Un nuovo fan?
Con l’uscita di Switch Lite a settembre dell’anno scorso, durante l’ultimo Natale la Nintendo ha visto aumentare a dismisura le vendite della sua killer application. Stiamo parlando, ovviamente, di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Tra quei numeri, c’era anche la copia da me acquistata, la prima in assoluto per quel che riguarda la saga di Zelda. Come appare dunque questa “nuova” Hyrule, 3 anni dopo, agli occhi di un neofita? Cosa può regalare quest’avventura ad un nuovo videogiocatore della serie?
Senza memoria
Informandomi, ho scoperto che i titoli della saga di Zelda sono, narrativamente e cronologicamente, paragonabili ai Final Fantasy. Esiste un universo comune ed in questo caso anche dei personaggi e delle location ricorrenti, ma la cronologia generale non è chiara (ne esiste una “ufficiosa”, ma le teorie formulate dai fan si sprecano) ed i titoli possono essere giocati anche senza avere il background culturale e videoludico delle pubblicazioni precedenti, a meno che non siano strettamente legati.
Nel caso di Breath of the Wild lo stesso Link, a causa di un “sonno rigenerativo” durato 100 anni, ha problemi nel ricordare gli eventi che lo hanno costretto a prendere tale decisione. Ciò permette al giocatore di vivere l’esperienza dal punto di vista del protagoniusta, immedesimandocisi facilmente, senza farsi troppi problemi nello scoprire assieme a lui aree ed personaggi che dovrebbero risultargli familiari.
Gameplay e comparto tecnico: panorami ed emozioni
Iniziato questo viaggio mi sono quindi finalmente trovato davanti a tutti quegli elementi che hanno reso possibile l’ottenimento di così tanti perfect score da parte del titolo Nintendo. Un’atmosfera unica per ogni singolo luogo visitato, una grafica funzionale e giocosa in grado di regalare scorci e panorami mozzafiato, una fluidità incredibile (ogni affermazione si riferisce alla versione, e quindi al tipo di esperienza vissuta, con il “formato” Switch Lite), delle musiche perfettamente in tono con le varie aree di gioco…
A tutto ciò si aggiunge un uso della fisica e della chimica incredibilmente divertente, che rispetta determinate leggi e regole chiare e specificate sin dall’inizio e che rendono l’esperienza variegata e potenzialmente “infinita”; più volte mi sono ritrovato infatti a completare santuari e ad esplorare zone utilizzando metodi e soluzioni non convenzionali, non previste (?), ma comunque possibili.
L’unica critica con la quale potrei trovarmi d’accordo, da buon gestore e collezionista quale sono nei videogiochi, è quella riguardante le armi “usa e getta”, ma rimane una scelta di gioco contestualizzata e giustificabile che rende i commenti al riguardo soggettivi.
Perfezionisti e collezionisti
Ciò che rende questo Breath of the Wild un’esperienza praticamente perfetta per un appassionato del genere, ma non della saga, è l’esplorazione.
Considerato come uno dei migliori videogiochi per combattere lo stress quotidiano, questo capitolo di Zelda rende la raccolta dei collezionabili un paradiso videoludico. Ogni montagna, ogni lago, ogni cascata… ogni singolo punto della mappa (completamente esplorabile; nessuna zona è irragiungibile) nasconde un segreto. Il curioso di turno verrà quindi sempre premiato per aver deciso di spendere ed investire minuti del suo tempo per ispezionare quello specifico luogo.
La mia avventura
Dopo circa 50 ore di gioco, la struttura generale del titolo mi è ormai chiara.
Conosco già il finale e mi sto dedicando alle chicche di contorno più importanti, esplorando minuziosamente la mappa prima di procedere con la storia.
Videogiocare questo titolo si è rivelato una vera a propia boccata d’ossigeno e non mi trovo d’accordo con coloro che hanno riscontrato nella semplicità della storia e della narrazione un difetto…
Mai come in questo caso il detto “non è importante la meta, ma il viaggio” risulta essere perfettamente rappresentativo ed i personaggi che ci accompagneranno in quest’avventura sono ben caratterizzati e, in alcuni casi, indimenticabili, anche se delineati solo tramite poche linee di dialogo.
In questi mesi di reclusione e di isolamento sociale, Hyrule mi ha fatto soffrire un po’ meno la claustrofobia comportata dalla situazione che stiamo affrontado.
E le sarò per sempre riconoscente per questo.