Alla ricerca di Donald Anderson
Finalmente aria fresca!
Questo eliporto è immenso e ben sorvegliato, la neve bianca che ricopre tutto lascia spazio solo ai segni dei passi delle guardie su di essa, alle telecamere di sicurezza, e ai riflettori che illuminano l’immensa pista di atterraggio per elicotteri. E proprio sulla pista ecco di fronte a me l’ultima cosa che mi sarei aspettato di trovare su un’isola sperduta in un arcipelago dell’Alaska, un elicottero russo.
Cosa diavolo ci fa qui un Hind D russo?
Ho provato a chiedere spiegazioni al colonnello, ma nemmeno lui ha saputo rispondere alla mia domanda. Fortunatamente il tipo che prima mi ha fregato l’ascensore è salito sull’elicottero ed è volato via, sarà più facile passare inosservato senza quella cosa che mi vola sulla testa.
Il colonnello incalza, facendomi fretta per andare avanti e portare al termine la missione il prima possibile, ho ancora 18 ore prima che scada l’ultimatum posto dai terroristi al governo americano, ma almeno sono in buona compagnia radio della dottoressa Naomi e di Mei Ling, la mia esperta di comunicazione preferita.
Quella ragazza mi vede solo come “il leggendario Solid Snake”, chissà se continuerebbe ad adularmi allo stesso modo se sapesse davvero che tipo d’uomo si nasconde dietro il mio nome in codice.
Ho superato senza problemi le luci e le telecamere di sicurezza all’eliporto, recuperando anche qualche granata che potrebbe tornarmi utile in futuro. Ora sono dentro i condotti d’areazione per raggiungere la mia prossima destinazione, sono in mezzo ai topi, ma almeno non si gela come fuori.
*BEEP BEEP*
Il rumore prodotto dal mio strisciare lungo i condotti viene interrotto dal suono del mio CODEC, ho parlato poco fa con il resto della squadra, non credo possano essere nuovamente loro.
“Snake, sono McDonnel Miller. Ne è passato di tempo vero?”
Una voce irrompe nei miei pensieri. Il mio “master”, la guida più preziosa che potessi sperare di avere in questa missione, essendo egli un esperto di sopravvivenza in ambienti ostili. Sicuramente il suo sarà un aiuto prezioso per il compimento di questa missione!
Spostandomi tra i condotti di aereazione, ancora entusiasta per l’appoggio garantitomi da Master Miller in questa missione, intercetto una comunicazione tra due guardie e vengo a sapere la posizione del direttore della DARPA, uno degli obiettivi della mia missione.
La conversazione tuttavia prosegue e vengo a scoprire altre, inattese, informazioni. Pare che i terroristi tengano prigioniera una donna e che abbiano intenzione di aumentare la sorveglianza attorno al direttore, perché hanno scoperto che un intruso si è infiltrato nella base.
Un intruso? Che parlino di me? Possibile che mi abbiano già scoperto?
Sobbalzo per un momento, ma i terroristi affermano che l’intruso usi una mimetica ottica e io, ahimè, non ne ho nemmeno mezza. Cosa diavolo sta succedendo in questa base??
Sono finalmente dentro. Cavolo! Tra carri armati, sorveglianza armata e telecamere di sicurezza devo ammettere che questi tizi non scherzano. Casse di munizioni e armi pesanti sono sparpagliate un po’ dappertutto lungo i corridoi, l’hangar e le stanze, sembra siano davvero pronti per una guerra totale.
Prima di prendere l’ascensore per raggiungere il piano in cui è tenuto il direttore della DARPA riesco anche a recuperare, finalmente, un’arma. È solo una pistola SOCOM, meglio di niente, ma spero in futuro di aver maggiore fortuna.
Sono riuscito, senza farmi vedere dalle guardie, a raggiungere l’ascensore e arrivare al piano B1 dove dovrebbe trovarsi il direttore della DARPA. L’ambiente circostante è piuttosto asettico, c’è un gran silenzio in giro e non vedo nessuna guardia. La cosa mi puzza non poco, ma non ho tempo di fermarmi a pensare.
Proseguo la mia avanzata e mi infilo, di nuovo, nei condotti di aerazione, attraverso i quali riesco a raggiungere la cella dove è tenuto prigioniero Donald Anderson, primo obiettivo della mia missione.
L’uomo, detenuto in una piccola cella con solamente un lettino lercio, non mi sembra inizialmente molto collaborativo ed è molto diffidente, poi sembra convincersi che sono lì per salvare il suo inutile didietro e mi rivela delle informazioni top secret relative alle possibilità che i terroristi utilizzino un’arma nucleare, e che arma!
“Un’arma in grado di lanciare un attacco nucleare da qualsiasi punto della terra… Un carro armato semovente con armamento nucleare.”
Sfortunatamente per me so bene di cosa il direttore della DARPA stia parlando, la storia si ripete e, nonostante egli sostenga che il progetto METAL GEAR sia uno dei più top secret al mondo, io ci ho già avuto a che fare in passato e la voglia di averci nuovamente a che fare nel breve periodo non mi alletta per nulla.
“REX”, è questo il nome in codice del nuovo progetto di METAL GEAR caduto in mano ai terroristi. Possono lanciare un attacco nucleare, è vero, ma Anderson mi conferma che per farlo avranno bisogno di due codici di sicurezza. Uno, quello del direttore della DARPA seduto davanti a me, lo hanno già, visto che Psycho Mantis, membro della FOXHOUND dotato di poteri psichici ha “scavato” nella mente del malcapitato fino a trovarlo. L’altro è custodito da Kenneth Baker, presidente della ArmsTech, che devo sbrigarmi a trovare se non voglio vedermela a quattrocchi con un carro armato nucleare semovente.
