Il mio amico Frank Jaeger
“Non uccidetelo… Non ancora. Lo voglio vivo.”
Queste sono le prime parole che arrivano al mio orecchio quando, ancora stordito e per nulla lucido, inizio a riprendere i sensi dopo la botta ricevuta al termine della chiacchierata con Sniper Wolf. Non conosco la voce della persona che le pronuncia, ma grazie alle successive capisco che nella stanza con lui ci sono altre persone.
“Lasciatelo a me.”
Sono confuso, ma riconosco chiaramente la voce roca di Revolver Ocelot, l’ho ascoltata bene nel corso del nostro precedente incontro.
“Cerca di non combinare altri guai, come con il direttore della DARPA.”
Non riesco a collegare Revolver Ocelot al direttore della DARPA, so che è stato Psycho Mantis a tentare di bucare la sua barriera cerebrale, cosa c’entra Ocelot? Ma soprattutto, chi diamine è il tipo che parla con tanta superiorità a Ocelot? Poi odo una terza, inconfondibile voce.
“Già. Lui è il mio bersaglio. È solo mio.”
Iltono, sensuale e deciso, è quello, inconfondibile, di Sniper Wolf.
Poi il silenzio, nuovamente, e ancora buio.
Quando finalmente, ancora intontito, riesco a riaprire gli occhi, mi trovo davanti sei, accecanti, fati da sala operatoria e all’orecchio mi arriva, stavolta in maniera diretta, la voce alla quale non sono ancora riuscito a dare un volto.
“Riesci a sentirmi, Solid Snake? Sai chi sono io?
Ho sempre saputo che un giorno ci saremmo incontrati.
L’uomo che mi ha rubato ciò che era mio di diritto…
Quello che mi ha rubato tutto dalla nascita.”
Non ho idea di chi sia questo tizio che mi parla, non ho idea neanche di cosa parli o perché ce l’abbia così tanto con me.
“Io? Io sono quello al quale hai rubato tutte le cose importanti.
E ora, dopo il sacrificio dei nostri fratelli… Dopo 30 lunghi anni, finalmente io e te ci incontriamo. Il fratello di luce e il fratello d’ombra.”
Parla di fratelli, ma io sono nato e cresciuto solo, non ho mai saputo nulla delle mie origini e l’unico legame che mi è stato detto di avere l’ho eliminato anni fa, con le mie mani, uccidendo Big Boss.
La voce poi smette di parlare con me e, rivolgendosi a Sniper Wolf, blatera un po’ al riguardo del DNA mio e di Big Boss e di come stiano andando le trattative con il governo americano.
La loro conversazione viene poi interrotta da Ocelot, che fa notare loro il mio risveglio.
Girando questa specie di tavolo operatorio per torture sul quale sono stato sdraiato, la prima figura che mi trovo davanti è quella di un uomo avvolto da un lungo impermeabile e con dei lunghi capelli biondi. Lo stesso che avevo incrociato non appena arrivato in questo posto e che era poi volato via a bordo dell’elicottero russo.
“Ma guarda che bella rimpatriata. Non sei d’accordo, fratellino? Oppure dovrei dire fratellone? Non sono sicuro… Non che la cosa mi importi, comunque.
Tu e io siamo gli ultimi figli rimasti di Big Boss.”
Lo squillo del suo telefono, con Vulcan Raven che dall’altro lato della linea lo informa dello stato delle trattative, interrompe il suo monologo.
Adesso inizio ad avere maggiormente chiaro il quadro della situazione. Dannazione!
L’uomo che ho davanti è Liquid Snake, l’uomo che ho davanti è il capo dei terroristi. L’uomo che ho davanti è… mio fratello? Dai suoi discorsi sembra trasparire chiara la nostra parentela, entrambi figli di Big Boss, gli ultimi rimasti a suo dire. Inoltre guardandolo finalmente in volto da vicino sono riuscito a notare tutta la nostra somiglianza, nonostante lui porti lunghi capelli biondi sulle spalle e io li abbia castani e corti. Questo spiega anche perché Meryl, al nostro primo incontro, mi abbia scambiato per Liquid. Mi sono finalmente tolto anche il dubbio relativo al perché questo tipo fino ad oggi avesse usato un nome in codice così somigliante al mio.
Avrei preferito non saperlo così, in fondo.
