnello Campbell e Naomi non mi hanno fornito idee utili a uscire da quella cella così, con Meryl tenuta chissà dove, chiamo l’unico altro contatto amico raggiungibile nella base, Otacon. L’uomo non sembra sorpreso della mi richiesta di aiuto e, capito dove mi tenessero prigioniero, mi tranquillizza dicendomi che sarebbe arrivato presto a darmi una mano.
Passa veramente poco prima che la guardia sparisca, correndo in bagno in preda ad assai rumorosi problemi intestinali, e che la porta, appena chiusasi dietro di lui, si riapra di lì a poco, lasciandosi attraversare da una mimetica ottica.
Dietro le sbarre della cella finalmente vengo raggiunto dalla voce di Otacon che come promesso è arrivato in mio soccorso.
Persino Otacon, da fuori la cella, viene travolto dal tanfo emanato dal cadavere del direttore della DARPA, così, ancor più di prima, lo sollecito, anche con un po’ di cattive maniere a tirarmi fuori di lì in fretta.
Otacon però mi fa notare che la porta di sicurezza che blocca la cella non si apre con una normale tessera di sicurezza di quelle tanto in uso nella base, ma serve una chiave specifica, tenuta dal soldato appena scappato in bagno.
Non posso uscire di lì senza quella chiave e Otacon non ha nessuna intenzione di utilizzare la forza contro il soldato per recuperarla e tirarmi fuori dalla cella, inoltre, come se non mi avesse già fatto abbastanza perdere la pazienza, mi consegna un fazzolettino di Sniper Wolf, chiedendomi di non farle del male, una tessera di livello 6 e del cibo, una razione e del ketchup… Sono chiuso in cella con un puzzolente cadavere in putrefazione, tra poco mi aspetta un’altra sessione di tortura con quello psicopatico di Ocelot e lui pensa che possa aver fame! Bha!
Prima che possa finire di urlare contro Otacon la mia rabbia, il rumore dello sciacquone del water attira la nostra attenzione, la guardia stava tornando.
Otacon fa in fretta a dileguarsi, una volta riattivata la sua mimetica ottica, e a me non rimane che tornarmene seduto sul lettino della cella, osservando quella dannata bottiglietta di ketchup con la voglia di fracassarla sulla nuca del dottor Emmerich.
Sento i passi della guardia tornare verso la cella, ma poco prima che rientri nella stanza e possa vedermi ho finalmente l’illuminazione. Mi sdraio supino a terra e svuoto la bottiglia di ketchup portatami da Otacon sotto la mia pancia e attorno a me, fingendo quindi di star male.
Sperando che la guarda sia esattamente come fino a quel momento mi è sembrata, cioè una persona poco sveglia, rimango disteso sul pavimento della cella fin quando la sento rientrare nella stanza e vedermi. Preoccupato per la mia salute, in virtù della pessima reazione che Ocelot e Liquid avrebbero potuto avere nei suoi confronti qualora io fossi andato all’altro mondo, fa presto a prendere in mano la chiave della cella e aprirla per venire a controllare da vicino cosa mi sia successo. È la mia occasione.
Con un balzo mi rimetto in piedi e dopo qualche colpo ben assestato a finire sdraiato k.o. sul pavimento è lui. È il momento di andarmene da qui.
Uscito dalla cella la prima cosa che faccio è cercare la mia roba, così passo nella stanza accanto, laddove c’è il tavolo sul quale Ocelot prima mi teneva per la tortura, e la trovo lì accanto.
Recuperato tutto il recuperabile, metto fuori uso la telecamera di sicurezza che sorveglia la porta che rappresenta la mia via di fuga ed esco da quella dannata sala di torture. Ciò che trovo al di là della porta è l’area delle prigioni, dove all’inizio mi ero imbattuto in quello che credevo essere il direttore della DARPA, prima, e Meryl, poi.
Devo sbrigarmi a tornare dove Wolf e i suoi uomini mi hanno messo k.o., devo sbrigarmi a salvare Meryl.
Salgo immediatamente nell’ascensore alla mia sinistra e torno al piano 1 della base, dal quale accedo all’area con il campo di neve dove avevo incontrato Raven la prima volta. Sono di fretta e quasi mi dimentico che è disseminato di mine. Con il rilevatore cerco di trovare la strada più veloce per fare più in fretta possibile. Alla fine dopo qualche patema sono nuovamente nel deposito delle testate, che fa sempre un maledettissimo e inquietante effetto. La zona è ancora più sorvegliata di prima, adesso sanno che sono qui e faranno sicuramente di tutto per eliminarmi. Le guardie, fortunatamente, non sono poi così sveglie, così riesco a stordirne due senza problemi e a prendere in fretta l’ascensore che mi porta al piano B1.