Non ho molta fiducia nella capacità di resistere alle torture da parte del vecchio presidente della ArmsTech, ma Anderson mi dà, finalmente, una buona notizia. Esistono tre schede speciali, progettate dagli ingegneri della ArmsTech come misura estrema di sicurezza, che possono bloccare il lancio della testata nucleare.
Le schede pare le abbia Baker, che si trova, secondo quanto il mio interlocutore ha sentito, al piano B2, in una zona le cui entrate sono state murate e riverniciate.
Che ci vorrà mai a trovarlo?
Anderson mi consegna una tessera, che mi garantirà l’accesso alle zone bloccate da porte di sicurezza di livello uno, ma improvvisamente inizia a farsi aggressivo e sospettoso. Incalza, chiedendomi se conoscessi già il metodo per disattivare il lancio della testata nucleare, se i miei “capi a Washington” mi avessero detto qualcosa al riguardo e quali fossero le loro intenzioni nei confronti delle minacce terroristiche.
Non so di che parla, non ho idea di come potergli rispondere e non faccio in tempo ad elaborare una risposta di senso compiuto che l’uomo che dovevo portare in salvo muore davanti ai miei occhi, colpito da quello che, presumibilmente, mi sembra un attacco di cuore.
Via CODEC la dottoressa Naomi sembra essere certa che si tratti di infarto, ma Campbell non mi pare convinto e quando provo a chiedere maggiori spiegazioni, svia il discorso. Mi dice che l’operazione ha un livello di sicurezza rosso e che egli stesso, nonostante sia a capo della missione, non possiede tutte le informazioni al riguardo.
Non gli credo. Mi sta nascondendo qualcosa, lo so… E non sarebbe la prima volta.
Devo assolutamente uscire da questa cella puzzolente e devo farlo anche alla svelta se spero di trovare vivo il presidente Baker con i codici per bloccare il lancio, devo arrivare prima che sia morto anche lui. Non faccio in tempo a pensare al da farsi che la porta della cella si apre davanti a me, probabilmente le urla di Anderson colto da infarto (credo) hanno insospettito la guardia di sicurezza.
Una volta uscito dalla cella la mia attenzione viene catturata da un uomo completamente nudo alla mia sinistra, è stordito, come se l’avesse colpito in pieno un Caribù in corsa.
Improvvisamente, qualcuno posizionato dall’altro lato del mio campo visivo, mi punta addosso un fucile.
Dannazione!
“Non ti muovere! Brutto bastardo! Hai ucciso il direttore…”
La guardia non mi sembra molto sicura di quello che fa, sento la sua paura e, voltandomi verso di essa la vedo impressa nei suoi occhi. Non ne capisco il motivo, ma vedendo il mio volto il mio nemico inizialmente mi scambia per Liquid Snake, capo dei terroristi, ma capisce quasi immediatamente di aver preso un abbaglio.
Sta tremando, la persona che ho avanti mi sta puntando un’arma in faccia e sta tremando. Deve essere per forza un pivellino. Sfodero la SOCOM e gliela punto contro, incalzandolo a parole per innervosirlo e facendogli notare che, in virtù della sua inesperienza sul campo, non ha nemmeno tolto la sicura al suo fucile.
Guardandola negli occhi mi rendo conto che quella di fronte a me è una donna e non mi sembra affatto che faccia parte dei soldati nemici.
La nostra piacevole chiacchierata viene interrotta dall’irrompere nella stanza delle guardie. Una quindicina di nemici, forse qualcosa in più, e mentre io scarico addosso ai malcapitati tutti i caricatori della SOCOM a mia disposizione noto, con fastidio, che la pivellina al mio fianco non ha ancora esploso un colpo. Continuo a urlarle di sparare, e lei continua a urlarmi di rimando di non trattarla come una pivellina, poi finalmente si sblocca e scarica addosso ai malcapitati un intero caricatore del fucile FAMAS che imbraccia. Adesso sì che lo scontro mi sembra più equo.
Quando finalmente siamo riusciti ad eliminare tutti i nemici che ci bloccavano la strada, la ragazza con voce suadente mi ringrazia dell’aiuto e scappa via. Non riesco a capire davvero come diavolo lei abbia fatto fino ad ora a passare inosservata in una base di quasi soli uomini con quelle movenze e quel fondoschiena.
Provo a inseguirla, ma capisco che la mia idea non sia ben vista da parte sua quando, una volta salita sull’ascensore, mi scarica addosso una raffica di proiettili per impedirmi di raggiungerla. Beh, almeno adesso ho l’assoluta certezza che la pivellina sia capace di sparare.
Ho ancora in corpo l’adrenalina della sparatoria appena vissuta, quando di fronte alle porte dell’ascensore, appena chiusesi, mi appare, fluttuante a mezz’aria, un uomo con un lungo impermeabile grigio e una maschera antigas, che dice qualcosa riguardo alla ragazza appena scappata e poi scompare nuovamente.
Non ho idea di cosa pensare, stanno succedendo troppo cose inspiegabili attorno a me, e provo quindi a chiedere via CODEC alla dottoressa Naomi se possa essere stata un’allucinazione dovuta ai trattamenti medici subiti per prepararmi alla missione.
La dottoressa tuttavia mi conferma ciò che in fondo sospettavo io stesso, quello appena apparsomi lungo il corridoio difronte all’ascensore come un’allucinazione, altro non era che Psycho Mantis, il telepate della FOXHOUND.
Maledetti scherzi umani!
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