Riagganciando il telefono e rivolgendosi a Wolf e Ocelot, Liquid conferma che lanceranno la bomba come da programma visto che gli americani non vogliono cedere alle richieste e poi, raccomandandosi nuovamente con Ocelot di non fare un casino con il mio interrogatorio-tortura come fatto con Donald Anderson, abbandona la sala con l’intento, oltre che di ultimare i preparativi per il lancio della testata nucleare, di scoprire chi sia il ninja che ha ucciso 12 soldati e staccato un braccio a Ocelot e come abbia fatto ad arrivare lì e cosa sia stato a uccidere Baker e Octopus.
Chi diavolo è Octopus…?
Mentre Liquid lascia la stanza, Sniper Wolf mi si avvicina, confidandomi, accarezzandomi sensualmente l’addome, che Meryl è ancora viva, prima di allontanarsi e andare via per andare a dar da mangiare ai suoi lupi.
“Una volta che ha scelto una preda, non riesce a pensare a nient’altro. A volte si innamora persino, prima di ammazzarla.”
Questo il commento sarcastico di Ocelot, mentre la donna esce dalla stanza.
Una volta soli, l’uomo, con ben in mostra il suo arto monco, chiamandomi “portatore”, afferma che a Washington debbano fidarsi ciecamente di me per mandarli lì da solo, e quando provo a chiedergli delle informazioni in più sul METAL GEAR, mi invita a chiedere al colonnello Campbell di raccontarmi tutta la storia.
Mh, come se non avessi già di mio immaginato che Campbell mi stesse nascondendo tante cose.
Ocelot mi fa qualche altra domanda, alla quale non do risposta, prima di voltarsi e dirmi:
“Ora giocheremo a scoprire che uomo sei veramente, Snake”.
Così detto si volta verso il quadro comandi e, una volta premuto qualche tasto, fa sì che il mio corpo, legato a quel tavolo da tortura, venga attraversato da corrente elettrica ad alto voltaggio.
Un dolore inconcepibile, solo pochi secondi per evitare di friggermi, ma una sensazione che difficilmente dimenticherò. Dopo la prima scossa, Ocelot, che in questo frangente scoprii essere un sadico bastardo più di quanto potessi aver mai immaginato, continua, ancora e ancora, prima di lasciarmi ritornare nella mia cella, promettendomi un’altra sessione di tortura a breve.
Entrato in cella, mentre cerco di riprendermi, seduto sul lettino, noto in un angolo della stessa quello che sarebbe dovuto essere il mio compagno di stanza, oramai da un po’ all’altro mondo, almeno a giudicare dal fetore emanato dal suo corpo e dallo stato di decomposizione. Avvicinandomi, però, noto che il prigioniero che si decompone nell’angolo opposto al mio altri non è che il direttore della DARPA, Donald Anderson, che qualche ora prima era morto davanti ai miei occhi. Come fa a essere già in un così avanzato stadio di decomposizione?
Provo a rintracciare via CODEC il colonnello Campbell e Naomi per chiedere delle spiegazioni, tante spiegazioni.
La prima cosa che il colonnello mi dice è semplicemente la conferma di quanto avevo sentito poco prima da Liquid Snake, cioè che il governo statunitense ha deciso di non cedere alle richieste dei terroristi e sta cercando di guadagnare tempo, ma la certezza e la fermezza delle sue parole crolla quando gli chiedo se avesse sempre saputo che il METAL GEAR fosse stato progettato con la precisa idea di lanciare testate nucleari.
Dopo qualche attimo, nel quale il silenzio prende il sopravvento nella nostra conversazione, riprendo la parola facendogli notare come negli ultimi anni sia cambiato e rammollitosi al punto di non riuscire più a comunicare le verità scomode come faceva un tempo.
Ancora scosso e sulla difensiva, il colonnello mi dice che la situazione relativa ai piani di sviluppo del REX era così tanto nascosta che fino al giorno prima nemmeno il Presidente degli USA ne era stato informato.
Dalle parole del colonnello riesco a percepire la criticità della situazione che rischia di mettere a repentaglio l’immagine pubblica degli Stati Uniti e il suo ruolo di potenza egemonica mondiale. Quando però faccio notare loro che tutto potrebbe essere risolto cedendo alle richieste e concedendo ai terroristi i resti di Big Boss mi viene fatto presente che il presidente si è fortemente opposto al genere di esperimenti per i quali resti del vecchio sono utilizzati e quindi la sua esistenza non potrebbe essere resa pubblica.
