Non è una novità che gli sviluppatori, o in generale le case produttrici, rilascino contenuti extra per i loro videogiochi. Infatti, se prima si chiamavano espansioni di gioco, pubblicate anche a distanza di tempo dal rilascio del gioco originale, ora si generalizza chiamandoli DLC, i famosi contenuti scaricabili, che spaziano da semplici oggetti di gioco, quali armi, gadget, personaggi sbloccabili, a vere e proprie espansioni di campagne e ambientazioni inedite, che arricchiscono un titolo.

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Considerando che nel 2017 tutto va scaricato, possono rientrare nei contenuti aggiuntivi anche le patch di gioco, seppur principalmente con funzione di correzione di errori, ma che aggiungono a loro volta contenuti extra gratuiti. Certo, rispetto al passato è tutto più immediato e alla portata di tutti, quando invece prima, per procurarsi l’espansione o la patch di gioco, ci si rivolgeva all’edicolante di fiducia (non sempre), chiedendo una delle tante rivista specializzata col CD allegato.

Giochi incompleti, giochi monchi

Questa breve introduzione serve a chiarire che i DLC non sono una scoperta recente, ma il loro utilizzo è cambiato nel tempo e forse non sempre in meglio. Oggigiorno si sta dando sempre più importanza ai contenuti extra, a discapito però della qualità del gioco originale, e chissà se un giorno varrà più la qualità dei DLC che non del gioco stesso.

Il fenomeno può essere individuato sotto varie forme, tra cui la più importante, è che sempre più spesso i titoli vengono rilasciati “incompleti” o afflitti da diversi bug, per poi essere completati o corretti con la ben nota patch al day-one. Un esempio di questa pratica può essere quella messa in atto da Steam, con i suoi giochi in early-access, titoli in piena fase di sviluppo che vanno acquistati e giocati per quel che sono, mentre gli sviluppatori procedono col lavoro, che potrebbe andare avanti per anni.

Il caso più recente è quello di Mass Effect Andromeda, con le sue animazioni non proprio convincenti e affette da glitch vari, che verranno corrette successivamente al lancio del 23 marzo 2017, ma non con la patch del day-one.

Con l’avvento dei giochi mobile, inoltre, si fanno sempre più strada le micro-transazioni in gioco, acquisti di poco conto, che possono però trasformarsi anche in spese ingenti. Basti pensare ai crediti virtuali, monete di gioco da acquistare con soldi reali, per poi essere spesi per oggetti di gioco, specie nei videogiochi multigiocatore, come ad esempio GTA Online.

Un altro fattore sono i season pass, contenenti svariati DLC che saranno rilasciati nel corso dell’anno per un dato titolo, con un costo che si aggira attorno ai 30€, ovvero quasi la metà del prezzo del gioco originale, e che si va a sommare a quest’ultimo, per chi volesse il pacchetto completo.

Sia chiaro, per ora nessuno ci obbliga ad acquistare i season pass, ma sapere che il gioco si espanderà nel giro di un anno con diversi contenuti, e pure a pagamento, non è una bella sensazione per chi acquista un videogioco all’uscita; meno per chi acquisterà la versione GOTY (Game of the Year) con tutti i DLC rilasciati, ma in netto ritardo sull’uscita originale.

Collector’s edition: dove sono i giochi?

Sono da considerate contenuti extra anche quelli fisici, ovvero quelli contenuti nelle edizioni speciali e da collezione dei giochi. Se prima esisteva solo l’edizione base ed eventualmente quella speciale, oggi siamo sommersi da edizioni di gioco differenti, che si aggiungono a quella standard. Gli esempi più lampanti, chiamate anche in molti modi diversi, sono:

  • Le Day-One Edition, contenente anche un singolo DLC gratuito, che in alcuni casi può essere solo acquistato separatamente;
  • le Deluxe Edition con contenuti extra e il season pass di gioco;
  • le Collector’s Edition, che sono il top per un certo videogiochi e mischiano contenuti extra fisici e digitali.

Proprio in riferimento alle Collector’s Edition, negli anni si è notato un notevole aumento di queste edizioni (anche per i giochi meno quotati), con prezzi spesso rasenti l’assurdo. Vero che sono appunto da collezione, ma sembra che il contenuto originale, ovvero il videogioco, sia passato in secondo piano, lasciando spazio al contorno. Quello che ne segue è la nuova frontiera, il regno dei contenuti extra, videogiochi senza giochi, come cita il titolo dell’articolo.

Contenuto extra Battlefield 1

Capirete che è un controsenso, se acquisto un videogioco deve per forza esserci il gioco all’interno no? Evidentemente no, se si stanno vendendo Collector’s Edition con solo i contenuti extra, con specifica di “gioco non incluso“. Basta riportare l’esempio della Collector’s di Battlefield 1 a 49,98€ ma senza gioco o, ancor più spinta, la Collector’s di Mirror’s Edge Catalyst a 169,98€ senza gioco. Un po’ come comprare un’auto senza ruote invece che un’auto senza stereo.

Se le collector’s edition sono per pochi, con l’aumento dei prezzi, a causa delle vendite separate dei contenuti, ora sono diventate per pochissimi, raggiungendo prezzi anche di 300€ con gioco incluso, ma non è affatto scontato il contrario. L’unica via d’uscita per acquistare le collector, è attendere il calo dei prezzi, da sommare presumibilmente alle poche vendite ottenute, altrimenti andranno esaurite.

Il nesso tra soldi e contenuti extra

In conclusione, l’importanza dei contenuti extra è portata avanti solo dalla moneta sonante e dalla voglia dei giocatori di essere presi per il portafoglio. Perché scomodarsi a sviluppare materiale gratis per mesi, quando lo si può vendere a rate a un prezzo maggiorato?

In tutta questa storia c’è però un punto a favore, in teoria, ovvero il rapido calo dei prezzi dei videogiochi base a distanza di pochi mesi – ad esempio Final Fantasy XV D1 Edition a 39,99€ per Xbox One e PS4, uscito a novembre 2016 – siccome i guadagni attraverso i DLC sono nettamente maggiori e l’interesse di vendere un certo numero di copie del gioco base passa in secondo piano.

Non è chiaro però se il calo di prezzi sia un sintomo del processo di “DLCizzazione (©)”, che porterà sempre minore qualità e attenzione ai videogiochi alla loro uscita, oppure un semplice cambio di rotta del mercato, rendendo più accessibili i videogiochi base, considerati comunque beni di lusso.