Ripercorro il lungo corridoio e supero, ancora una volta, la stanza del direttore dove ho affrontato Mantis. Nei sentieri tra le grotte successive trovo numerosi lupi che si avvicinano a me con fare affettuoso, probabilmente grazie al fortissimo profumo che emana il fazzoletto di Sniper Wolf, datomi da Otacon, che ho con me. Chi l’avrebbe mai detto che quei due oggetti portatimi dal dottor Emmerich sarebbero poi stati così utili?
Non appena le porte metalliche mi si aprono davanti rivedo davanti ai miei occhi la pozza di sangue lasciata da Meryl e rivedo davanti a me la scena di Wolf che la colpisce più volte. Non sono stato capace di proteggerla. Mi piacerebbe pensare che in fondo lei sapeva a cosa andasse incontro diventando un soldato, mi piacerebbe pensare che sono così affranto perché non ho mantenuto la parola data al colonnello Campbell e perché non ho protetto un’ottima soldatessa, ma forse non è tutto…
I miei pensieri vengono interrotti dalla comunicazione del colonnello che mi invita a proseguire con la mia missione, che mi dice che va tutto bene, e sembra sorpreso quando gli spiego che Meryl era diventata un soldato per onorare la memoria del defunto padre, perché credeva fosse meglio così. Il silenzio del colonnello viene interrotto dall’intervento vocale di Master Miller e Mei Ling che mi invitano ad andare avanti con la missione e non rammaricarmi per ciò che è successo, dicendomi che il passato è passato.
Ripercorro la lunga strada lasciandomi alle spalle la pozza di sangue e raggiungo, dopo aver recuperato qui e là qualche munizione e qualche razione, probabilmente tenute lì da Wolf per i suoi appostamenti, la porta che stavo per aprire prima che i miei nemici mi cogliessero alle spalle di sorpresa e mi mettessero k.o.
Ciò che mi trovo di fronte è un lungo corridoio piuttosto buio, lo percorro di corsa fino a trovarmi una porta di sicurezza di livello 6 davanti. Superata questa, vengo colto alla sprovvista da una telecamera di sicurezza posizionata sopra la mia testa, che lancia l’allarme. Nel giro di qualche secondo mi trovo braccato da numerosi nemici, all’inizio provo a liberarmene con qualche raffica di FAMAS, ma continuano a crescere di numero e l’unica cosa che posso fare è correre, proseguendo sullo stesso corridoio, fino ad arrivare a una rampa di scale.
Corro su per le scale, cercando di lasciare indietro i soldati che mi inseguono, ma proprio quando penso di avercela fatta, li vedo arrivare dalle scale davanti a me. Lo scontro a fuoco è inevitabile, ma fortunatamente riesco ad avere la meglio e proseguire sulla mia strada fino ad arrivare alla porta di livello 6 che mi porterà al camminamento che collega la torre A alla torre B di questa base.
Nonostante la tessera, però, la porta non ne vuole sapere di aprirsi. Non sapendo cosa fare, provo a chiedere spiegazioni a Otacon, avendo lui girato per questo posto magari saprà dirmi qualcosa al riguardo.
Emmerich mi spiega che “aveva dimenticato” di dirmi che quella porta spesso si blocca a causa del ghiaccio che si forma all’esterno a causa delle basse temperature. I soldati sono soliti farlo saltare con del C4 dall’esterno, ma io come diavolo dovrei fare? Per fortuna il buon dottore mi dà anche una notizia positiva, dicendomi che oltre a quel camminamento ne esiste un altro, più su all’interno della torre, sul tetto.
Proseguo lungo le gelide e apparentemente infinite rampe di scale, fino ad arrivare a una scaletta metallica che mi porta al cospetto di un’ennesima porta di sicurezza, questa per fortuna si apre senza problemi, sono finalmente sul tetto della torre.
La prima cosa che mi salta all’occhio non appena rivolgo il mio sguardo in direzione della camminamento che dovrebbe portarmi all’altra torre, è un’immensa parabola posizionata a qualche decina di metri dalla mia posizione, lungo il passaggio. Non faccio in tempo a guardarla e ad avvicinarmici che una serie di missili la colpisce, fino a farla crollare giù.
Giusto il tempo di togliermi dal viso le mani che avevo usato per pararmi da eventuali detriti generati dall’esplosione, che alle mie spalle sento una voce tristemente familiare urlarmi contro. Non appena voltatomi vedo con somma sorpresa un elicottero, lo stesso che avevo visto all’arrivo alla base, svolazzarmi sopra la testa e dentro il mio caro fratellino Liquid.
Credo sia giunto il momento di fare i conti.
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