Non può essere quello l’unico motivo, e quando lo urlo in faccia a Campbell e Naomi, il loro silenzio mi dà ragione. Che vadano al diavolo tutti!
Rientrato nei ranghi, chiedo loro spiegazioni sul come sia possibile che il direttore della DARPA, che ho visto morire qualche ora prima, sia lì, nell’angolo della cella, in uno stato di decomposizione che lo fa apparire morto da svariati giorni. Neanche il colonnello e Naomi riescono a spiegare la situazione.
Cerco di portare avanti con pacatezza la conversazione, ma il corpo mi fa un male cane e così, per evitare di pensare al dolore, provo a scambiare qualche parola con Naomi, visto che il colonnello so bene siano più le cose che mi nasconda di quelle che mi dica. Provo a chiederle qualcosa di lei, della sua famiglia, ma la donna non sembra volerne parlare apertamente e così mi espongo io, con la speranza di farla sbloccare, ma quando le rivelo di non aver mai avuto una famiglia e che l’unico mio legame famigliare lo abbia trovato, rivelatomi da lui stesso, in Big Boss prima di ucciderlo a Zanzibar nel corso dell’ultima missione qualche anno prima, la donna sembra piuttosto scossa dalla notizia.
Fino ad oggi di questa informazione eravamo a conoscenza solo io e Campbell, ma adesso anche Naomi può comprendere perché, dopotutto, Psycho Mantis si era visto simile a me, anche lui, come me, aveva assassinato il proprio genitore.
La donna sembra interessata alla conversazione e, nonostante non mi abbia ancora detto nulla di sé, continua a farmi domande. Non era questo che avevo in mente, ma almeno così non penso al dolore causatomi dalla tortura di quel maledetto di Ocelot.
Poi finalmente, come un lampo a ciel sereno, anche Naomi mi svela qualcosa di sé e della sua infanzia, aveva un fratello, adesso morto, che l’aveva aiutata a crescere, seppure non fossero consanguinei. Riesco a sentire forte la tristezza del suo animo nel parlare di questo argomento e così evito di fare ulteriori domande al riguardo, lasciando che sia lei a porle a me, relativamente a eventuali donne e amici presenti nella mia vita:
“Snake, non c’è una donna nella tua vita?”
“Dopo aver combattuto tutte le guerre che ho dovuto combattere io, è difficile avere fiducia in qualcuno.”
“Nessun amico?”
“Roy Campbell.”
La mia risposta secca fa sorridere il colonnello, quasi incredulo che io lo consideri ancora tale. Poi Naomi incalza.
“Tutto qui?”
“No, ce n’è stato un altro: Frank Jaeger.”
“Che cosa?”
Naomi sembra assai sorpresa della mia risposta e rimane in silenzio.
“Ho imparato davvero molto da lui.”
“Ma… Non avevate cercato di uccidervi?”
Capisco che Naomi conosce bene la storia della FOXHOUND, ma cerco di spegnere tutte le sue credenze sul nascere.
“Vero: avevamo cercato. È successo a Zanzibar, ma non è stato niente di personale. Eravamo semplicemente due professionisti che lavoravano per fazioni opposte. Questo è quanto.”
“E continuate a considerarvi amici?”
“È tanto difficile da credere? La guerra non è una buona ragione per terminare un’amicizia.”
Naomi sembra incredula al pensiero che io considerassi me e Frank solo come due professionisti che fanno il loro lavoro, non come due soldati nemici abbastanza folli ed esaltati da affrontarsi a mani nude su di un campo minato, ma solo come due individui al servizio di “capi” opposti tra loro, in lotta, in guerra, ma rimanendo comunque amici.
Approfitto del momento per chiedere qualcosa in più a Naomi sulla sua vita privata e scopro, prima di terminare la conversazione, che il suo interesse per la genetica derivi dalla mancata conoscenza dei propri genitori e che, in un certo qual modo, lei si sia interessata a tale scienza nel tentativo di poter capire, magari grazie ai suoi studi capire, chi sia e da dove venga.
Sono rimasto un po’ interdetto dalle parole di Naomi, forse più di quanto lei sia rimasta sconvolta dalla mia visione dell’amicizia con Gray Fox.
Mi ha fatto molte domande su di me e Frank, quasi come se il nostro rapporto la toccasse nel profondo…
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